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    Naufragio a Lampedusa, Cecilia Strada: “Smantellare il decreto sicurezza bis o le stragi in mare continueranno”

    Credit: Afp

    Nell'ultimo naufragio al largo di Lampedusa, hanno perso la vita tredici donne. All'appello mancano ancora almeno quindici dispersi, tra cui quattro bambini. "Indignazione e rabbia", ha commentato a TPI Cecilia Strada

    Di Marta Facchini
    Pubblicato il 8 Ott. 2019 alle 13:33 Aggiornato il 9 Ott. 2019 alle 11:16

    Naufragio a Lampedusa, Cecilia Strada: “Smantellare decreto sicurezza bis e liberare le navi delle Ong”

    La pioggia e il vento ostacolano le ricerche dei dispersi del naufragio avvenuto nella notte tra sabato e domenica a sei miglia da Lampedusa. Sono ventidue le persone salvate e tredici le salme recuperate: sono tutte donne, alcune incinte. I dispersi sono almeno quindici tra cui, secondo alcuni sopravvissuti, quattro bambini. La più piccola avrebbe otto mesi, un’altra appena due anni. Le onde alte due metri, e il vento di maestrale che spazza l’isola, ormai affievoliscono le speranze di ritrovare gli altri corpi.“Non si può che reagire con rabbia e indignazione. E dolore per chi ha perso la vita in mare”, commenta a TPI Cecilia Sarti Strada

    Il barchino in legno era partito dalle coste libiche e si era fermato a Sfax per fare salire una quindicina di tunisini. A bordo, cinquanta migranti senza neanche un salvagente. La tragedia si è consumata di nuovo di fronte agli occhi di Lampedusa poco dopo le tre di notte, quando la barca si è rovesciata davanti agli uomini della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, arrivati per soccorrere i migranti.

    Il barchino si è ribaltato e si sono salvati solo in ventidue. Ora, sull’isola i sopravvissuti cercano di identificare i cadaveri, chiusi in sacchi di plastica neri nel salone della Casa della fraternità. C’è quello di una ragazza di dodici anni, la più piccola delle donne recuperate, che viaggiava insieme alla mamma e alla zia che l’ha riconosciuta.

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    “Assistiamo a una situazione paradossale. Ieri la Ocean Viking ha partecipato alle ricerche dei dispersi, e lo sta facendo anche oggi, su richiesta delle autorità italiane. Ormai, dopo tutto questo tempo, significa solo cercare i cadaveri”, prosegue Strada.

    “Nel Mediterraneo ci sono solo la Open Arms e la nave di Sos Mediterranee e Medici Senza Frontiere. Tutte le altre sono sequestrate. Se ci fossero più navi in mare, si avrebbero le condizioni per i salvataggi. E si aiuterebbero le persone ancora vive invece di cercare i cadaveri”, aggiunge. 

    “Molti pensano che il peggio sia passato perché Salvini non è più ministro dell’Interno. Ma rimane il decreto sicurezza bis, che deve essere smantellato. E si devono liberare le navi delle organizzazioni umanitarie, ancora bloccate per avere violato il decreto”, sottolinea Strada. “L’accordo sottoscritto a Malta trasuda un clima di sospetto nei confronti delle navi di soccorso civili. La strada da fare è ancora lunga”.

    Secondo l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, tra il 2014 e il 2019 si sono contati nel Mediterraneo centrale 358 naufragi con annegamento. I morti e dispersi ammonterebbero a 13.465 persone. “È necessario aprire canali di accesso sicuri e legali, e svuotare i lager libici. Se non ci creano alternativa all’ecatombe, non cambierà mai nulla”, dichiara Strada.

    “I corridoi umanitari sono una soluzione ma non quella definitiva perché intervengono solo nella parte finale del viaggio. Bisogna aprire la fortezza Europa”.

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