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    “La mafia nigeriana non c’entra nulla coi barconi: serve più accoglienza per smontare le bufale dei sovranisti”

    Foto di repertorio

    Intervista a Leonardo Palmisano, sociologo dell’Università di Bari

    Di Giulio Cavalli
    Pubblicato il 11 Ott. 2019 alle 12:54 Aggiornato il 11 Ott. 2019 alle 14:28

    Si fa un gran parlare (spesso a sproposito) di mafia nigeriana: i sovranisti di casa nostra insistono nel dirci che sia il risultato degli arrivi “con i barconi” e che sia il risultato dell’immigrazione incontrollata. Qualcuno ne parla dimenticando le nostre mafie.

    Per fare chiarezza ne abbiamo parlato con Leonardo Palmisano, sociologo dell’Università di Bari, che nel suo ultimo libro “Ascia nera” (Fandango Libri) ha analizzato il fenomeno. TPI l’ha intervistato.

    Si fa una gran parlare di mafia nigeriana come pericolo dovuto agli sbarchi. Quanto c’è di vero in questa affermazione?

    Si fa un gran parlare a sproposito di mafia nigeriana e con gli sbarchi c’entra ben poco. La mafia nigeriana si insedia in Europa, partendo dall’Inghilterra, nella prima metà degli anni ottanta, penetrando nello spaccio di strada dell’eroina.

    Solo successivamente entra nel sistema dello sfruttamento della prostituzione, dove c’è grande domanda di sesso a pagamento, come in Italia. Gli schiavi e le schiave arrivano adesso via mare, i capi europei sono in Ue da decenni e certamente non rischierebbero la vita su un barcone.

    Tra i “miti” ci sono anche il cannibalismo e i riti propiziatori…

    Il cannibalismo è una bufala a cui crede soltanto qualche fonte antropologo di destra. La ritualità ha un solo fine: garantire la tenuta del gruppo mafioso sul piano simbolico, in assenza di un legame di sangue. Altrimenti come si spiegano i rituali di affiliazione tipo il Play Hit, dove un avversario deve essere ucciso?

    E non ci si spaventi dell’uso delle armi da taglio, come per i nonni di Ndrangheta, l’arma da taglio è un’arma a basso costo e molto efficace. In Africa le armi da fuoco sono troppo costose perché possano passare facilmente di mano in mano.

    I coltelli, invece, sono dappertutto. E non solo in Africa. Uno dei due studenti statunitensi che hanno ammazzato un carabiniere a Roma aveva l’abitudine di girare armato di coltello, nella sua città negli Usa.

    Qualcuno dice che la mafia nigeriana colonizzerà il Paese. È possibile?

    Non è possibile colonizzare un Paese, nessuna mafia ci riuscirà mai. La mafia nigeriana ha un vantaggio, la grande forza demografica, e uno svantaggio, in Ue è la Ndrangheta il protagonista assoluto del rapporto tra potere e crimine.

    In Africa sono già egemoni, i nigeriani. Sarà lì che rischiano di accaparrarsi tutto. In Italia lavoreranno nei mercati di base del crimine, quelli a più alto rischio di arresto: spaccio, racket, sfruttamento della prostituzione. La finanziarizzazione avviene, ma non ha un effetto sul territorio italiano. Serve a corrompere il governo nigeriano con uno strepitoso giro di tangenti.

    Come smontare la retorica dei sovranisti?

    Semplice. Basta usare un teorema caro alla sociologia, quello di Thomas. Una situazione considerata reale, produce effetti reali. Questa profezia dice che se i sovranisti continueranno a pensare che tutti i nigeriani sono dei balordi, l’esclusione sociale che ne discende crea i presupposti per favorire il crimine nigeriano. È una storia vecchia quanto il mondo, ci siamo passati anche noi italiani negli Usa.

    Quali strumenti servono invece per combatterla?

    Accoglienza diffusa, più Sprar, aprire i centri urbani a tutti gli stranieri senza distinzione di provenienza. E smetterla di pensare che un migrante economico è diverso da uno politico. Sono tutti esseri umani in cerca di speranza, e se non è l’Ue a dare speranza, chi la deve dare?

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