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    Sofia, la 13enne ferita a Kiev in salvo a Roma ma rimasta sola: “Non sa che che i genitori sono morti”

    Di Giovanni Macchi
    Pubblicato il 6 Mar. 2022 alle 15:51 Aggiornato il 6 Mar. 2022 alle 15:53

    Venerdì sera è arrivata a Roma Sofia, una bambina di 13 anni ferita gravemente da quattro proiettili a Kiev, giunta nella capitale dopo quasi tre giorni di viaggio. Un drammatico percorso in ambulanza in compagnia della nonna. Ora Sofia è ricoverata al Sa Raffaele ed è semiparalizzata. Purtroppo durante lo scontro a fuoco ha perso i genitori, il fratellino e la sorellina.

    La storia è stata raccontata oggi dal Messaggero. Secondo il quotidiano la 13enne chiede in continuazione di loro, perché non sa che hanno perso la vita.  drammatico viaggio in ambulanza accompagnata dalla nonna ed è ricoverata al San Raffaele. La ragazza è semiparalizzata. Durante uno scontro a fuoco, ha perso tutta la famiglia: i genitori Anton Kudrin e Svetlana Zapadynskaya, il fratellino Semyon e la sorellina Polina, entrambi più piccoli di lei. Secondo quanto riporta Il Messaggero di oggi, chiede costantemente di loro e non ricorda nulla della tragedia, non sa che i suoi cari sono morti.

    La bimba, ha riferito la direttrice sanitaria dell’Irccs San Raffaele di Roma, Amalia Allocca, “presenta una tetraparesi, prevalente a destra, esito di ferite da arma da fuoco, le principali in sede cervicale e cranica, subite mentre era in macchina con tutta la sua famiglia, e lei è ad oggi l’unica superstite”. “I parametri vitali, saturazione, frequenza cardiaca, pressione arteriosa, sono nella norma e la febbre è in riduzione, finalmente è riuscita a dormire. Alimentazione semisolida, alvo e diuresi nella norma.  Le sue condizioni sono stabili”, ha detto Allocca, lanciando un appello alla rete di solidarietà degli ucraini presenti a Roma che aiuta costantemente nella traduzione di messaggi rivolti a lei ed alla nonna a trovare uno psicologo che parli ucraino per comunicare a Sofia la morte dei suoi genitori.

    “Abbiamo sensibilizzato anche l’ambasciata, una persona che possa prepararla al dolore che l’aspetta, la giovane cerca i suoi cari. Noi per quanto non capisca l’italiano stiamo attenti a tutto, tv, social. Quello sarà il momento più duro, vorremmo arrivarci preparati”, ha detto la direttrice sanitaria al Messaggero.

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