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    Le scuole clandestine dei figli no vax: viaggio in Alto Adige tra i genitori che isolano i figli per ribellarsi al Covid

    Credit: Dietmar Denger/laif

    In Alto Adige è boom dell’istruzione parentale: oltre 500 minori non vanno in classe. I genitori li isolano perché non vogliono sottostare alle regole anti-Covid. L'inchiesta sul sesto numero del settimanale The Post Internazionale - TPI, in edicola da venerdì 22 ottobre

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 25 Ott. 2021 alle 12:57 Aggiornato il 25 Ott. 2021 alle 12:58

    Sono le sette e trenta di un lunedì mattina e dodici bambini avvolti nella nebbia entrano in un casale in legno e pietra tra le montagne della Valle Aurina, in Alto Adige, a venti minuti dalle piste da sci delle Dolomiti e a qualche ora dal confine con l’Austria. Hanno lo zainetto, ma nessuna campanella suona per loro perché la scuola è solo un lontano ricordo. Sono senza mascherina e restano isolati dai loro compagni: sono i giovani strappati all’istruzione pubblica dalle famiglie No Vax. Li cancellano dalle loro classi e creano delle scuole “clandestine” all’interno delle abitazioni. Qui non ci sono regole o protezioni perché nella loro testa la pandemia non è mai esistita. I numeri raccontano che con la didattica a distanza i contagi si abbassano per i bambini, ma a rimetterci è la collettività e la soluzione non può essere permanente. Quello di via dei Molini a Gais, in provincia di Bolzano, non è un caso isolato: tanti altri minori sono nella stessa situazione dalla Lombardia, al Veneto, all’Emilia Romagna. Ma in Alto Adige i dati sono letteralmente esplosivi.

    «Solo nei miei istituti se ne sono andati 18 allievi tra elementari e medie e ne ho perse le tracce», spiega Stefan Keim, preside di quattro scuole primarie e secondarie a Gais. È agitato perché la situazione gli sta sfuggendo di mano, ci accoglie con la camicia sbottonata e la scrivania piena di scartoffie. Tra queste, anche un foglio con la legge che permette tutto questo e regolamenta l’homeschooling o “istruzione parentale” che dir si voglia. Il Decreto 76 del 2005 recita: “I genitori, o chi ne fa le veci, che intendano provvedere privatamente o direttamente all’istruzione dei propri figli devono dimostrare di averne la capacità tecnica o economica e darne comunicazione anno per anno alla competente autorità, che provvede agli opportuni controlli”. Complice la pandemia, gli alunni che in Italia studiano “a casa” (e fanno poi l’esame a scuola per essere ammessi all’anno successivo) sono triplicati nel giro di tre anni. Stando ai dati del ministero dell’Istruzione, che sta attenzionando la questione, si è passati infatti dai 5.126 homeschooler del 2018-2019 ai 15.361 del 2020-2021.

    Un metodo che piace più al Nord, con particolare presa in Veneto e Lombardia, dove si è passati da 617 nel 2018/19 fino a 2.248 iscritti nel 2020/21; al Centro spaventa invece il Lazio con 478 homeschooler nel 2018-2019 e 1.408 nel 2020-2021. Quello che la normativa non poteva prevedere era l’esplosione dei complottismi. In Alto Adige, dove sono più di 600 i bambini che vanno nelle scuole “clandestine”, la motivazione principale è la contestazione delle procedure anti-contagio: gli homeschooler qui sono figli di mamme e papà anti-Mask, anti-Vax e anche anti-tamponi che vengono effettuati regolarmente agli ingressi degli istituti. Questi genitori non solo non si fidano più della scienza e delle istituzioni, ma pensano di essere superiori al resto dei cittadini e quindi di dover separare i loro bambini in una bolla plasmata a loro immagine e somiglianza…
    Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

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