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    Dopo l’inchiesta di TPI i giudici danno ragione alla prima dottoressa non vedente: potrà proseguire gli studi

    Gaia Padovani il giorno della laurea in Medicina

    Gaia Padovani, 34 anni, aveva sostenuto la prova di ammissione per specializzarsi in Psichiatria nel 2019, ma non le furono forniti i necessari supporti previsti per gli studenti disabili

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 29 Ott. 2021 alle 17:07 Aggiornato il 30 Ott. 2021 alle 12:59

    Gaia Padovani, la prima studentessa completamente non vedente laureata in Medicina e ammessa alla Scuola di specializzazione in Italia, non dovrà ripetere la prova di ammissione e potrà quindi proseguire per il momento il percorso di studi in Psichiatria avviato due anni fa. A deciderlo è stato il Consiglio di Stato, che oggi ha sciolto la riserva sul caso, sospendendo la sentenza del T.A.R. del Lazio che aveva ordinato la ripetizione della prova, prevista dal Ministero dell’Università e della Ricerca per il giorno 4 novembre, con un preavviso minimo di circa 20 giorni.

    Gaia Padovani, 34 anni, aveva sostenuto la prova di ammissione per specializzarsi in Psichiatria nel 2019, ma non le furono forniti i necessari supporti previsti per gli studenti disabili. “Il Consiglio di Stato, con ordinanza motivata”, ha detto l’avv. Michele Bonetti dello Studio Legale Bonetti&Deli “oltre a sospendere la sentenza del TAR Lazio ha sottolineato il rischio di dover interrompere il proficuo percorso di studi della dott.ssa Padovani, auspicando una rivalutazione complessiva della posizione dell’interessata”.

    L’avvocato Bonetti aggiunge: “Auspichiamo che il giudizio non prosegua nella naturale fase di merito calendarizzata già per l’anno 2022 e che le Istituzioni si facciano carico di questa situazione, così come auspicato dalla Giustizia Amministrativa di ultimo grado, sanando la posizione della ricorrente”.

    “È stato affermato il diritto allo studio e il diritto al lavoro, costituzionalmente garantiti”, prosegue il legale “e non possiamo non sottolineare l’abnormità di questo imbuto formativo a numero chiuso per i giovani medici, che risulta ancor più ingiusto in piena pandemia, ove vengono lasciati posti disponibili (come dedotto dal Consiglio di Stato) anche con grave danno all’erario dello Stato”.

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