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    Il docufilm su Scalfari vince il Nastro d’Argento, la figlia Donata a TPI: “E pensare che è nato quasi per gioco”

    Credit: Scalfari. A Sentimental Journey
    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 7 Mag. 2022 alle 16:13

    “Siamo molto soddisfatte, non può che farci piacere soprattutto per nostro padre”: lo dichiara a TPI Donata Scalfari, figlia minore del giornalista Eugenio e autrice, insieme alla sorella Enrica, fotografa, e alla reporter e sceneggiatrice Anna Migotto, di Scalfari. A sentimental journey, il documentario diretto da Michele Mally sulla vita del fondatore de La Repubblica, che venerdì 6 maggio si è aggiudicato un premio speciale dei Nastri d’Argento, il riconoscimento assegnato annualmente dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici.

    Prodotto da Rai Documentari e visibile su RaiPlay, il docufilm, “nato quasi per scherzo” come svelato da Donata Scalfari, racconta attraverso archivi video-fotografici inediti la vita e la carriera di Eugenio Scalfari: un viaggio che inevitabilmente si intreccia con la storia d’Italia.

    “Quando ci è venuto in mente di realizzare un documentario sulla vita di nostro padre non pensavamo di arrivare a tanto – afferma Donata Scalfari commentando la vittoria del Nastro d’Argento – anche per tutte le difficoltà che abbiamo avuto dal momento che lo abbiamo realizzato durante il Covid“.

    Giornalista, Donata Scalfari racconta come è nata l’idea di realizzare un docufilm sul padre: “Tre anni fa ho collaborato al documentario Citizen Rosi, che racconta il rapporto tra la figlia Carolina e il papà Francesco. Quando l’ho visto al Festival del Cinema di Venezia ho pensato che sarebbe stato bello fare una cosa simile su mio padre”.

    “Io avevo già iniziato a buttare giù un po’ di cose, ma pensavo più che altro a un libro – rivela Donata Scalfari – poi Anna Migotto, senza che le rivelassi nulla, mi ha proposto l’idea di un documentario e da lì è iniziato tutto”.

    Una volta convinta la sorella Enrica, inizialmente restia ad apparire in video, bisognava persuadere il protagonista del documentario: il giornalista Eugenio Scalfari.

    “All’inizio era un po’ perplesso, ci disse che lui aveva già scritto tutto e che per lui parlavano le sue opere, ma ci lasciò fare. Alla fine si è molto divertito anche se dopo la prima visione ci chiese di tagliare alcune scene perché troppo lungo, ritenendo che potesse risultare una rottura di scatole”.

    “Ma che gliene frega alla gente di me da bambino?” è stata, infatti, la prima reazione di Eugenio Scalfari, che poi, rivedendo il filmato una seconda volta, si è definitivamente convinto della buona riuscita del progetto.

    Un documentario sì personale e intimo, ma che può essere “anche formativo” per le nuove generazioni che magari “hanno poi la curiosità di andare a vedere che cosa è stata la storia del gruppo Espresso-La Repubblica”.

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