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    Perché l’Italia sta andando così a rilento nella campagna vaccini

    Di Antonio Scali
    Pubblicato il 8 Mar. 2021 alle 11:08

    La campagna vaccinale in Italia e in Europa prosegue a ritmi troppo lenti. Se gli Stati Uniti e la Gran Bretagna finora hanno vaccinato rispettivamente il 27% e il 35% della popolazione, il Vecchio Continente è fermo al 9%. Tanti i motivi di questa lentezza, come riporta l’appuntamento odierno con Dataroom di Milena Gabanelli sul Corriere.

    In primis in Europa la campagna vaccinale è iniziata in ritardo rispetto agli Usa e al Regno Unito perché l’autorizzazione delle agenzie regolatorie, ossia il via libera all’uso dei vaccini, è arrivata venti giorni dopo. Pfizer/BioNTech ottiene l’autorizzazione il 2 dicembre dall’Mhra inglese, l’11 dicembre dall’Fda americana, mentre solo il 21 dicembre dall’Ema europea. Lo stesso per Moderna: Fda 18 dicembre, Ema 6 gennaio, Mhra 8 gennaio. AstraZeneca: Mhra 30 dicembre, Ema 29 gennaio, Fda non ha ancora sciolto le riserve. Questo ritardo dell’Ema, sottolinea Gabanelli, è dovuto al fatto che in Europa non è previsto uno strumento che consente, in contesti di emergenza, e mancanza di alternative, di approvare con una procedura più veloce l’uso di medicinali.

    Alle trattative per le forniture dei vaccini, inoltre, siamo arrivati tardi. Stati Uniti e Gran Bretagna siglano gli accordi per l’acquisto delle dosi con Pfizer e AstraZeneca fra maggio e luglio, l’Europa arriva dai tre ai quattro mesi dopo. Con Moderna gli Usa chiudono l’11 agosto, la Ue il 25 novembre. Gli americani, dopo l’epidemia suina, hanno investito sulla ricerca sui vaccini, arrivando a creare nell’aprile 2020 il consorzio Activ, una partnership pubblico-privato dove siedono le principali industrie farmaceutiche, finanziate inizialmente con 10 miliardi di dollari, con lo scopo di coordinare le ricerche e sviluppare velocemente un vaccino.

    L’Europa non ha fatto investimenti simili sulla ricerca, anzi in molti casi ha smantellato quello che aveva già: Baxter e Novartis hanno chiuso con i vaccini, GSK ha trovato più conveniente espandersi in America. Realtà importanti, ma piccole, come BioNTech, Oxford e CureVac non bastano all’Europa per affrontare l’immensa sfida, spiega il Corriere. Si è quindi deciso di delegare la Commissione europea a negoziare per tutti, ma senza avere un apparato esperto né un’autorità specifica. L’unico strumento che possiede dal 2014 è la base legale per l’acquisto congiunto di vaccini pandemici.

    Queste le condizioni del contratto, secondo quanto si legge su Dataroom: l’Ue partecipa al rischio d’impresa nell’ampliamento della catena di produzione con un contributo di 2,8 miliardi di euro, da scalare dal prezzo di ogni fiala sulla prima fornitura. Fortunatamente il vaccino si trova e funziona. L’accordo prevede che gli eventuali effetti collaterali siano totalmente a carico dei singoli Stati. Per quanto riguarda i vincoli di consegna, la dicitura utilizzata è che la casa farmaceutica “farà tutto il possibile”, ma non viene stabilita nessuna penale in caso contrario. Concordato il prezzo, vengono opzionate 2,6 miliardi di dosi, da distribuire ad ogni Paese in proporzione alla popolazione.

    Quando a dicembre parte la campagna vaccinale, L’Europa è ultima, nonostante il corposo contributo dato: 48 mila dosi, mentre la Gran Bretagna parte con 86 mila, gli Usa con 556 mila. Solo il 29 gennaio la Commissione blinda le dosi prodotte in Europa, vincolandone l’esportazione ad una preventiva autorizzazione.

    Vaccini Covid, la situazione italiana

    Il nostro piano vaccinale del 12 dicembre prevedeva la consegna, fra gennaio e marzo e da più fornitori, 28,2 milioni di dosi. Via via i tagli da parte delle aziende farmaceutiche. Tanto che nei documenti del 12 febbraio le forniture vengono ridotte a 15,7 milioni. A ieri Pfizer/BioNTech ha consegnato 4,5 milioni di dosi su 9 (50%), Moderna 493 mila su 1,3 milioni (38%) e AstraZeneca 1,5 milioni su 5,4 (28%). Tra gennaio e febbraio complessivamente abbiamo ricevuto 6,3 milioni di vaccini, ciò vuol dire che nel mese di marzo complessivamente ne avremo 9,4 milioni (9,1 milioni ancora da consegnare). E da aprile, si legge sul Corriere, sono in programma consegne per altri 24 milioni da Pfizer/BioNTech, 4,6 da Moderna, 10 da AstraZeneca e 7,3 del nuovo vaccino monodose Johnson & Johnson. A quel punto tagli e ritardi non potranno più essere un alibi.

    Eppure finora il sistema italiano ha presentato anche altre criticità. Innanzitutto serve personale per somministrare le dosi. In Finanziaria vengono stanziati 508 milioni di euro, per assumere 3 mila medici e 12 mila infermieri. Nel piano vaccinale del 2 gennaio, che per decreto deve essere attuato dal commissario, ci sono indicazioni generiche sulle categorie che hanno la priorità (personale sociosanitario, ospiti delle case di riposo, over 80, malati cronici, poi per età). I vaccini sono distribuiti dal Commissario con un doppio binario: per Pfizer e Moderna su numeri indicati dalle Regioni (che hanno calcolato ognuna con criteri diversi), mentre per AstraZeneca si va in percentuale rispetto alla popolazione Istat. Da lì in avanti la responsabilità e le scelte sono delle Regioni. In base alla circolare del commissario Arcuri del 12 gennaio su 100 vaccini che arrivano, 30 vanno messi da parte come scorta per il richiamo.

    Nella prima fase della campagna, con la vaccinazione del personale sanitario, le cose sono andate abbastanza bene. Dalla settimana 8-14 febbraio la velocità delle somministrazioni cala pericolosamente. Su 100 dosi consegnate ne sono state somministrate solo 36, quella dopo 46, la successiva 67. A ieri il Lazio ha vaccinato 146.861 (37%) over 80, l’Emilia-Romagna 110.682 (30%), la Lombardia il 115.480 (16%), la Sicilia 57.983 (18%).

    Per quanto riguarda AstraZeneca, destinato inizialmente a docenti e forze dell’ordine, su 1,5 milioni di dosi consegnate – secondo Dataroom – ne sono state utilizzate solo 516.489. Le altre sono tutte nei frigoriferi. Se da aprile si vuole dare una svolta e arrivare a vaccinare circa 500mila persone al giorno, occorrerà  mettere in pratica un piano operativo strategico nazionale. Bisognerà coordinare l’attuazione della campagna vaccinale nelle varie Regioni, e valutare quale sistema adottare, se a chiamata o per appuntamenti. Intanto il nuovo Governo ha nominato come commissario Francesco Paolo Figliuolo, esperto in logistica, ed ha potenziato il ruolo della Protezione Civile. La macchina deve cominciare ad ingranare.

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