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    “La scuola fa schifo”: parla lo studente della maglietta. “Con TikTok arrivo anche a chi odia la politica. Forse solo Calenda parla ai giovani”

    Di Marta Vigneri
    Pubblicato il 28 Giu. 2022 alle 16:27

    Si chiama Francesco Intrauglielmo, ha 19 anni e vive a Enna. Sta affrontando l’esame di maturità scientifica e durante le prime due prove scritte ha fatto parlare di sé per essersi presentato a scuola con una maglietta. “La scuola italiana fa schifo”. Ne ha ordinate tre, una per prova, confessa a Tpi, perché avevo paura che si scolorissero“. “Avevo avvisato i docenti preventivamente, ma nessuno di loro si aspettava che il mini flash mob avesse un riscontro mediatico così grande”. E cioè che Francesco, che su Instagram vanta oltre 4mila follower, mandasse comunicati stampa e pubblicizzasse tutto su Tik Tok, dove il movimento che ha fondato a settembre “Rivoluzioniamo la scuola” ha avvicinato milioni di studenti normalmente lontani dal mondo dell’attivismo ai temi che li riguardano, dall’alternanza scuola lavoro all’esame di maturità. E non solo.

    Francesco però della politica non vuole saperne niente, e non si riconosce in nessun partito. Nemmeno in quello di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, con cui condivide l’idea che la bocciatura andrebbe abolita perché “se andiamo a guardare i dati ci rendiamo conto che il 55 per cento degli studenti che vengono bocciati abbandonano la scuola, e la maggior parte sono quelli che appartengono a famiglie più svantaggiate, che non hanno risorse per affrontare un’esperienza traumatica”, spiega. “Meloni l’ha detto dopo di noi”, ricorda.

    E aggiunge: “Il movimento che ho fondato non ha legami con nessun partito politico, ci occupiamo solo di scuola, a differenza di altre associazioni studentesche non abbiamo un orientamento”. Alle manifestazioni di gennaio contro il ripristino della prova scritta all’esame di maturità hanno preso parte, perché condividevano quella battaglia. Ma a differenziarli dagli altri movimenti storici e più orientati politicamente è anche il mezzo che hanno scelto per raccogliere adesioni, Tik Tok, utile perché chi abita in provincia e normalmente non ha accesso a quel tipo di informazioni.

    “Abbiamo portato avanti le nostre battaglie su piattaforme in cui prima questi contenuti non arrivavano. Molte persone che normalmente non frequentano i collettivi , le fasce di persone non toccate dall’attivismo scolastico sono state coinvolte per la prima volta, e anche quelle che magari hanno disgusto per la politica. Si sono uniti a un movimento che si è presentato come scollegato da quelle ideologie che governano il dibattito pubblico. Tik tok è conosciuto per balletti e cose stupide, è vero che c’è molto di quello ma siamo riusciti a trovare un modo simpatico per comunicare idee e messaggi importanti a un pubblico a cui non saremmo mai arrivati in altro modo”

    “Siamo convinti che ci debba essere un consenso trasversale – aggiunge – se si affronta il dibattito sulla scuola in schieramenti e secondo le linee di partito si rischia di banalizzare il discorso e distorcere la realtà per inseguire una narrativa”. Ne è un esempio il dibattito sull’alternanza scuola-lavoro. “È sbagliato per esempio dire che bisogna abolire l’alternanza scuola lavoro, se un ragazzo intraprende da giovane un percorso professionale è chiaro che gradualmente deve essere inserito nel mondo del lavoro, ma non si possono ignorare i casi di sfruttamento che ci sono stati segnalati durante l’anno. Le visioni sono polarizzate, servirebbe mediare”, precisa.

    Per questo non ha idea di chi voterà alle prossime elezioni politiche, ma Carlo Calenda e il suo partito, forse, potrebbero aver qualche chances, perché “trasmettono la sensazione di occuparsi di scuola” e utilizzano una comunicazione che parla anche ai giovani. “A livello comunicativo Azione dà più risalto ai temi giovanili e trasmette la sensazione di occuparsene di più. Un fatto confermato dai sondaggi: è uno dei partiti che ha la percentuale più alta tra i giovani, ma le proposte non sono concrete. Guardando al programma si parla delle solite cose. Mi aspettavo un posizionamento più serio, ma in alcune dichiarazioni ha suggerito di abolire istituti tecnici e professionali e far fare a tutti il liceo, banalizzando la scuola”, osserva. Potrebbe votarlo solo con un programma diverso, conclude.

    Ora Francesco sta studiando per l’orale del 6 luglio, al quale deve arrivare preparatissimo per evitare critiche da parte dei professori, perché anche in quella occasione si presenterà con la famigerata maglietta, l’ultima della serie, che ha deciso di indossare per “manifestare il disagio di milioni di studenti italiani”. “Durante la pandemia sono venuti a galla tutti i problemi, siamo stati tra i Paesi che ha fatto più dad in Europa e molte volte non c’era motivo di chiudere le scuole. Scelte politiche che hanno danneggiato intere generazioni di studenti”. Con il suo gesto, spiega,”non ha attaccato la maturità ma tutta la scuola italiana” perché “normalmente si fa solo polemica sulla maturità, ma non è quello il punto, il tema è una riforma generale”.

    “La scuola italiana fa schifo” per tanti motivi: primo tra tutti, il personale demotivato e mal pagato. “Ho conosciuto tantissimi presidi e professori che utilizzano metodologie didattiche innovative, ma l’insegnamento non può essere visto come una missione. Ci devono essere gratificazioni al lavoro delle persone e se si va a guardare ai dati ci si accorge che il salario in ingresso dei docenti è simile a quello degli insegnanti di tutta Europa, ma in Italia non c’è progressione. Negli altri Paesi europei puoi ricevere aumenti di salario anche per merito non solo per anzianità, in Italia non c’è nemmeno una vera e propria progressione nella carriera, quando si potrebbero introdurre sistemi di valutazione di docenti e presidi. Questa è la prima cosa che farei”, dichiara. Poi, l’organizzazione del percorso formativo.

    “Immaginiamo anche una scuola più flessibile dove scegliere gradualmente con il crescere della maturità le materie a scelta. Un sistema dove non scegli a 14 anni l’indirizzo, ma in cui entri nella scuola superiore con materie obbligatorie e hai tempo per selezionarne altre a scelta con il passare degli anni, più diventi grande più puoi sceglierne o cambiarle di anno in anno”. Lui però l’anno prossimo inizierà l’università: Economia a Roma, dove seguirà un corso “che segue il modello anglosassone”, perché vuole affrontare un percorso non gli va proprio a genio. Se la scuola italiana “fa schifo”, è corso ai ripari per l’università.

     

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