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    “Non trattatemi come un monumento, sono ancora viva”: Michela Murgia saluta i lettori al Salone del Libro di Torino

    Di Giovanni Macchi
    Pubblicato il 19 Mag. 2023 alle 14:33 Aggiornato il 19 Mag. 2023 alle 14:33

    “Non trattatemi come un monumento, sono ancora viva”: Michela Murgia rifiuta ogni atteggiamento compassionevole e si mostra sorridente alla seconda mattinata del Salone del Libro 2023, dove è intervenuta per la presentazione del suo ultimo libro intitolato “Tre ciotole”. “Quando l’oncologo mi ha dato la notizia del tumore – ha detto – senza mai definirlo come tale, ero sotto morfina. Qualsiasi cosa mi avesse detto sarebbe stata bella. Interiorizzare che è una cosa che fa parte di me mi ha dato la sensazione di poterla gestire. Sono una maniaca del controllo. La cura è un patto tra me e la malattia”. La scrittrice ha recentemente annunciato di avere un carcinoma al quarto stadio con un’aspettativa di vita di alcuni mesi.

    Dal Salone del Libro ha toccato diversi temi, tra i quali il matrimonio: “Sposo l’uomo che amo e che mi ama, ma ci amavamo anche prima. non abbiamo mai sentito la necessità di ufficializzare. Ci sposiamo perché lo Stato prevede che sia un congiunto a prendere le decisioni per me quando sarà il momento. La mia però è una famiglia queer, dove non ci sono ruoli pre definiti, le responsabilità sono fluide. Sembra strano in Italia perché qui siamo molto indietro, ma in altri Stati la riflessione è iniziata da tempo”. Poi, sul governo italiano: “Ribadisco che è un governo fascista. Ma cosa vi aspettate? Che il fascismo bussi alla porta con la camicia nera e con l’olio di ricino? Questo è un governo che porta via i figli alle madri”.

    Su Instagram si è scusata dicendo che non sarebbe stata disponibile per un firmacopie (“decine di contatti ravvicinati ora rappresentano un’esposizione batterica e virale che non posso più permettermi”), ma per i suoi lettori ha riservato una sorpresa speciale: “Stanotte ho firmato tutti i libri, ma ho deciso di fare una cosa: in un certo numero di copie, a caso e non riconoscibili tra quelle disponibili alla fine dell’incontro, ho scritto dentro qualcosa di personale, due righe, un aneddoto, non lo so, li scrivo ora sul letto. Lo so che non sostituisce gli sguardi, le mani, gli abbracci, ma forse restituisce un po’ il senso di quanto manchino anche a me”.

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