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    Galimberti a TPI: “Nella società dell’efficienza se non sei produttivo non esisti”

    "La razionalità tecnica è diventata il nostro modo di pensare: così amore, dolore, fantasia sono solo elementi di disturbo". Intervista al filosofo Umberto Galimberti

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 2 Dic. 2021 alle 12:42 Aggiornato il 17 Dic. 2021 alle 11:52

    «Le persone sono considerate non più in quanto tali, ma sulla base dei valori della tecnica: efficienza, produttività, velocizzazione del tempo. Il disastro è che la nostra psiche è lenta rispetto alla velocità a cui siamo sottoposti: l’umano non ha la velocità dell’informatica, però è costretto a stare in quella dimensione. Ed è così che studenti e adulti finiscono sotto stress». La diagnosi è quella del filosofo Umberto Galimberti.

    Professore, il ministro Cingolani dice che la scuola deve dare più spazio alle competenze tecniche. È d’accordo?
    «Stimo il ministro, ma non sono d’accordo. Le scuole, dalla prima elementare ai 18 anni, devono formare l’uomo, non trasmettere competenze. Le materie umanistiche, attraverso la letteratura, insegnano una cosa molto importante: i sentimenti».

    Quindi la scuola dovrebbe insegnare i sentimenti?
    «I sentimenti non li abbiamo per natura, li abbiamo per cultura. È con la letteratura che si impara cosa sono il dolore o l’amore. Se aboliamo la formazione dell’uomo, salta la sua capacità di discernere tra i fattori emotivi e i fattori sentimentali».

    E questo cosa comporta?
    «Che i giovani non hanno più la risonanza emotiva dei loro comportamenti: non distinguono più tra il parlar male di un professore e il prenderlo a calci, o tra il corteggiare una ragazza e lo stuprarla…».

    Colpa della scuola?
    «La scuola italiana non educa. Perché non segue i ragazzi in questo percorso emotivo, che diventa enorme, diventa il centro della vita adolescenziale»…
    Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

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