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    “I respingimenti di migranti in Slovenia sono illegittimi”: il Tribunale di Roma condanna il Viminale

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 21 Gen. 2021 alle 14:11

    Per il Tribunale di Roma (Sezione diritti della persona e immigrazione) le “riammissioni” del Viminale a danno dei migranti hanno esposto consapevolmente le persone, tra cui richiedenti asilo, a “trattamenti inumani e degradanti” lungo la rotta balcanica oltre che a “vere e proprie torture inflitte dalla polizia croata”. E “la prassi adottata dal ministero dell’Interno in attuazione dell’accordo bilaterale con la Slovenia è illegittima sotto molteplici profili”. Questo è quanto si legge su un’ordinanza che farà giurisprudenza, datata 18 gennaio 2021.

    È il primo pronunciamento di questo tipo. Con le riammissioni informali sul confine italo-sloveno, che si tramutano in un respingimento a catena fino alla Bosnia, il governo italiano sta violando contemporaneamente la legge italiana, la Costituzione, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e persino lo stesso accordo bilaterale.

    L’ordinanza è frutto di un ricorso presentato dalle avvocate Caterina Bove e Anna Brambilla nell’interesse di un richiedente asilo originario del Pakistan respinto dall’Italia nell’estate 2020 una volta giunto a Trieste e ritrovatosi a Sarajevo a vivere di stenti.

    “L’ordinanza del 18.1.2021 – scrive l’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione – ha accolto il ricorso urgente presentato da un cittadino pakistano, richiedente asilo, riammesso nel luglio del 2020 dall’Italia alla Slovenia, da qui in Croazia e quindi in Bosnia, secondo un meccanismo consolidato di riammissioni a catena”.

    Con tale decisione il Tribunale di Roma ha sancito l’illegittimità della procedura di riammissione attuata al confine orientale italiano sulla base di un accordo siglato tra Italia e Slovenia nel 1996, mai ratificato dal Parlamento italiano.

    In diretta applicazione dell’art. 10 comma 3 della Costituzione Italiana, il Tribunale ha riconosciuto il diritto del ricorrente a fare immediato ingresso in Italia per avere accesso alla procedura di esame della protezione internazionale, accesso che gli era stato precluso a causa del comportamento illecito delle autorità italiane.

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