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    Perché la seconda ondata è peggiore della prima (di Selvaggia Lucarelli)

    Illustrazione di Emanuele Fucecchi
    Di Selvaggia Lucarelli
    Pubblicato il 24 Ott. 2020 alle 17:09 Aggiornato il 25 Ott. 2020 alle 10:21

    Sembra quasi impossibile da affermare perché se ci guardiamo indietro nulla può sembrare più spaventoso della primavera scorsa, eppure, ogni giorno che passa, la sensazione che la fase di ritorno dell’epidemia sia più maligna, più complessa, più devastante della prima è sempre più opprimente. Ed è così, in effetti, per molti motivi che ho provato ad isolare:

    1) perché il virus non è più invisibile. La grave mancanza di tamponi nella prima fase ha nascosto una verità ormai evidente: il virus è tra noi e lo è in maniera capillare, massiccia, infestante. Prima sembrava che toccasse agli altri, che fosse sfortuna, disattenzione, che fosse una questione di coordinate geografiche. Oggi, la maggior disponibilità di esami e tamponi anche per gli asintomatici, ci racconta una realtà diversa. Abbiamo tutti, in buna parte dell’Italia, amici, figli, parenti, colleghi a casa in quarantena o positivi o preoccupati. E noi come loro. Non ci sono focolai, ma un unico focolaio esteso e ben infiltrato. Si ammalano i famosi e i vicini di scrivania. I nostri gradi di separazione dal virus sono diminuiti spaventosamente. Sentiamo il suo fiato sul collo. E anche se non abbiamo paura di stare male o di morire, abbiamo paura di farci i conti.

    2) come popolo siamo sfilacciati, disuniti, sgangherati. A marzo, nella paura, c’è stata almeno coesione. Oggi le bandiere tricolore sui balconi hanno lasciato spazio alle guerriglie per strada. Alle discussioni sulle mascherine, alle piazze negazioniste, alle liti sui treni e al bar. Non ci sentiamo più compatti, atterriti dalla stessa paura. Siamo nemici, ostili, arrabbiati. A marzo cercavamo cure, soluzioni, conforto. Oggi cerchiamo le colpe.

    3) i virologi, i professori, gli esperti continuamente interrogati, si sono trasformati in oracoli inaffidabili, destabilizzanti, talvolta irresponsabili. Più virali di quel che studiano al microscopio, si sono lasciati contagiare senza possibilità di guarigione dal virus della tv, dell’esposizione mediatica, della fama. Hanno tolto tempo e ore preziose al loro lavoro per lanciare messaggi incoerenti con i loro stessi messaggi del giorno prima, hanno battibeccato tra di loro in tv come showgirl al tramonto, hanno perso, tragicamente, autorevolezza. Alcuni hanno scelto di dire quello che il loro governatore volevano che dicessero, chi non l’ha fatto come Crisanti è stato fatto fuori. I virologi politicizzati, quelli che minimizzavano, sono stati il male peggiore, nella fase estiva, e oggi anziché essere ignorati dai giornalisti perché evidentemente inaffidabili e pessimi profeti, continuano a occupare colonne di siti e giornali, a sedere nei salotti tv come se niente fosse. E noi, frastornati, guardiamo basiti i selfie compulsivi in ospedale di Bassetti o Remuzzi che dice “Non c’è evidenza scientifica che il lockdown funzioni” o la new entry Palù che, forse geloso dell’allievo che supera il maestro, dà dello zanzarologo all’ex allievo Crisanti, come farebbe una soubrette a Domenica Live. Il risultato è che non crediamo più a nessuno, doveva salvarci la scienza e invece non abbiamo più riferimenti, siamo in balia di un narcisismo accademico, presuntuoso, arrogante.

    4) stiamo peggio perché abbiamo meno soldi e sappiamo che con i bonus compri il pane, ma non c’è più futuro sugli scaffali. Chi cavalca questa terribile incertezza, minimizza il tema sanitario, tacendo una verità angosciante e indiscutibile, e cioè che “non c’è economia senza salute”. Stiamo provando a convivere col virus, tutti vorremmo poter gestire i contagi con freddezza burocratica, ma la verità è che l’epidemia travolge a cascata ogni settore della vita e del sistema. E quando la curva dei contagi sale, si può tentare di far finta di nulla quanto si vuole, si possono tenere scuole, ristoranti, stadi aperti, ma presto o tardi gli ospedali andranno in tilt. E se gli ospedali vanno in tilt la gente ha paura, smette di uscire, di andare al ristorante, allo stadio, di salire sui treni. Non esiste un circuito virtuoso in cui l’economia e un’epidemia che oltre una certa soglia di contagi entra nelle terapie intensive possano convivere senza fermarsi, quando è ora di fermarsi. Continuare a illudere la gente che l’economia e la salute siano compartimenti stagni è ingannevole e destabilizzante. E oggi, molti italiani sono destabilizzati da questo messaggio.

    5) le vacanze e quel “liberi tutti” colpevole e superficiale hanno creato l’illusione che il peggio fosse passato. Ci abbiamo creduto, tutti. O quasi tutti. Abbiamo creduto al clinicamente morto, al virus mutato, alle cariche virali ammosciate, a tutto. Abbiamo viaggiato, ballato, brindato e ora ci ritroviamo increduli, con un conto salatissimo da pagare e la sensazione di aver mangiato solo gli antipasti. Siamo arrabbiati e disillusi. E sappiamo che le vacanze come le abbiamo vissute quest’estate non ci saranno più concesse per una periodo indefinito e angosciante.

    6) i complottisti, i negazionisti, i no-mask in questi mesi, hanno avuto tempo e modo di infestare il web e i bar di bugie, fante-teorie, menzogne ridicole e teorie pericolose. Mentre sfilavano le bare di Bergamo tacevano, quando è iniziato il meccanismo di rimozione sono andati a infettare tutta quella fetta di popolazione più irrazionale, sciocca, narcisista, con ambizioni rivoluzionarie, purché le rivoluzioni non siano più impegnative che andare a insultare Burioni su fb. Il risultato è un esercito di ignoranti che “ci vogliono controllare”, “è un virus politico”, “non hanno fatto le autopsie”. E se rispondi “Istat dice che a marzo 2019 a Bergamo ci sono stati 1000 morti, a marzo 2020 6000, ti servono 5000 autopsie?” loro bofonchiano “Eh sì vedrai…”, lasciando intendere che loro sanno e tu no.

    7) è peggio perché la gente si ricorda della prima ondata, delle persone lasciate a casa a morire, delle bombole di ossigeno che mancavano, di quelli che morivano boccheggiando come pesci. Di quelli che arrivavano in ospedale ormai malconci, con polmoniti nella fase acuta, con i tamponi mai fatti. “C’è l’assalto ai pronto soccorso”, dicono. L’assalto è la paura di rimanere senza cure. Ed è una paura legittima.

    8) è peggio perché pensavamo di non rivedere più errori, trascuratezza, l’impreparazione della prima ondata. Invece scopriamo che ancora una volta non siamo preparati. Che la politica è rimasta immobile, che non si è pensato a prevenire il problema di trasporti, della mancanza di una rete territoriale capace di occuparsi dei malati a casa, dell’ ideazione di un piano razionale per gestire tracciamenti e quarantene. Ci sentiamo increduli e traditi.

    9) traditi, soprattutto, dalla politica che ha pensato all’ondata delle elezioni regionali prima ancora che a quella del virus. L’immagine del sindaco De Magistris che ieri, in diretta tv, guardava la sua Napoli nel caos di un’oscena guerriglia con l’aria compiaciuta di chi stava assistendo non alla disfatta della sua città, ma alla disfatta dell’odiato De Luca, è il sunto di tutto. E De Luca, da parte sua, rimarrà lo sceriffo che ha riposto la pistola per farsi rieleggere e l’ha ritirata fuori dalla fondina dopo che è stato eletto. Dopo che aveva raccontato ai campani la favoletta spavalda e rassicurante della Campania più preparata del Nord, del Nord che s’è fermato a contare i morti, degli ospedali migliori d’Italia pronti a fronteggiare il virus, della macchina perfetta della sanità campana. Il giorno dopo la sua rielezione era già “Obbligo di mascherine all’aperto”, tre settimane dopo “Chiudo tutto”. Oggi è l’imbarazzo di dover rimettere i panni dello sceriffo mentre è scoppiata la rissa al saloon.

    10) è peggio perché la politica ha paura di decidere. Perché la politica teme l’impopolarità più dei morti. E deciderà quando l’acqua sarà alla gola.

    11) è tutto peggio di prima perché non sappiamo dove andremo. Perché siamo provati, stanchi, pessimisti. Perché ci spaventa questa costante sensazione di vivere al presente, ci angoscia l’idea del tempo e delle opportunità rubati ai nostri figli. Non vediamo scadenze, non vediamo futuro.

    12) è peggio perché è autunno. Perché la primavera, certi giorni, era una carezza che entrava dalle finestre. Oggi abbiamo le finestre chiuse, il cielo opaco, la pioggia sui vetri. Ci attende l’inverno e sarà un inverno senza neve con cui divertirsi, senza ponti per viaggiare, senza programmi per Capodanno, senza una nuova stagione da vivere, attraversandola. Ci scorrerà accanto, saremo scaldati dai termosifoni, scopriremo cos’è il Natale senza i nonni, senza l’ultimo l’ultimo maglione da arraffare nel negozio pieno, senza l’aperitivo coi colleghi, le messe piene, i bambini spaventati dal Babbo Natale al centro commerciale.

    13) è peggio perché non siamo terrorizzati. Siamo accasciati. Perché pensavano fosse uno tsunami e invece è una marea bassa ma uniforme. E non sappiamo quanto salirà.

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