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    “In 2.500 assembrati senza controllo: io, bergamasco, su quel traghetto dalla Sardegna ho avuto paura”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 23 Ago. 2020 alle 16:28 Aggiornato il 24 Ago. 2020 alle 00:51

    “Paura per gli assembramenti su quel traghetto di ritorno dalla Sardegna”

    Luca e sua madre vengono da Bergamo, il 14 agosto scorso hanno preso un traghetto da Livorno a Olbia per trascorrere una settimana in vacanza in Sardegna, a Sant’Antioco. Volevano riposarsi, cercare di rilassarsi, svagarsi e non pensare a quel tremendo 20 marzo, quando suo padre, 72 anni, ha perso la vita dopo un mese alle prese con il Covid, di cui è stata una delle prime vittime nella città italiana più devastata dal contagio. E invece, racconta Luca a TPI, il viaggio di ritorno dalla Sardegna si è trasformato in un incubo, che ha lasciato loro sconvolti e increduli dopo mesi alle prese con le conseguenze del virus. Su quel traghetto, dice il 41enne bergamasco, sembrava che di quelle conseguenze non ci fosse più memoria. “Persone ammassate per 45 minuti di fila, in coda per chiedere la chiave della cabina, a dieci centimetri di distanza l’una dall’altra”, racconta Luca. E questa è solo una delle irregolarità che ha deciso di denunciare.

    “All’andata quasi tutte le persone nel traghetto erano senza mascherina negli spazi comuni, ma il personale diceva di non poter fare molto oltre a chiedere di indossare la mascherina all’altoparlante. Io me ne sono andato in cabina, ma per fortuna non c’era troppa gente. Al ritorno invece il mezzo era pienissimo, hanno fatto salire tutta la gente insieme, tutte le macchine nello stesso momento invece di scaglionarle”. È in quel momento che Luca si è trovato in coda insieme alla madre e a migliaia di persone, alcune senza mascherina, in attesa di prendere possesso della cabina. “Una persona si è messa a fare fotografie e il personale in divisa gli ha detto che era perseguibile di denuncia, lui ha smesso, io ho continuato. “Faccia come crede, mi hanno detto con aria arrogante””. Il viaggio di ritorno è durato otto ore, in cui “ogni volta per uscire dalla cabina a prendere un panino o fare due passi si passava tra persone senza mascherina, e nessuno faceva niente, c’era solo la solita voce dell’altoparlante che suggeriva di stanziare nei ponti esterni, peccato che nei ponti esterni non c’era nessuna panchina o altro posto a sedere”, racconta ancora Luca. “Quando ero in coda per prendere la chiave e mi sono lamentato un addetto mi ha detto che con 2.500 persone non si poteva fare altrimenti”.

    E su quelle 2.500 persone non era stato effettuato alcuno screening, né alla partenza né all’arrivo. “Ci hanno misurato la febbre solo all’andata, all’arrivo a Olbia, ma nel viaggio opposto non hanno provato la febbre a nessuno, proprio mentre circolavano le notizie sull’aumento di contagi in Sardegna. Noi ci aspettavamo controlli, invece è stato tutto lasciato al caso”, spiega incredulo. “Del fatto che la gente si fosse già dimenticata di tutto me ne ero fatto una ragione, ma purtroppo quello che ho visto sul traghetto venerdì mi ha lasciato senza parole. Non hanno preso nessuna precauzione pur sapendo che in Sardegna i contagi stavano aumentando, una cosa allucinante, c’è gente che una volta arrivata, quando hanno dato direttive per scendere, ha deciso di non farlo fin quando le uscite non sarebbero state sgombre, per non assembrarsi. Ma se fosse stato per l’organizzazione della compagnia, sarebbe stato tutto lasciato al caso. Dopo aver ascoltato gli ultimi bollettini temevamo addirittura di non poter partire più, invece abbiamo assistito al delirio più totale. E non ho dubbi che anche su altre tratte possa essere così”, conclude Luca. “Se dopo tutte queste morti che abbiamo avuto questo è il risultato, non ne usciremo più”.

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