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    Reportage da Formentera, l’isola che se ne frega del Covid: “Altro che Green pass, qui assembramenti e zero controlli”

    Formentera ai tempi del colera ricorda un po' la Roma di Ponzio Pilato: ci si disinfetta le mani (se e quando lo si fa) giusto per lavarsele metaforicamente. Per poter nascondere il virus sotto il tappeto. Perché il turismo, qui alle Baleari, è il totem che viene prima di tutto e al quale tutto si sacrifica. Il reportage di Franco Bagnasco per TPI.

    Di Franco Bagnasco
    Pubblicato il 23 Lug. 2021 alle 10:53 Aggiornato il 23 Lug. 2021 alle 14:28

    Formentera ai tempi del colera ricorda un po’ la Roma di Ponzio Pilato: ci si disinfetta le mani (se e quando lo si fa) giusto per lavarsele metaforicamente. Per poter nascondere il virus sotto il tappeto. Perché il turismo, qui alle Baleari, è il totem che viene prima di tutto e al quale tutto si sacrifica.

    L’estate è uno scrigno di tesori, e su questo è vietato scherzare. Il resto può passare quasi in secondo piano, pandemia compresa. Salvando un po’ la faccia con qualche pubblica raccomandazione di circostanza e alcuni provvedimenti d’obbligo, naturalmente, ma questo rientra nella prassi mondiale delle cose.

    Già la vigilia della partenza, in Italia, non è stata semplice ma lasciava intuire l’andazzo: seconda dose di vaccino il 7 luglio a Milano, decollo da Malpensa il 17. Ergo, non erano ancora passati (almeno per il volo d’andata) i fatidici 14 giorni di latenza dopo i quali entrava in piena validità il Green Pass europeo; come impongono i regolamenti, non restava che sottoporsi anche a tampone antigenico (20 euro in farmacia), risultato negativo. E compilare, portandolo con sé, il formulario on line di salute pubblica spagnolo, l’Spth (Spain Travel Health), che genera un altro QR code rispetto a quello del Green Pass ufficiale.

    Un po’ di burocrazia, ma se ami Formentera di un amore antico, vale la pena mettersi in piena regola per tornare e provare a raccontarla in un momento così particolare. Tutto per poi sentirsi dire da amici, vicini di casa e conoscenti: “Ecco, un altro pirla che va in Spagna! Ma non lo sai che è impestata dal Covid?”. Con l’alternativa classic più soft: “…’zzo vai a Formentera, che è piena di milanesi?”. E visto e considerato che da sempre quelli che te lo dicono in genere sono gli stessi milanesi che prima o poi ritrovi a Formentera, mi domando se usciremo mai da questo surreale loop.

    Ciò detto, all’atto della partenza, il 7 luglio alle 11.25 con volo EasyJet U2693, l’unica cosa che una signorina della compagnia aerea ha controllato al momento dell’imbarco (carta d’identità a parte) a tutti i passeggeri, è stato il possesso del formulario on line spagnolo Spth.

    Identica procedura anche all’arrivo a Ibiza, dove alla barriera d’uscita dall’aeroporto le cortesi addette scansionavano solo quello. Come se il resto non esistesse. Ho provato addirittura a insistere, come Furio di Verdone, cercando di mostrare sia il Green Pass vaccinale europeo che l’esito negativo del tampone appena fatto in Italia, ma per le funzionarie iberiche era come se non esistessero.

    Vale la pena chiarire subito un punto: lo Spain Travel Health è soltanto un’autocertificazione. Un modulo nel quale lo scrivente dichiara, sotto la propria responsabilità, di non essere affetto da Coronavirus, scrive con precisione luogo e struttura del soggiorno in Spagna, e si impegna a restare isolato nello stesso luogo chiamando le autorità sanitarie locali qualora manifestasse sintomi coerenti con il Covid.

    In soldoni, sia io che che tutti gli altri passeggeri di quel volo avremmo potuto ospitare nei nostri corpi qualsiasi “demone” virale e portarlo impunemente sul suolo iberico. Bastava dichiarare il falso in un semplice questionario, e viva il parroco. 

    E dire che la faccenda, da queste parti, si va facendo sempre più seria. Come riportava ieri il Diario de Ibiza (trafiletto in taglio basso in prima pagina per le suddette questioni d’immagine turistica, compensato da un ampio pezzo d’apertura nelle pagine interne), i contagi alle Baleari sono aumentati di ben nove volte in due settimane: 963 positivi nell’ultima, con 45 persone ricoverate a vario titolo in ospedale. 202 positivi nelle ultime 24 ore, la cifra più alta da fine gennaio.

    L’isola messa peggio, anche grazie alle dimensioni, è Ibiza; seguono Maiorca, Minorca e Formentera, con 462 casi. Nel borgo di Sant Antoni, quello più caciarone e cheap di Ibiza, negli ultimi due mesi sono state interrotte 34 feste in ville e case private (l’ultima con 75 invitati), con relativo sequestro di casse e amplificatori.

    Per ciò che riguarda invece i cosiddetti Covid Hotel, al Puente di Platja d’en Bossa, occupato all’89% da turisti risultati positivi e in quarantena, si è aggiunto da ieri l’Aparthotel Rosamar.

    A Formentera, tra i residenti, del Covid e della sua contagiosa variante Delta si parla pochissimo e sottovoce, in genere soggiungendo: “Qualcuno negli ultimi mesi qui è morto, sì. Nell’ospedale della Isla però non esiste un reparto apposito: se c’è qualcuno da ricoverare viene portato a Ibiza o a Palma. Attualmente i pochi positivi individuati sono asintomatici, e a casa”.

    In realtà, come abbiamo visto, dati alla mano, i positivi non sono poi così pochi, sono in costante aumento, e il sommerso, considerato che il suolo è pieno di turisti a zonzo, potrebbe essere molto rilevante. Anche perché gli spagnoli (in particolare, e visti i numeri nel loro Paese a quanto pare si nota) non amano molto indossare la mascherina, che è obbligatoria di fatto solo quando ti accalchi al banco o alla cassa del chiringuito di turno (come i leggendari “Piratabus”, “Kiosko 62” e “Blue bar”) per prendere la tua birra e il mojito.

    Appena ti allontani da lì, liberi tutti. L’unica cosa alla quale qui le autorità tengono molto (ma solo nei ristoranti, e anche all’aperto) è la “distancia social” di un metro e mezzo da un soggetto all’altro.

    I locali hanno perso moltissimi coperti per distanziare per bene i tavoli, recuperando quando possibile nelle immediate vicinanze del plateatico concesso. E fioriscono anche qui i QR code da inquadrare per leggere i menu senza toccare papironi unticci che hanno stropicciato in mille prima di te.

    Tutti i ristoranti sono stati chiusi precauzionalmente da fine gennaio ai primi di marzo, ovvero (guarda caso) quando c’era l’affluenza più bassa. Ora si lavora invece a pieno regime, e per affrontare il tour de force sono stati chiamati in hotel e strutture ricettive molti stagionali dalla Spagna e dall’Italia. Ragazzi che magari alloggiano e dormono tutti assieme in piccoli appartamenti, diventati in qualche caso micro focolai. Un paio di camerieri risultati positivi, di recente hanno costretto alla chiusura (una decina di giorni di quarantena) altrettanti ristoranti dell’isola.

    Un problema, questo, che si fa sentire in tutte le Baleari. Tra i locali di Formentera apparentemente meno ligi al distanziamento fra i tavoli c’è il leggendario e italianissimo “Rigatoni” di Es Pujols, un tempo paradiso di calciatori, Veline e tronisti, come Costantino Vitagliano. Oggi, anche se quel mondo ha forse meno appeal mediatico, è rimasta la ricetta tradizionale: si mangia e si beve ascoltando musica di performer che si esibiscono dal vivo spaziando fra gli Anni 60-70-80 italiani. E diventa inevitabilmente un maxi-karaoke. Della serie: “Batti in aria le mani, e poi falle girare”.

    Il ristorante “Rigatoni”

    Sospese la tradizionali mega-feste estive di piazza in tema Plower Power (per partecipare veniva gente da tutto il mondo), gli altri che ne hanno fatto veramente le spese, come in Italia, sono i gestori delle discoteche. A Formentera c’erano soltanto il “Pineta” e il “Tipic”, entrambi nella località di Es Pujols ed entrambi chiusi senza appello. Se ne riparla nel 2022.

    E così pure la sempre affollata piccola terrazza disco del “Flipper”, al chilometro 11 della lunga Playa di Mitjorn. Quella del mondanissimo “Chezz Gerdi” di fatto non ha mai aperto, ma in ballo c’era soprattutto una vecchia ordinanza in materia di decibel. In ogni caso, gli imprenditori più lungimiranti guardano già al futuro, diversificando: i proprietari del Pacha di Ibiza hanno comprato e adattato una vecchia struttura, sempre al km. 11 di Mitjorn, trasformandola in “Casa Pacha”; ovvero pochi alloggi di lusso per una clientela spendente.

    Pare che gli stessi siano in procinto di acquistare il già citato “Tipic” e il contiguo ristorante “Marea” (che ha reso le pentole agli angeli dopo appena due stagioni prima della pandemia) per fonderli e farli diventare un elegante cocktail bar con uso di musica. Un po’ per seguire l’andazzo generale, un po’ perché con spazi così non si presenteranno (in teoria) mai problemi di agibilità per l’affollamento.

    Il vero tallone d’Achille di Formentera, in questo momento, si chiama Carrer d’Espardell. È una stradina corta e stretta nell’abitato di Es Pujols (l’enclave italiana, quella modaiola, che snatura il vecchio spirito dell’isola e che infatti è detestata dai residenti) sulla quale si affacciano il “54”, l'”Ugly” e una pletora di altri piccoli o piccolissimi cocktail bar, gelaterie, birrerie o spuntinerie molto frequentati dai ragazzi. Che di sera si accalcano inevitabilmente e spontaneamente in centinaia in questo collo di bottiglia (quasi tutti rigorosamente senza mascherina, perché metterla non fa figo e comunque “chissene”) creando assembramenti potenzialmente pericolosissimi per la diffusione del virus.

    Sembra una mattanza silenziosa. Il resto della movida, fra bancarelle di bigiotteria e ristoranti, si muove sulla passeggiata principale, che corre perpendicolare, ed è sempre affollatissima. Ma qui, vista anche l’età più alta dei frequentatori, non di rado si vede gente che indossa la mascherina d’ordinanza persino all’aperto. La psicosi per molti corre sul filo, insomma, sottotraccia, e come elemento non può essere sottovalutato. Anche se del virus non piace parlare, gli occhi di chi incontri e gli artifici per scansarsi dicono molto.

    A dire il vero per i vecchi residenti “formenteresi”, molti dei quali imbevuti della storica cultura yippie, tutta fatalismo e canne al vento e ovviamente spesso pesantemente scettici nei confronti dei vaccini, il Covid in questo momento è l’ultimo dei problemi.

    L’unica cosa che li spaventa sul serio è la stretta data dal comune sulla guida in stato di ebbrezza. Negli ultimi anni i controlli si sono via via intensificati, e che siano alcolici, superalcolici o altre sostanze, ormai non c’è più pietà se non passi il test del palloncino o quello della spugnetta da mettere in bocca. Quest’anno non la passa liscia neppure chi vive qui tutto l’anno.

    Tanto che è nato un gruppo segreto su Telegram che ospita alla data di oggi 430 iscritti, tutti residenti. I quali informano gli altri in tempo reale sugli avvistamenti (ora e luogo di appostamento) delle pattuglie della Guardia Civil, la forza pubblica locale; si può così posticipare la partenza, oppure arrivare a destinazione attraverso strade o stradine secondarie, per evitare i controlli.

    Roba che neanche la Stasi, se hai più di 400 occhi al lavoro. Questo per dire che gli spagnoli potranno apparire anche un po’ caciaroni e lassisti, ma quando li tocchi sulle cose più care, come la copa de sangria o il bicchiere di hierbas (per stare sul leggero) installerebbero Telegram anche sul telefono fisso di casa della nonna materna.

    Fascinosa come poche (e contrapposta da sempre alla chiassosa Ibiza), Formentera è l’unico posto dove ci si possa sedere sulle rocce, vicino al mare, con un mojito in mano, per applaudire ogni giorno il tramonto sulle note di “Con te partirò” di Andrea Bocelli. Senza sentirsi per questo troppo scemi (anzi) e sperando di non contribuire all’altro tramonto, quello della civiltà.

    La Isla acchiappa da sempre un pubblico trasversale: dai pischelli a caccia di selfie col vip di turno che dormono in otto in un appartamentino di 60 metri quadrati pagato magari a peso d’oro, ai tardo giovani di ogni sesso e ceto desiderosi di rivivere suggestioni estive da età dell’oro.

    Quando i sogni facevano premio sul giro vita. C’è di tutto, e di più, in questa “Amici miei” del turismo di massa e d’elite. Parlando di gente nota, tra i personaggi che ho avvistato questa settimana ci sono soltanto Eva Riccobono, l’ex calciatore Alessandro Matri e la compagna, l’ex Velina Federica Nargi, con i due figli. Ma tra gli aficionados storici dell’isola non si possono non citare anche Bobo Vieri, Paolo Bonolis e la moglie Sonia Bruganelli, quasi sempre in tandem con Luca Laurenti (amante del nudismo, da sempre molto praticato sull’isola).

    Persino Giorgio Gori e Cristina Parodi, avvistati a volte a cena nel lussuoso “Bocasalina” di Es Pujols. Ma l’elenco degli aficionados potrebbe essere lunghissimo; e quello degli avventizi sempre in aggiornamento. Si suddividono fra ville che portano alla stupenda riserva naturale di Ses Illetes, barche ormeggiate in qualche calette, e signorili fincas che si perdono fra stradine, cactus e muretti a secco.

    Tornando agli echi da Coronavirus e dintorni, che fanno capolino anche nella cartellonistica stradale, si trovano spesso citazioni un po’ inquietanti, come negozi d’abbigliamento che espongono manichini provvisti di mascherina.

    Il lussuosissimo hotel “Blanco” di Es Pujols, per esempio, nella sua candida reception che ricorda quella di un centro benessere, ospita tre slanciatissime silhouette femminili a viso coperto. Forse si tratta di un messaggio, neanche tanto subliminale, alla clientela: quando entrate qui, copritevi naso e bocca. E c’è anche chi ci scherza su: sono nate le t-shirt: “Distancia Social Club”.

    L’hotel “Blanco” di Es Pujols

    Intanto, nel pieno di quest’estate anomala, che pare la variante della scorsa ma più guardinga, assicura chi c’era, al supermercato Eroski di Sant Francesc (che assieme a Sant Ferrand è il villaggio dove in genere vivono asserragliati i residenti e che è anche sede comunale) vendono senza troppa fortuna a 9.95 euro al pezzo “la primera masquarilla que inactiva el virus”, ovvero la prima mascherina che “inattiva”, traduzione letterale, il Covid.

    Resta da capire che cosa voglia dire inattivare un virus. Andrebbe chiesto a un esperto. Ma di quelli bravi. Come si dice sòla in spagnolo?

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