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    L’ex magistrato Gherardo Colombo: “Il carcere va abolito. Non è in coerenza con la Costituzione”

    Di Niccolò Di Francesco
    Pubblicato il 4 Mag. 2020 alle 19:17

    L’ex magistrato Gherardo Colombo: “Il carcere va abolito”

    “Il carcere va abolito”: sono le dichiarazioni, destinate a far discutere, dell’ex magistrato Gherardo Colombo, intervistato dall’Huffington Post. Secondo l’ex pm di Mani Pulite, che ha raccolto il suo pensiero nel libro Il perdono responsabile. Perché il carcere non serve a nulla, “il carcere, così com’è, non in coerenza con la Costituzione. L’articolo 27 della Costituzione dice che ’le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità’. Eppure, basta mettere piede in qualsiasi penitenziario italiano, salvo rare e parziali eccezioni, per rendersi conto che le condizioni in cui vivono i detenuti lo contraddicono scandalosamente”. Da qui, quindi, la convinzione che “Il carcere così com’è oggi, in Italia, è da abolire. Non faccio nessuna fatica a dirlo. Conosco l’obiezione e perciò aggiungo: abolire il carcere non significa lasciare chi è pericoloso libero di fare del male agli altri”.

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    Secondo Colombo questo è possibile “mettendo le persone pericolose nella condizione di non esercitare la propria pericolosità. Adottando misure che limitino la loro libertà, ma garantendo il loro diritto allo spazio vitale, alla salute, alla dignità, all’affettività. Andando il più possibile verso misure alternative al carcere”. Una società senza carcere secondo l’ex magistrato si baserebbe “Sull’idea del recupero della relazione con chi commette il reato. Senza la disponibilità a ri-accogliere nella collettività chi ha sbagliato, il tessuto sociale strappato dalla trasgressione della norma non si ricucirà mai. Questo significa il perdono: recuperare il rapporto. Non cancellare il male che è stato fatto. Riconoscendo il dolore della vittima e, per quanto possibile, riparandolo. Fermo restando, lo ripeto, che è necessario mettere chi può fare del male agli altri nelle condizioni di non farlo”.

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