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    Un prefetto indagato per una mazzetta: la giustizia farà il suo corso, ma l’Italia è un paese senza morale

    Il prefetto di Cosenza Paola Galeone
    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 31 Dic. 2019 alle 13:59 Aggiornato il 31 Dic. 2019 alle 14:02

    Alla fine nemmeno i corrotti sono più quelli di una volta. Da Cosenza arriva la notizia di un’indagine a carico del Prefetto Paola Galeone, accusata di avere intascato una mazzetta di 700 euro in un bar del posto da un’imprenditrice che ha deciso di denunciare tutto alla Polizia.

    Ovviamente sarà il processo a decidere eventuali responsabilità ma il quadro indiziario è sicuramente grave, poiché l’incontro è stato videoregistratore dalle forze dell’ordine e le banconote sono state fotocopiate prima dello scambio.

    Qui siamo di fronte a un’alta figura istituzionale (a proposito, quando si avrà voglia di riaprire un dibattito su ruoli, competenze e utilità delle Prefetture?) che potrebbe aver insozzato il proprio ruolo per un pugno di banconote: siamo un Paese colabrodo in cui basta poco per riuscire a deviare pezzi delle istituzioni, della giustizia e dell’imprenditoria.

    Se l’etica di un Paese si misurasse sul grado di corruttibilità della propria classe dirigente potremmo pensare a questi ultimi mesi in cui abbiamo assistito a incredibili episodi che hanno attraversato la politica, l’imprenditoria e perfino il CSM: siamo un Paese in cui corrompere costa pochissimo e trova bassissimi argini morali.

    Oliare la burocrazia (e perfino la Giustizia) in molti territori è considerato un normale costo d’impresa da preventivare come qualsiasi altro costo e coloro che dovrebbero essere custodi delle regole spesso sono i primi a rivendersi al migliore offerente.

    In Italia c’è, da anni, una questione morale che sembra difficile leggere nella sua interezza, che ci viene proposta sparpagliata nelle decine di episodi di cronaca giudiziaria che emergono giusto il tempo per solleticare un’effimera indignazione e che sembriamo incapaci di leggere nel quadro d’insieme: non è un problema solo di corruttori ma è soprattutto un problema di corruttibili.

    Che l’imprenditrice cosentina sia rimasta basita, letteralmente scioccata dalla richiesta del Prefetto cosentino è una notizia normale che risuona invece come se fosse una rarità.

    Siamo sicuri di avere ancora un’adiacenza tra i valori morali che professiamo e le azioni che ci circondano? Quanto è diventato normale il “così fan tutti” che è ormai un’etichetta adatta per troppe situazioni?

    Siamo in un Paese svenduto in cui il lato giudiziario è infinitamente meno rilevante di quello morale. E ci vorranno decenni per risollevarsi, sempre che qualcuno lo voglia davvero.

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