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    Cutro, la testimonianza di un superstite: “Ho nuotato per mezz’ora e non erano ancora arrivati i soccorsi”

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 20 Mar. 2023 alle 20:20 Aggiornato il 20 Mar. 2023 alle 20:20

    Nel corso della seconda udienza per l’incidente probatorio nel procedimento contro il presunto scafista della nave di migranti rovesciatasi al largo di Cutro, uno dei sopravvissuti al naufragio ha portato la sua testimonianza su quanto successo nella notte tra il 25 e il 26 febbraio.

    “Dopo essere salito sopra un legno, ho nuotato per mezz’ora e quando sono arrivato a terra non c’erano ancora i carabinieri”, ha raccontato l’uomo ai magistrati. Francesco Verri, avvocato membro del pool legale che assiste i familiari delle vittime, ha commentato: “Il racconto conferma che sono trascorsi troppi tragici minuti dall’urto sulla secca fino a quanto sono arrivati i soccorsi, persino a terra. Un aspetto che sta emergendo prepotentemente in questa indagine”.

    Il processo mira a stabilire se il 17enne fermato e indicato come scafista da alcuni dei migranti a bordo sia effettivamente colpevole di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Per l’avvocato Salvatore Perri, che lo difende, le testimonianze ascoltate oggi lo scagionerebbero. “Anche oggi – ha riferito il legale ai giornalisti fuori dal tribunale – uno dei due testi escussi ha confermato quanto ci aveva detto giorni fa un altro teste, e cioè che hanno provato a fare un viaggio qualche giorno prima di quello che poi hanno portato a termine, ma che non si è potuto concludere perché, dopo alcuni giorni, la barca non sarebbe arrivata e loro hanno fatto rientro a Istanbul con un taxi insieme anche all’indagato, taxi che si sono pagati un po’ ciascuno”.

    Secondo la difesa il 17enne sarebbe soltanto un comune migrante e non avrebbe agito da mediatore. I magistrati stanno cercando di far luce anche sull’origine di una valigetta piena di banconote turche trovata a bordo: “Un teste – ha spiegato Perri – ha riferito che i comandanti turchi hanno chiesto ai migranti di lasciare le lire turche che avevano e che le avrebbero raccolte per loro. Ma non era assolutamente la quota di viaggio: a domanda specifica della difesa delle persone offese, hanno riferito che il viaggio è stato pagato con il metodo Hawala, ovvero mediamente il deposito a un soggetto terzo nel paese di provenienza”.

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