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    Se l’Europa apre gli occhi sui migranti grazie a Salvini

    Di Giulio Gambino
    Pubblicato il 26 Giu. 2019 alle 19:51 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:33

    Per la prima volta siamo di fronte a un fatto: l’Europa, per effetto di una sentenza emessa dalla Cedu, ha dato una risposta politica alla linea di Matteo Salvini sui migranti. E pensandoci bene, non è una vittoria di Salvini ma una presa posizione da parte dell’Europa.

    Non si è espressa la Germania, la Spagna o la Francia, che perseverano nei loro interessi nazionali, ma una entità giuridica che in teoria è persino al di sopra della politica.

    Fornendo una risposta precisa: il ricorso dei migranti della Sea Watch 3, nave battente bandiera olandese della quasi omonima Ong tedesca Sea Watch, che hanno chiesto alla Corte di poter fare il loro ingresso in Italia, è stato respinto.

    Ebbene, siamo di fronte a un responso non casuale: non l’Italia, ma il vecchio continente, per tramite della Cedu, replica che no, i migranti che erano in pericolo di vita sono già stati messi in salvo, e gli altri ancora a bordo non necessitano di uno sbarco immediato sul suolo Italiano, tale peraltro da violare – in assenza di permesso – il decreto sicurezza bis approvato poche settimane fa dal governo italiano.

    Tradotto: la vita prima di tutto, sempre, e questo giudizio non può che essere sacrosanto per la Corte europea dei diritti dell’uomo, ma in assenza di una reale emergenza, non è l’Italia a dover farsi carico di un’imbarcazione non governativa con a bordo migranti.

    La sentenza Cedu è quindi una vittoria europea, se mai. Il messaggio è chiaro: va bene tutto, passi anche il nobile volontariato da parte delle Ong di mezzo mondo che hanno sentito il dovere di salvare vite umane in mezzo al mare, passi anche l’incapacità nostra – dei governi nazionali – di fare fronte a questa emergenza con una missione navale europea che fa brodo da tutte le parti poiché non ha una strategia e non sa cosa deve fare. Ma l’anarchia, il disordine, l’assenza di leggi, anche no, grazie.

    L’Europa – per la prima volta – oggi decide, in netta coerenza con quanto fatto vedere sin qui (vale a dire che sui migranti tutti i paesi europei si sono sempre voltati dall’altra parte, salvo chi per posizione geografica si trovava costretto a far fronte a questa “emergenza”), di applicare la stessa misura anche per l’Italia.

    In questo senso, e va detto, la politica di Salvini ha fatto aprire gli occhi all’Europa, poiché ha sollevato una serie di punti e questioni che nessuno mai (nemmeno l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti) era riuscito a sollevare.

    Non fosse altro per il responso che questa senza Cedu ha dato. Ma guardando le cose da un altro punto di vista il messaggio della Cedu – che, ricordiamolo ancora una volta, non ha mai detto che i migranti della Sea Watch non devono essere accolti tout court, e che l’Italia deve chiudere i porti – appare politicamente più significativo rispetto a una sentenza giuridica che di per se ha valore infinitamente minore.

    E cioè, con questa sentenza per la prima volta l’Europa si è posta contro uno schema, un sistema, ormai in essere da almeno un decennio: l’emergenza dei flussi migratori incontrollati. Emergenza a cui sinora si è fatto fronte decidendo quali navi accogliere e quanti migranti ricollocare (possibilmente altrove).

    La realtà è che i flussi migratori, in essere da ben più di un decennio nella loro portata storica, non sono affatto un’emergenza. Sono un fenomeno che fa parte della natura geopolitica di questa fase storica. E in quanto tale vanno accettati, regolamentati.

    Beninteso, nessuno, né il ministro Salvini né la Cedu, ritiene che 42 migranti possano costituire un problema. Ma se non apriamo canali preferenziali prestabiliti – corridoi umanitari via aereo – in grado di rendere legale il deflusso di chi proviene da guerre, torture e povertà estrema è difficile che riusciremo mai ad andare oltre la propaganda dei porti chiusi/porti aperti.

    E del resto ci sorprendiamo ancora? Tra dieci giorni toccherà ad altri migranti, e a un’altra capitana coraggiosa.

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