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    Hotel in lutto: i soldi del governo non arrivano, e per gli albergatori italiani ora è dramma

    Di Luca Telese
    Pubblicato il 11 Apr. 2020 alle 15:07 Aggiornato il 11 Apr. 2020 alle 15:28

    Sul ponte sventola bandiera nera. Attenti, che questi alberghi a lutto sono un monito, per tutti noi. Sono stati la casa di tutti, almeno una volta, quindi sono anche le nostre case, per sempre. Guardate queste immagini. Drappi e lenzuola nere su palazzi, finestre e portoni. Paramenti surreali, dove prima c’erano gli stendardi dei mille paesi del mondo, i simboli della modernità di un pianeta pre-Covid dove si viaggiava senza confini, sostituiti con i simboli del lutto. Guardate ora questi neri drappi, e immaginatevi che anche di noi si parla. Noi viaggiatori di un tempo, oggi confinanti di una stagione senza tempo. Noi italiani senza nulla da fare, ma anche, inesorabilmente, senza vacanze. Noi, quelli del mese al mare, o del fine settimana, del turismo intelligente, o stupido, che poi sono la stessa cosa: libertà di scegliere e viaggiare. Tuttavia questa civilissima protesta non è una protesta contro il virus, o almeno non solo contro il virus. È una protesta che avvampa in Sardegna, è da lì parte, ma che arriverà ovunque, perché il turismo è il settore più colpito, ma da un virus più temibile del Corona, quello della burocrazia che azzera gli aiuti.

    Spiega Giuliano Guida, vicepresidente federalberghi Sud Sardegna: “Il meccanismo che è stato messo in piedi non funziona. Anche perché le leggi e i regolamenti bancari non sono stati sospesi”. Ed ecco dunque cosa succede nella realtà: “Al totale dell’importo erogabile le banche sottraggono la liquidità non mutuale o chirografaria già concessa”. Il che significa, per esempio, che tolte le rate dei mutui, se come molti esercenti hai già da 30mila a 50mila euro di scoperto sul conto, sottraggono all’ammontare del tuo potenziale prestito questa disponibilità. Il decreto infatti consente, per i piccoli, un finanziamento garantito al 100%, sottoposto a valutazione di merito della banca (cioè legato a bilancio e prevedibile andamento degli affari futuri) nella misura massima del 25% del bilancio degli anni precedenti. Le banche, dunque, comunicano in queste ore il loro orientamento: operano una vera propria valutazione, autonoma e inappellabile e possono negare il prestito o ridurne l’ammontare secondo i loro criteri. La procedura di valutazione avviene come sempre avveniva, poiché nessun decreto ha revocato o sospeso il testo unico bancario né le norme di vigilanza.

    Ed ecco come si declina questo meccanismo folle. Nel caso di Guida il conto è questo: “Il mio bilancio 2019, 900mila euro. Il massimo erogabile, dunque, 240mila. Ma la banca valuta insindacabilmente che non possa avere più di 80mila euro. Il normale scoperto di cassa che avevo – spiega il vicepresidente – era già di 60mila. Poi c’erano già affidamenti, carte di credito per 10mila euro. Poi ci sono spese bancarie per 2mila euro”. E così, cifra dopo cifra, il conto è presto fatto: “A loro la garanzia al 100%. Totale a me? 8mila euro”. Il problema degli esercenti dunque diventa enorme. Dipendenti che sono teoricamente in cassa integrazione (ma fra l’altro non hanno visto un centesimo). Costi di gestione altissimi (anche in caso di chiusura) da continuare a sostenere. E poi una prospettiva nera almeno come quei drappi. Spiega il vicepresidente di Federalberghi: “Per noi la prospettiva di ritorno alla normalità è quella della prima stagione di cui potremo godere dopo il vaccino. Quindi, ad essere realistici, la primavera del 2022”. E da questa considerazione la domanda amarissima: “Come si campa con 2mila euro se va bene, fino al 2022?”. Parole sante, bandiere nere.

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