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    Naufragio a Cutro, il racconto dei superstiti: “Gli scafisti lanciavano i ragazzi in mare”

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 27 Feb. 2023 alle 13:12

    Naufragio a Cutro, il racconto: “Gli scafisti lanciavano i ragazzi in mare”

    Erano a un passo dalla terraferma i migranti a bordo della barca che si è spaccata in due a Steccato di Cutro, in provincia di Crotone, provocando una strage di esseri umani. “Quando abbiamo visto le luci, credevamo di essere salvi. “Vengono a prenderci!”. A quel punto, gridavamo tutti, eravamo sicuri di avercela fatta. Ma gli scafisti hanno iniziato a buttare giù i ragazzi, li tiravano per le braccia e li gettavano nel mare. A bordo si è scatenato il panico. La barca si è capovolta. E non era vero che ci avevano visto, non sono venuti a salvarci”, sono le parole dei sopravvissuti, raccolte dall’inviato de La Stampa.

    I morti sono 74, anche bambini: il natante ha ceduto a 200 metri dalla riva. Il primo a dare l’allarme è Antonio Grazioso, un pescatore, che ha visto alcuni corpi in balie delle onde. A bordo del peschereccio partito dalle coste della Turchia viaggiavano tra le 180 e le 250 persone. Sono 82 i superstiti. Molti sono ancora dispersi, ma non si sa con esattezza quante persone vi fossero a bordo.

    Una tragedia che – forse – poteva essere evitata. L’imbarcazione era stata avvistata già nella serata di sabato 25 febbraio, intorno alle 22, da un aereo di Frontex. Le condizioni del mare, però, come riporta anche La Stampa e stando a quanto dichiarato dalla guardia costiera, hanno impedito il salvataggio e costretto a una ritirata. Erano a un passo dall’essere salvi, ma gli scafisti – tre persone sono state individuate tra i migranti dalle forze dell’ordine – hanno iniziato a buttare i corpi in mare.

    Nel palazzetto dello sport della cittadina crotonese giacciono i corpi esanimi, senza un nome né un cognome. I volontari della Croce rossa si occupano di chi è scampato alla morte, ancora terrorizzato. Concedono una telefonata per dire ai familiari che stanno bene e che ce l’hanno fatta.

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