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    “Mario ha dato una lezione a tutti, era sereno e convinto. Alla fine abbiamo pianto”: parla l’anestesista Mario Riccio

    credit: ALC
    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 17 Giu. 2022 alle 14:46

    “Eravamo tutti molto tesi, cercavamo di non mostrare la nostra commozione, io ho cercato di mantenere una certa freddezza dato che dovevo svolgere una funzione tecnica, dovevo essere molto preciso e attento a quello che facevamo, la persona più tranquilla che ci ha trasmesso serenità è stata proprio Mario, con convinzione e calma che ci ha tranquillizzati tutti”.

    A parlare è Mario Riccio, 63enne anestesista e dirigente dell’Associazione Luca Coscioni che ieri ha supervisionato l’autosomministrazione del farmaco letale per Federico Carboni, sinora noto come “Mario”, il 44enne marchigiano (di Senigallia), ex camionista, tetraplegico da 11 anni in seguito a un incidente stradale che è ricorso al suicidio medicalmente assistito.

    “In quelle ore Mario è stato un riferimento, eravamo tutti un po’ emozionati. Abbiamo tutti pianto alla fine, chi più visibilmente chi meno. Ci ha un po’ redarguiti dicendo ‘mi raccomando quando parlerete di me fatelo sempre con un sorriso, non lasciate un ricordo triste della giornata’. È stata una grande lezione di vita. Il nostro è un Paese molto strano, abbiamo un ragazzo che ha dato una lezione a tutti noi, anche a figure autorevoli, da chi si opponeva e si oppone a una legge che regolamenti la morte legalmente assistita. Federico (vero nome di Mario ndr.) mi è sembrata una persona molto forte”.

     

    Era consapevole dell’importanza di quello che stava facendo?
    Fortemente consapevole, lo esprimeva con una semplicità maggiore di persone più titolate.

    Ci spiega come funziona il farmaco e la procedura?
    In maniera semplicissima. Esattamente come succede con l’anestesia generale, si mette una flebo, ma non c’era qualcuno che iniettava il farmaco, sarebbe stato un omicidio consenziente, doveva essere lui ad autoiniettarsi il farmaco.

    Come ha fatto?
    Ha premuto su un pulsante della pompa infusionale, un’apparecchiatura dove passa il circuito della flebo che ha una specie di porta, si imposta la velocità di infusione e per far passare il farmaco si deve schiacciare un bottone: cosa che ha dovuto fare lui. Da lì, essendo il dosaggio massimale, si è addormentato in pochi secondi e nel giro di un minuto e mezzo c’è stato l’arresto respiratorio. Alle 10.55 ha schiacciato il pulsante, alle 11.05 io ne ho certificato il decesso.

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