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    “A 23 anni per il Covid ho perso 2 lavori e non posso pagare l’affitto. L’Italia abbandona i giovani”

    TPI ha intervistato Giona Grimaldi, giovane napoletano che sui social ha lanciato il suo grido alle istituzioni con un video diventato virale: "Ho passato l'inferno, come tanti altri ragazzi a cui questo Paese non dà opportunità"

    Di Marta De Vivo
    Pubblicato il 4 Gen. 2021 alle 07:04 Aggiornato il 4 Gen. 2021 alle 11:17

    Si chiama Giona e ha 23 anni, nato e cresciuto a Napoli, ha sempre lavorato e studiato. Proprio quando stava per diplomarsi al Conservatorio di Musica di San Pietro a Majella di Napoli, per via del Covid ha perso il lavoro di magazziniere: è rimasto quasi un anno senza lavorare, a settembre era riuscito a trovare un posto come grafico in un negozio, ma a causa della seconda ondata ha perso di nuovo la sua occupazione.

    Non ha mai ricevuto un vero sussidio da parte dello Stato e il Conservatorio non gli ha mai dato una borsa di studio, non ha un reddito e vive da solo. Giona, dopo il suo video di denuncia ricondiviso migliaia di volte sui social e la sua campagna GoFundMe che in poche ore ha raccolto quasi 3.000 euro, ha un unico obiettivo: vuole essere la scintilla di un vero cambiamento.  Lo ripete quasi come un mantra: nessuno deve essere lasciato solo.

    Giona, come inizia la tua storia?

    Sono nato a Napoli, vengo da una famiglia di musicisti, mia madre era una pianista. Ho cominciato ad appassionarmi alla musica proprio grazie a lei, suonava e io la ascoltavo sempre, poi quando avevo 7 anni è morta di tumore al cervello e sono rimasto solo. Studiavo per non dar fastidio a nessuno, ho fatto il liceo scientifico e a 12 anni sono entrato in Conservatorio.

    Dopo la morte di mia madre ho sofferto di anoressia e depressione per 2 anni, poi c’è stata una ripresa, ho scoperto la passione per il pianoforte e il canto, fino a quel momento avevo sempre suonato solo il flauto. Ho subito cominciato a produrre canzoni (mai pubblicate), ad oggi siamo a 2 mesi da quando riceverò il mio diploma dopo ben 10 anni di studio presso il Conservatorio di Musica di San Pietro a Majella.

    Cosa ti ha spinto a fare quel video di denuncia che poi è esploso sui social?

    Il 2020 è stato catastrofico per me, nel 2018 sono andato a vivere da solo, progettavo di aprire il mio studio. Poi si è sgretolato tutto, ho cercato in tutti i modi di lavorare e continuare a studiare, sono finito che non riuscivo nemmeno a mangiare, razionavo il cibo, non potevo pagare l’affitto e neanche le bollette. A 22/23 anni sentirsi dei falliti non è giusto, non è così che dovrebbe essere.

    Dobbiamo dare speranza alle persone, ho passato l’inferno, fino a settembre , quando avevo finalmente trovato lavoro, per poi perderlo di nuovo. Qualche giorno prima del video, a due mesi da un cammino di 10 anni, ho cominciato a vedere tutto sgretolarsi. Prima di quel video, mi sono messo a piangere, ero disperato. Poi mi sono detto che io avevo una voce, avevo un microfono, potevo fare qualcosa, dopo il video ho capito che non sono solo, tantissimi altri ragazzi sono nella mia stessa situazione.

    Non mi aspettavo questa diffusione pazzesca, credo che sia dovuto al fatto che quel video era sincero, al primo take l’ho pubblicato, era un dolore vero, genuino, questo è arrivato.

    Perché non riusciamo a dare ai nostri giovani le possibilità per realizzare i loro sogni

    In Italia non abbiamo solo un patrimonio culturale ma anche un patrimonio di talenti. Purtroppo il talento, insieme ai nostri monumenti, non viene affatto tutelato. Mio fratello, con il quale ormai non sono più in contatto, qui a Napoli lavorava come chef, poi è andato a Monaco e si è realizzato, ha aperto un suo ristorante. I giovani sono una risorsa, non un problema. Io spero che nessuno debba ridimensionare i propri sogni. Ridimensionare un sogno è già annullarlo.

    Tanti ragazzi ti hanno detto di essere nella tua stessa situazione, qual è il primo consiglio che hai dato loro?

    Qualsiasi mezzo che abbiamo a nostra disposizione, dobbiamo utilizzarlo, subito. Io ho già arrangiato delle mie canzoni anche se nessuno mi ha mai chiamato o chiesto di farlo, spesso si aspetta la chiamata, l’opportunità. Ma prima bisogna fare qualcosa. Bisogna usare il proprio tempo, il proprio talento, tutto ciò che si ha a disposizione, muoversi e non stare mai fermi. Sai cantare? Canta. Sai scrivere? Scrivi. L’opportunità arriverà.

    Ho notato una distinzione tra il tuo modo di fare musica e quello invece più prettamente commerciale, hai una connessione molto particolare con la musica, cosa significa questo per te?

    La musica è il mio modo di esprimermi, un vero e proprio linguaggio. Non deve essere commerciale, ma aperta a tutti, è un modo per esprimere quello che hai dentro, non è vendere qualcosa. Quando vedo artisti così impacchettati nella “vendita” e nel loro personaggio mi dispiace molto, credo che quando non hai molto da dire devi occuparti di abbellire quello che hai. La vita stessa è vera essenza, non è abbellita, è cruda così com’è.

    I cantanti di oggi vanno spesso avanti grazie al loro personaggio, mentre per me essere cantanti vuol dire anche esporre il proprio dolore, raggiungere le persone. Togliere le maschere è il vero modo che abbiamo per arrivare alle persone, che non hanno bisogno di maschere, hanno bisogno di libertà.

    Qual è la cosa più importante che l’Italia dovrebbe cominciare a fare da oggi per aiutare i giovani?

    Salvaguardare i loro sogni. È la cosa più importante, il sogno del giovane è il vero e unico motore della visione. Senza visione non c’è crescita, la visione è il motore di una nazione, non c’è cammino senza di quella e se non si sa dove andare, non si va da nessuna parte.

    Leggi anche: I giovani dimenticati dal Governo: nel Recovery Plan zero proposte per le nuove generazioni

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