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    Ponte Morandi, i manager di Autostrade ora danno la colpa al calcestruzzo

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 20 Mar. 2022 alle 14:41 Aggiornato il 20 Mar. 2022 alle 14:42

    Nel doloroso processo per il crollo del ponte Morandi di Genova stanno accadendo alcune cose – almeno due – che non piacciono per niente ai parenti delle 43 vittime. La prima è che la Procura ha accettato la proposta di patteggiamento da 30 milioni di euro avanzata dalla società Autostrade per l’Italia: viatico per risparmiarsi un fastidioso processo e probabili gravi condanne accessorie come l’interdizione a contrarre con la Pubblica Amministrazione.

    Sarà il Gup a decretare se l’accordo può essere convalidato oppure no, ma intanto Egle Possetti, presidente del Comitato Ricordo vittime del ponte Morandi, chiarisce a scanso di equivoci che «il patteggiamento non lava le coscienze». La seconda cosa che non piace ai parenti delle persone morte nel disastro di Genova è la tesi su cui puntano forte gli altri 59 imputati: manager e tecnici tra cui l’ex amministratore delegato di Aspi, Giovanni Castellucci. Le difese adesso sostengono che il crollo del viadotto non sia stato causato dai mancati interventi di manutenzione, bensì da un difetto di fabbricazione risalente addirittura al 1967. Come ha ben ricostruito Maurizio Tortorella su La Verità, gli avvocati di Castellucci &Co. puntano il dito sul “reperto 132”: un blocco di calcestruzzo disseminato di fili di ferro estremamente corrosi che si trovava in cima alla pila 9 del ponte, proprio nel punto spezzatosi quel drammatico 14 agosto 2018.

    Basandosi sulle perizie degli esperti incaricati dal Tribunale, le difese degli imputati sostengono che quel calcestruzzo non avrebbe coperto interamente la lunghezza degli stralli d’acciaio favorendo così la loro corrosione. Un difetto di costruzione risalente a 55 anni fa ma che – secondo gli avvocati – i tecnici di Aspi non avrebbero mai potuto notare. Eppure gli stessi periti concludono che «i controlli e gli interventi di manutenzione, se eseguiti correttamente, con elevata probabilità avrebbero impedito» il crollo del ponte. Il processo farà chiarezza, ma intanto i parenti delle vittime iniziano a sentire un diffuso odore di presa in giro.
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