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    Tragedia all’hotel Rigopiano, archiviazione per 22 indagati: tra loro anche gli ex governatori dell’Abruzzo

    Di Carmelo Leo
    Pubblicato il 3 Dic. 2019 alle 19:59 Aggiornato il 3 Dic. 2019 alle 20:13

    Tragedia all’hotel Rigopiano, archiviazione per 22 indagati

    Nel pomeriggio di oggi, martedì 3 dicembre 2019, il gip del tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, ha disposto l’archiviazione per 22 indagati nel filone principale dell’inchiesta sulla tragedia avvenuta il 18 gennaio 2017 all’Hotel Rigopiano di Farindola, in provincia di Pescara, dove morirono 29 persone a causa della valanga che travolse la struttura. Tra le posizioni archiviate ci sono anche quelle degli ex governatori della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi.

    “Non si ritiene – ha rilevato il gip disponendo l’archiviazione – che gli elementi investigativi indicati negli atti di opposizione (in quanto irrilevanti) possano incidere sulle risultanze investigative, precise ed esaustive, raccolte dal pm, non potendo sminuire le considerazioni da questi assunte nella richiesta di archiviazione e condivise da questo giudice. Pertanto può affermarsi che le risultanze investigative non permettono di sostenere l’accusa in giudizio”.

    A chiedere l’archiviazione erano stati il procuratore capo Massimiliano Serpi e il sostituto Andrea Papalia. Alla richiesta si erano opposti alcuni legali dei familiari delle vittime.

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    Rigopiano, 22 archiviazioni: di chi si tratta

    Oltre ai già citati D’Alfondo, Del Turco e Chiodi, non saranno più a processo anche gli assessori che si sono succeduti alla Protezione civile, Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca.

    L’archiviazione riguarda anche l’ex sottosegretario alla Giustizia Federica Chiavaroli, la funzionaria della Protezione Civile Tiziana Caputi, l’ex vice presidente della Regione Abruzzo Enrico Paolini, l’ex direttore generale della Regione Abruzzo Cristina Gerardis; Giovanni Savini, direttore del Dipartimento di protezione civile per tre mesi nel 2014; Silvio Liberatore, responsabile della sala operativa della Protezione civile; Antonio Iovino, dirigente del servizio di Programmazione di attività della protezione civile.

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    Il gip ha archiviato la posizione anche di Vittorio Di Biase, direttore del Dipartimento opere pubbliche fino al 2015; Vincenzino Lupi, responsabile del 118 e Daniela Acquaviva, funzionaria della Prefettura di Pescara nota per avere risposto telefonicamente al primo allarme lanciato telefonicamente dal ristoratore Quintino Marcella. Acquaviva, tuttavia, resta imputata nel procedimento bis per depistaggio.

    Archiviazione, soltanto per alcune ipotesi di reato, anche per l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo; per Andrea Marrone, consulente incaricato per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni; per Bruno Di Tommaso, legale responsabile della Gran Sasso Resort & Spa e per Carlo Giovani, dirigente della Protezione civile.

    La reazione del padre di una delle vittime

    Non si sono fatte attendere le prime reazioni dei parenti delle vittime della tragedia di Rigopiano alla notizia dell’archiviazione per 22 indagati. Alessio Feniello, padre di Stefano (morto quel maledetto 18 gennaio 2017) ha affidato a Facebook il suo pensiero.

    “Comincio a pensare – ha scritto – che alla fine la colpa sarà di chi stava in hotel, di chi lavorava a Rigopiano e di chi c’è andato in vacanza. Ho appena saputo che il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione nei confronti di tutti i funzionari della regione, della Acquaviva, e anche dei tre personaggi che ci hanno fatto credere che Stefano era vivo, uccidendolo due volte. Questa archiviazione è un colpo che fa molto male”.

    “Sembra – continua il post – che dovrei essere io a chiedere scusa a Provolo e alla Chiavaroli, perché loro ci hanno detto e confermato che Stefano era vivo solo per compassione, per darci conforto. Ma stiamo scherzando? Ma veramente un giudice può dire una cosa del genere a dei genitori che per quattro giorni hanno creduto che il figlio fosse vivo? Io non credo più a nulla, il processo possono anche non farlo a questo punto, ormai non ha senso credere nella giustizia. L’unico a pagare, fino ad oggi, sono io per aver portato i fiori a Stefano, e sto affrontando un processo per questo”.

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