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    Santino Di Matteo: “Brusca libero? Ha sciolto nell’acido mio figlio, se lo incontro per strada non so cosa succede”

    Giuseppe Di Matteo e Giovanni Brusca
    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 1 Giu. 2021 alle 11:03 Aggiornato il 2 Giu. 2021 alle 11:41

    Santino Di Matteo: “Brusca libero? Ha sciolto nell’acido mio figlio, se lo incontro per strada non so cosa succede”

    “Non trovo le parole per spiegare la mia amarezza”. La notizia della liberazione dell’ex boss di Cosa nostra Giovanni Brusca ha scosso il pentito Santino Di Matteo, padre del dodicenne Giuseppe che Brusca ha fatto rapire nel 1993 e poi sciogliere nell’acido poco più di due anni dopo. “Mi auguro di non incontrarlo mai”, ha detto in un’intervista con il Corriere della sera. “Se dovesse succedere, non so che cosa potrebbe accadere”.

    Brusca, uno degli autori della strage di Capaci in cui perse la vita il giudice Giovanni Falcone insieme alla moglie e tre uomini della scorta, è stato liberato ieri dal carcere di Rebibbia dopo aver scontato una pena di 25 anni. L’ex capo del mandamento di San Giuseppe Jato, dal 2000 collaboratore di giustizia, è stato condannato per più di cento omicidi, che comprendono alcuni tra i delitti più efferati commessi da Cosa nostra. Tra questi l’uccisione di Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido l’11 gennaio 1996 dopo essere stato sequestrato per fermare la collaborazione del padre. Secondo Santino, Brusca, noto come “u verru”, cioè il maiale “conosceva Giuseppe, mio figlio, da bambino. Ci giocava insieme con la play station. Eppure l’ha fatto sciogliere nell’acido. E questo orrore si paga in vent’anni? ”.

    “La legge non può essere uguale per questa gente. Brusca non merita niente. Oltre mio figlio, ha pure ucciso una ragazza incinta di 23 anni, Antonella Bonomo, dopo avere torturato il fidanzato. Strangolata, senza motivo, senza che sapesse niente di affari e cosacce loro”, ha detto al Corriere della Sera. “Questa gente non fa parte dell’umanità”, ha aggiunto Di Matteo, che tutt’ora vive in una località segreta. “Dopo trent’anni si fanno ancora testimoniare ai processi. Io vado per dire quello che so. Ma a che cosa serve se poi lo stesso Stato si lascia fregare da un imbroglione, da un depistatore?”.

    L’attendibilità di Brusca è stata messa in discussione anche da Maria Falcone, sorella del giudice Falcone, che ha definito il suo percorso di collaborazione con la giustizia “assai tortuoso”. “La stessa magistratura in più occasioni ha espresso dubbi sulla completezza delle sue rivelazioni, soprattutto quelle relative al patrimonio che, probabilmente, non è stato tutto confiscato”, ha detto ieri, commentando la liberazione di Brusca. “Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata”, ha detto.

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