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    “Il suicidio nella metro di Roma è solo l’ultimo di una lunga serie: il lavoro di militare è usurante e può portare anche a questo”

    Quello della soldatessa Caterina Glorioso è l'ennesimo caso di suicidio nelle forze dell'ordine

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 18 Dic. 2019 alle 18:53 Aggiornato il 30 Gen. 2020 alle 16:34

    Soldatessa suicida a Roma, l’ennesimo caso dell’allarmante fenomeno

    Caterina Glorioso, la soldatessa che la mattina di martedì 17 dicembre, alle 8.47, si è tolta la vita con un colpo di pistola al petto nel bagno della stazione metro Flaminio, a Roma, è solo l’ultimo dei casi di suicidio tra le forze dell’ordine. Nell’ultimo anno se ne contano 34.

    “La storia di Caterina è molto triste. Nelle caserme non c’è un appoggio psicologico, invece servirebbe vista la natura usurante e alienante di alcune mansioni molto dure nel lavoro di sorveglianza per esempio”, spiega ai microfoni di TPI il Vicequestore Filippo Bertolami – Dirigente del sindacato PNFD – Polizia nuova forza democratica.

    In un articolo del 19 settembre avevamo già denunciato gli allarmanti dati dei suicidi in divisa. Adesso se ora se ne parla di più, questo non è stato abbastanza per impedire il gesto estremo di Caterina. “Se ti rivolgi ad un assistente psicologico vieni subito isolato – spiega Bertolami – e questo a lungo andare porta a situazioni irreversibili”.

    Caterina, 30 anni, era originaria di Vitulazio, in provincia di Caserta, e si era arruolata cinque anni fa come volontaria nell’Esercito in ferma prefissata. Tra qualche giorno avrebbe dovuto lasciare Roma per unirsi ad altri commilitoni nell’operazione Strade sicure, ma ha deciso di compiere questo gesto estremo.

    Un lavoro a volte troppo duro

    “Ragazzi molto giovani passano più di dieci ore in turno pur di fare gli straordinari e guadagnare qualcosa in più- continua il Vicequestore – e nel programma strade sicure ti senti spesso inutile e frustrato“.

    Sono armati di un mitra e rimangono in piedi per ore e ore di seguito. Addestrati per stare da soli, al massimo contro il nemico, si ritrovano invece in mezzo alla folla a fronteggiare insulti, stress, traffico. “Sono anche vulnerabili – sottolinea Bertolami – quell’arma che hanno poi non è sufficiente per fermare un’ipotetica strage. A livello operativo si sentono nulli”.

    La lettera di Caterina

    Una pista porterebbe al “motivo personale”. Ma, come ricorda anche il Vicequestore Bertolami, nelle forze dell’ordine motivi personali e lavorativi spesso si intrecciano.

    In una lettera di 12 pagine, ritrovata all’interno di un cassetto del suo alloggio alla Cecchignola, ci sono i motivi che l’hanno spinta a rivolgersi un’arma al petto e sparare. Lettera che è stata raccolta dai carabinieri della Compagnia Trionfale dopo che la Procura ha deciso di aprire un fascicolo per istigazione al suicidio, e che è dunque ora sotto sequestro.

    Secondo i suoi colleghi, che la descrivono come una ragazza “introversa”, Caterina non avrebbe mai “dato segnali” di voler compiere un gesto simile. Si è trattato di un vero e proprio “fulmine a ciel sereno”: la giovane 30enne si era da poco lasciata con il suo fidanzato storico, con il quale la relazione negli ultimi tempi era diventata burrascosa, il che fa pensare che a spingerla al suicidio siano stati motivi personali.

    “Una ragazza tranquillissima, serena, solare”, l’ha definita la cugina del padre. I genitori, che lavorano in fabbrica e che hanno cresciuto i loro figli con amore, sono straziati dal dolore e non si capacitano di quanto accaduto.

    Sul suo profilo Facebook Caterina scriveva “Le donne belle per davvero sono quelle felici” e lei evidentemente questa felicità l’aveva persa dopo la fine di un amore. “Si era lasciata con il fidanzato 4 o 5 mesi fa, ma era molto legata alla famiglia, al fratello e alla sorella e quel lavoro l’aveva scelto lei, lo amava. Incredibile che si sia uccisa”, ha commentato un suo amico d’infanzia.

    Soldatessa suicida a Roma, cosa si può fare

    Secondo i sindacati delle Forze dell’ordine, “Servirebbe uno sportello psicologico permanente e una flessibilità nel non escludere immediatamente le persone che lo richiedono soprattutto”.

    “Questa strage silenziosa tra le forze dell’ordine – conclude Bertolami – deve incontrare la parola fine”.

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