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    Fondazione Gimbe, cos’è e cosa fa l’organizzazione che parla di dati “aggiustati” in Lombardia

    Medici in corsia. Credit: Ansa

    Le principali informazioni sull'organizzazione indipendente

    Di Donato De Sena
    Pubblicato il 28 Mag. 2020 alle 17:29

    Cos’è la Fondazione Gimbe

    Non ha fini di lucro e si pone come obiettivo quello di favorire la diffusione e l’applicazione delle migliori evidenze scientifiche con attività di ricerca, formazione e informazione scientifica. È la Fondazione Gimbe (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze), l’organizzazione indipendente che oggi, giovedì 28 maggio, accusa la Regione Lombardia duramente colpita dall’epidemia di Coronavirus di aggiustare i dati sul contagio.

    Gli obiettivi

    Nata nel 1996 per diffondere in Italia la medicina basata su prove di efficacia la fondazione precisa di vedere come fine della sua azione quello di “migliorare la salute delle persone e di contribuire alla sostenibilità di un servizio sanitario pubblico, equo e universalistico” e lo scopo viene raggiunto – si ancora legge sul sito – attraverso specifiche linee sinergiche di azione. Gimbe è impegnata a interagire con gli organi politico-istituzionali (“al fine di garantire a tutte le persone il diritto alla tutela della salute, ridurre iniquità e diseguaglianze, mettere la salute al centro di tutte le politiche” e “ottenere il massimo ritorno di salute dalle risorse investite in sanità”) e lavora per favorire l’integrazione delle migliori evidenze scientifiche in tutte le decisioni professionali, manageriali e politiche che riguardano la salute delle persone.

    Cosa fa, le ricerche

    La Fondazione Gimbe è stata molto attiva nel corso della pandemia di Covid-19 in Italia, in particolare con studi sulla correlazione tra maggior monitoraggio della popolazione e riduzione degli accessi agli ospedali, osservando ogni settimana gli andamenti di contagi e ospedalizzati. Con un report diffuso una fine aprile la fondazione aveva indicato quattro Regioni italiane (Lombardia, Piemonte, Liguria e la provincia autonoma di Trento) ancora nel pieno della fase 1 quindi ancora non pronte ad affrontare le riaperture graduali.

    La polemica con la Lombardia

    Rilievi che vengono riproposti oggi, a pochi giorni del riavvio di spostamenti tra regioni. Secondo l’ultima analisi di Gimbe Lombardia, Liguria e Piemonte non sono pronte per la riapertura totale in agenda dal 3 giugno: un giudizio che arriva in vista anche delle “pagelle” che il comitato tecnico-scientifico comunicherà domani sul rispetto di 21 indicatori di monitoraggio. “La nostra analisi dal 4 maggio sul periodo post riaperture – ha dichiarato oggi il presidente della fondazione Nino Cartabellotta – dimostra che hanno la più alta percentuale di tamponi diagnostici positivi la Lombardia (6 per cento), la Liguria (5,8 per cento) e il Piemonte (3,8 per cento). Al tempo stesso queste Regioni presentano anche il maggiore incremento di nuovi casi e una limitata attitudine a eseguirli, i tamponi: sono poco sopra la media nazionale di 1.343 per 100mila abitanti Lombardia (1.608) e Piemonte (1.675) ed è al di sotto la Liguria, con 1.319 tamponi. È plausibile che aumentando il numero di tamponi i positivi trovati crescerebbero ancora”. Secondo Cartabellotta la soluzione più ragionevole è quella di mantenere le limitazioni attualmente in vigore “solo nelle tre Regioni più a rischio consentendo magari la mobilità tra di esse”.

    Ma le frasi più roboanti il Cartabellotta le ha rilasciate a “24 Mattino” su Radio 24, sostenendo che “si combinano anche magheggi sui numeri”. Rispondendo a una domanda se la Lombardia sia tra le Regioni che “aggiustano i numeri per paura di essere fermate” il presidente della Fondazione ha dichiarato: “La risposta è affermativa, anche perché in Lombardia si sono verificate troppe stranezze negli ultimi tre mesi: soggetti dimessi che venivano comunicati come guariti alla Protezione civile e andavano ad alimentare il cosiddetto silos dei guariti, alternanza e ritardi nella comunicazione e trasmissione dei dati che sarebbe stata giustificata nella prima fase e molto meno ora. Come se ci fosse la necessità di mantenere sotto un certo livello il numero dei casi diagnosticati”.

    Una reazione non si è fatta attendere. Regione Lombardia ha annunciato azioni legali contro il presidente della Fondazione Gimbe accusato di parole “Gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero”. “Regione Lombardia, attraverso il proprio ufficio legale, ha deciso di presentare una querela contro la fondazione Gimbe e il suo presidente Nino Cartabellotta”, si legge in una nota, che spiega che si tratta di “un atto inevitabile”. Sono “accuse intollerabili e prive di ogni fondamento per le quali il presidente di Gimbe dovrà risponderne personalmente. I nostri dati, come da protocollo condiviso da tutte le Regioni, vengono trasmessi quotidianamente e con la massima trasparenza all’Istituto Superiore Sanità”.

    Chi è il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta

    Nino Cartabellotta, nato nel 1965 a Palermo, dove si è laureato in Medicina e Chirurgia e ha conseguito le specializzazioni in Gastroenterologia e in Medicina
    Interna, è uno dei pionieri della pratica basata sulle evidenze. È riconosciuto tra gli esperti più autorevoli di ricerca e sanità in Italia. Per la fondazione cura la pubblicazione annuale del “Rapporto sulla sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale” e coordina l’Osservatorio Gimbe sul Ssn. Insieme
    a 15 esperti mondiali nel campo dell’EBHC ha fondato la International Society of Evidence-Based Health Care.

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