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    Per sconfiggere il populismo bisogna ripartire dalla cittadinanza attiva (di S. Bonaga)

    Illustrazione di Emanuele Fucecchi
    Di Stefano Bonaga
    Pubblicato il 22 Mar. 2021 alle 17:11 Aggiornato il 22 Mar. 2021 alle 17:34

    Nell’ambito dello spazio di dibattito virtuale aperto su TPI per accogliere le risposte all’appello “La forza della Ragione e il coraggio della politica” [Leggi qui], lanciato da Nadia Urbinati, Stefano Bonaga e Piero Ignazi, pubblichiamo un nuovo contributo del professor BonagaPer lasciare la tua firma, aderire all’iniziativa e condividere il tuo pensiero scrivi a discutiamo@tpi.it Discutiamo: il futuro della sinistra | Leggi tutti gli interventi

    Per sconfiggere il populismo bisogna ripartire dalla cittadinanza attiva

    Mi permetto ora di presentare una riflessione su temi che riguardano non tanto l’indirizzo programmatico/governativo di un rinato partito di sinistra ampia, quanto piuttosto alcune ipotesi di attività pratico-politica capaci di rendere magari desiderabile e soddisfacente la partecipazione dei cittadini.

    Ora partiamo proponendo una definizione ontologica del populismo distinta da una sua definizione fenomenologica. L’ontologia del populismo è caratterizzata dalla de-politicizzazione diffusa e crescente della società. La sua fenomenologia è vasta, ma i suoi tratti costitutivi sono il primato reale e simbolico del capo, l’individuazione di uno o più nemici esterni (nel caso italiano i migranti e l’Unione Europea), la propaganda insistente, articolata sulla base della semplificazione della complessità del reale attraverso slogan ripetuti.

    Di questi fa parte l’enfasi sull’identità basata sull’appartenenza al territorio, alla tradizione, alla religione, eccetera. La resistenza a e il rifiuto culturale della fenomenologia del populismo è debole e inefficace in ordine al suo sradicamento. La lotta può essere vittoriosa solo a partire appunto da un processo di ri-politicizzazione della società. Tale processo non si deduce semplicemente dai principi della Costituzione ma è necessario sperimentarlo.

    D’altronde la democrazia è storicamente virtuosa quando è un processo di sperimentazione delle risorse atte a implementare tutti i valori della Costituzione. Di fatto non è mai sufficiente indicare il che degli obiettivi senza indicare il come del loro raggiungimento. È il come che permette di superare l’idealismo volontaristico dei fini mettendo in atto le strumentazioni adeguate. Ad esempio, a proposito della selezione della classe dirigente, la citazione nostalgica puramente concettuale del merito, icona linguistica rassicurante, è chiaro che tale selezione è adeguata solo se preceduta da processi strutturali di formazione, esercizio e messa alla prova del personale politico.

    Abbandonata in gran parte l’attività territoriale costante di militanti e dirigenti, come è il caso del tempo presente, la selezione avviene inevitabilmente in condizioni precarie. Spesso essa è piuttosto una scommessa sul futuro che una scelta garantita dalla affidabilità del passato dei soggetti in questione. È realistico immaginarsi come uniche prestazioni di cittadinanza l’elezione attiva dei rappresentanti cui partecipano al massimo i due terzi dei cittadini e il pagamento delle tasse, come sappiamo spessissimo evase o eluse, per essere accreditati come portatori del diritto alla felicità sociale, se non addirittura a quella individuale?

    Poiché è sempre equivoco parlare di dovere di cittadinanza, si può parlare di responsabilità della stessa, con una nuova impostazione del rapporto fra governati e governanti? Vogliamo qui introdurre una parola greca per aprire a un nuovo paradigma di questo rapporto: ISOCRAZIA, da interpretarsi non certo presupponendo uguale potere fra i cittadini, ma rivendicando il fatto che ugualmente tutti i cittadini dispongono a vario titolo di capacità di cittadinanza attiva, in termini di controllo, progettazione, tempo libero disponibile, autogestione, volontariato, capacità di inchiesta

    L’ISOCRAZIA implica inoltre la valorizzazione della dignità di attore della democrazia del cittadino che lo riscatta dal ruolo passivo di semplice consumatore di servizi.

    L’articolo di Stefano Bonaga è stata originariamente pubblicato sul Manifesto il 17 marzo 2021. 

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