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    Sea Watch, attivisti a TPI: “Dormiremo davanti alla chiesa di Lampedusa fino allo sbarco dei naufraghi”

    Credit: Mediterranean Hope/Facebook

    L'iniziativa di solidarietà verso i 43 naufraghi bloccati da 9 giorni a 15 miglia da Lampedusa

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 21 Giu. 2019 alle 13:41 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:34

    Sea Watch, attivisti dormono davanti chiesa Lampedusa | Sea Watch solidarietà Lampedusa

    “Un’iniziativa di solidarietà nei confronti di tutti i passeggeri dell’imbarcazione, dei naufraghi e dell’equipaggio”. È così che Alberto Mallardo di Mediterranean Hope definisce l’iniziativa di un gruppi di cittadini e attivisti, che a Lampedusa hanno deciso di dormire sul sagrato della chiesa di San Gerlando fino a quando i naufraghi soccorsi dalla nave Sea Watch non saranno fatti sbarcare in un porto sicuro.

    “Abbiamo scelto di ritrovarci in quella piazza perché era il luogo che negli anni i migranti hanno utilizzato in occasione di dimostrazioni e rivendicazioni”, racconta Mallardo a TPI. “Oggi che non possono farlo, perché vengono tenuti a 15 miglia da Lampedusa, proviamo a diffondere il loro grido attraverso il nostro corpo”.

    L’iniziativa, che ieri si è svolta per la seconda notte, è stata lanciata dal gruppo di attivisti del Forum Lampedusa Solidale, un’assemblea aperta a cui hanno aderito varie associazioni e realtà dell’isola, tra cui il parroco don Carmelo La Magra, le Chiese evangeliche, ma anche singoli individui.

    Sul sagrato si sono ritrovate trenta-quaranta persone, mentre sei o sette sono rimaste lì a dormire. “Abbiamo intenzione di proseguire facendo dei turni, speriamo che nei prossimi giorni saremo in grado di andare avanti”, dice l’attivista intervistato telefonicamente da TPI.

    You are not alone” (“Non siete soli”) è lo slogan dei manifestanti, che hanno lanciato la protesta a ridosso della Giornata internazionale del rifugiato.

    In piazza è arrivato il supporto di molte persone, lampedusani e turisti. “Alcuni ci hanno anche donato coperte e viveri per la notte”, racconta Mallardo, che fa parte di Mediterranean Hope, il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

    “Abbiamo creduto che fosse importante mettersi in gioco con i nostri corpi  in attesa che queste persone siano fatte sbarcare”, spiega l’attivista. “Ieri abbiamo parlato con Giorgia Linardi, che è a Lampedusa, che mi diceva che proprio l’altro ieri notte il cielo era molto terso e i naufraghi riuscivano a vedere in lontananza le luci dell’isola. In quei momenti noi eravamo davanti al sagrato e gli sono arrivate le nostre foto. Ci hanno fatto sapere di aver apprezzato moltissimo la nostra solidarietà. Aspettano di poterci incontrare una volta sbarcati”.

    L’iniziativa del Forum Lampedusa Solidale mostra come anche chi è sulla terra ferma può fare qualcosa per i naufraghi della Sea Watch, basta volerlo.

    “Abbiamo invitato altre realtà del territorio italiano a ripetere iniziative simili sul loro territorio”, dice Alberto Mallardo, “Sarebbe bello che la solidarietà dell’Italia che ancora resiste alle disumane politiche perpetrate nel Mediterraneo si manifestasse concretamente, mettendo a disposizione i corpi di chi crede che queste persone debbano scendere al più presto. Finora abbiamo ricevuto diverse adesioni”.

    Sea Watch, attivisti dormono davanti chiesa Lampedusa | Il caso Sea Watch

    Dopo essere tornata in mare lo scorso 9 giugno, la nave Sea Watch 3, nella giornata di mercoledì 12 giugno, ha salvato 53 migranti che si trovavano a bordo di un gommone al largo della Libia.

    Ormai da 9 giorni l’imbarcazione è bloccata a 15 miglia da Lampedusa in attesa di poter far sbarcare le 43 persone rimaste a bordo (dieci sono state nel frattempo fatte sbarcare).

    Il Ministro degli Interni Matteo Salvini ha scritto al premier Giuseppe Conte per ribadire la politica dei “porti chiusi” e chiedere che siano i Paesi Bassi a farsi carico della Sea Watch, visto che la nave batte bandiera olandese.

    Nella lettera Salvini sostiene che la Ong ha tenuto una “condotta la cui gravità è resa palese dalla ferrea volontà” di far rotta verso l’Italia dopo aver rifiutato “il Pos (place of safety, porto sicuro, ndr) offerto dalle competenti autorità libiche”.

    I rappresentanti della Ong hanno sottolineato più volte che il territorio libico non può essere in alcun modo considerato un porto sicuro per i migranti che sfuggono ai lager libici e alle torture.

    Porti chiusi ma solo per le Ong: a Lampedusa sbarcano 53 migranti, ma quelli della Sea Watch sono ancora bloccati
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