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    Che cos’è il Gas flaring: tutto il gas che non viene usato ma bruciato dalle compagnie petrolifere

    Di Piera Rocco
    Pubblicato il 30 Set. 2022 alle 08:05

    Che cos’è il Gas flaring: tutto il gas che viene bruciato dalle compagnie petrolifere

    Il fuoco sputato dalle torri petrolifere, simili a grandi torce di cemento, deriva dal “gas flaring”, ovvero la combustione del gas in eccesso che risale durante l’estrazione del greggio. Un’inchiesta della BBC ha rivelato che le maggiori aziende petrolifere non dichiarano una grande parte del gas bruciato sui loro siti. BP, Eni, ExxonMobil, Chevron, Shell tutte avrebbero “sacrificato” sull’altare del “profitto e degli interessi privati” il gas in eccesso, trascurando “l’ambiente, la salute e i diritti umani” queste le parole del relatore speciale ONU per i diritti umani e l’ambiente, David Boyle .

    Mentre il gas naturale, che sta portando l’economia mondiale al tracollo, risale dai flutti del mare del Nord e viene bruciato dalla Russia ai confini finlandesi, anche il gas di scarto di giacimenti e raffinerie scompare nell’atmosfera tramite la sua inquinantissima combustione.

    Grazie ai dati della Banca mondiale sappiamo che i principali paesi a generare queste emissioni sono Russia, Iraq, Iran, Stati Uniti, Venezuela, ma le aziende responsabili non provengono necessariamente dagli stessi paesi da dove prendono il petrolio. Ad esempio il sito di Rumaila, in Iraq, è il primo al mondo per quantità di gas bruciato e il suo principale operatore, insieme a BP, è Eni. Quindi, nonostante in Italia non se ne bruci neanche un atomo, i profitti di tale pratica se li intasca il nostro cane a sei zampe.

    Una quantità di emissioni equivalenti a quelle che 4,4 milioni di autovetture produrrebbero in un anno, questa è la stima di BBC della quantità di gas bruciato e non dichiarato che viene sputato dalle torri petrolifere, senza quindi essere calcolato nei pronostici di riduzione delle emissioni fissati nelle innumerevoli conferenze internazionali per il clima. L’emittente britannica ha rilevato campioni biologici delle popolazioni residenti intorno ai siti interessati, e ha rilevato alti di livelli di 2-naftolo, probabilmente la causa dei numerosi casi di tumore rilevati nelle comunità.

    Anche l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha scritto un rapporto sul tema, dove stima che il gas sprecato da queste aziende è “circa equivalente al volume totale di gas naturale importato in Germania, Francia e Paesi Bassi”.

    Ma investire in infrastrutture per catturare questo gas e trasportarlo non è appetibile per le imprese petrolifere. Secondo la logica di mercato il suo posto è nell’atmosfera.

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