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    Regeni, il Gup sospende il processo: nuova udienza il 10 ottobre. Il legale della famiglia: “Ennesima presa in giro, Draghi intervenga”

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    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 11 Apr. 2022 alle 14:03 Aggiornato il 11 Apr. 2022 alle 16:13

    L’Italia ha ricevuto solo una totale chiusura da parte delle autorità egiziane in merito a un collaborazione per il caso dell’omicidio di Giulio Regeni. La circostanza emerge dalla nota che il ministero della Giustizia ha inviato al gup di Roma nel giorno dell’udienza per i quattro 007 accusati di avere rapito, torturato e ucciso il ricercatore friulano nel 2016. A gennaio il giudice aveva chiesto al governo di verificare la possibilità di una “interlocuzione” con le autorità del Cairo.

    Il gup di Roma, alla luce delle comunicazioni giunte dal ministero della Giustizia sul no egiziano ad una collaborazione per la notifica degli atti, ha disposto la sospensione del procedimento a carico di quattro 007 egiziani accusati di avere sequestrato, torturato ed ucciso Giulio Regeni, affidando ai Ros nuove ricerche. La nuova udienza è stata fissata per il 10 ottobre. Il legale della famiglia Regeni: “Ennesima presa in giro, Draghi intervenga”.

    “Chiediamo che il presidente Draghi pretenda, senza se e senza ma, le elezioni di domicilio dei 4 imputati”, ha spiegato l’avvocato Alessandra Ballerini. Per il legale il nostro governo deve “alzare la voce e si faccia sentire”. “La lesione della tutela della vita, della libertà e dell’integrità dei cittadini all’estero, come la Presidenza del Consiglio ricorda nel suo atto di costituzione di parte civile, costituisce grave pregiudizio dell’immagine e del prestigio dello Stato Italiano nella sua funzione di protezione dei propri cittadini”, ha aggiunto Ballerini.

    La nota del ministero della Giustizia

    Nella nota, il ministero della Giustizia sottolinea il “rifiuto dell’Egitto di collaborare nell’attività di notifica degli atti” con l’Italia così come il no a un incontro tra il ministro Marta Cartabia e il suo omologo egiziano. Lo scorso 15 marzo il direttore della cooperazione giudiziaria italiana si è recato in Egitto per un incontro e in quell’occasione gli è stato comunicato che la competenza è della Procura Generale che considera chiuso il caso Regeni e che non è possibile andare avanti con ulteriori indagini sui quattro indagati in Italia.

    “Dal primo minuto mi sono legato a questa storia. Non si può fare tutto in nome dei rapporti, del petrolio, c’è una persona che è stata torturato in maniera indicibile. Mi interessa che ci sia la volontà politica di andare avanti, spero che l’alta politica faccia il bene delle persone che amministra. A questa famiglia l’alta politica deve dare la verità”, ha detto Flavio Insinna presente a piazzale Clodio a Roma insieme ai familiari di Giulio e all’avvocata.

    A piazzale Clodio era presente anche il presidente Fnsi Beppe Giulietti. “Noi siamo qui per dire che non smetteremo mai di reclamare verità e giustizia. Chiederemo che ci sia un’interruzione dei rapporti con l’Egitto qualora dovesse perseguire una politica di omissione e di cancellazione delle prove”, ha sottolineato Giulietti.

    I carabinieri del Ros inoltre, ai quali erano state affidate nuove ricerche sul domicilio degli indagati, hanno fatto sapere di essere riusciti ad acquisire solo l’indirizzo del luogo di lavoro dei quattro 007 egiziani e non il domicilio, necessario per il codice di procedura internazionale. Dopo la lettura della nota inviata dal ministero della Giustizia, il giudice si è ritirato in camera di consiglio per decidere su un rinvio o sulla sospensione del procedimento.

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