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    Fase 2, Ricciardi: “Se le cose vanno male tra due settimane si richiude tutto. L’emergenza non è finita”

    Credit: Ansa

    Il consigliere per l'emergenza del ministro della Salute che partecipa alle riunioni del Comitato tecnico scientifico mette in guardia gli italiani: "Siamo ancora in bilico, il Paese resta sorvegliato speciale"

    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 4 Mag. 2020 alle 08:14 Aggiornato il 4 Mag. 2020 alle 08:26

    Fase 2, Ricciardi sulla riapertura del 4 maggio

    “Se le cose vanno male tra due settimane si richiude tutto”. Suonano come una minaccia le parole di Walter Ricciardi, consigliere del ministro alla Salute Roberto Speranza che partecipa alle riunioni del Comitato tecnico scientifico, nel giorno di inizio della attesissima Fase 2 anche se l’intento in realtà è quello di mettere in guardia gli italiani e frenare i facili entusiasmi. Perché secondo Ricciardi “l’emergenza non è ancora finita. Dobbiamo avviare un cambiamento culturale per convivere con il Coronavirus”. Far ripartire alcune attività produttive non vuol dire che, infatti, tutti possono tornare in strada. “Siamo ancora in bilico, il Paese resta sorvegliato speciale”, ribadisce il consigliere per l’emergenza del ministro della Salute nell’intervista a Repubblica.

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    Walter Ricciardi sottolinea che “le situazioni che abbassano il distanziamento fisico mettono a rischio la salute di tutti. Ma voglio ricordare che come si è aperto si può anche richiudere. Per farlo abbiamo degli indicatori che ci permettono di prendere misure correttive nel caso di un ritorno dell’epidemia. Le chiusure se le cose vanno male avvengono automaticamente”.

    “Restiamo in una fase rischiosa – aggiunge – anzi certe regioni sono ancora in piena Fase 1. Quindi riapriamo quello che va riaperto come dice il piano, in modo graduale e funzionale alle esigenze del Paese. Per il resto bisogna restare ancora a casa”.

    Ricciardi sottolinea che il virus “si sta specializzando. Ha imparato da alcuni errori dei suoi predecessori. Si diffonde, diversamente ad esempio della Sars, grazie agli asintomatici, quindi prima che la malattia si manifesti, ai lievemente sintomatici, ai casi conclamati e anche a chi è guarito clinicamente, cioè non ha più alcun problema di salute. Non tutti hanno capito che bisogna aggredire complessivamente questi quattro stadi per non farlo circolare”.

    Ma quanto ci vorrà a capire se le cose vanno male? Ricciardi avverte: “Due settimane, è il tempo dell’incubazione ma anche dello sviluppo dei primi casi secondari. In quei 15 giorni si vedrà se la malattia torna a diffondersi in modo esponenziale”.

    Dello stesso parere è il professore Massimo Galli, primario di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, “Se non stiamo attenti dopo la riapertura dovremmo richiudere: sarebbe il disastro“, dice in un’intervista a SkyTg24.

    “Quelli come me finiranno un giorno per essere odiati perché, ricordiamo, l’emergenza non è affatto finita”, dichiara l’ormai noto infettivologo chiarendo che “si sta cominciando a vedere la luce” grazie ai “provvedimenti” e al fatto che tutti fossero in casa. Ma, ha aggiunto Galli, “tutti fuori senza tutte le debite protezioni vuol dire cercarsi guai: è una bellissima giornata, tutti non ne possiamo più di stare in casa da così tanto tempo” ma “francamente le precauzioni ci vogliono”, ha concluso.

    Parlando poi dei nuovo casi di contagio, il professor Galli ha spiegato che si tratta di “persone o infettate in casa o che avevano l’infezione prima dei decreti chiusura. “Il problema esiste” e “siamo costretti ad avere grandi precauzioni ancora e ad essere assolutamente responsabili”.

    “Dobbiamo riuscire a convivere con questa realtà, altrimenti rimaniamo bloccati in una situazione economicamente disastrosa” e per farlo serve “una cultura della responsabilità individuale, che diventa poi collettiva”, spiega Galli, ricordando che “se non si è più che attenti” e dopo la riapertura si deve richiudere sarebbe “il disastro: mi auguro francamene di no, ma il dato di fatto è che ci vuole veramente attenzione e la partecipazione di tutti”.

    “Stiamo cercando di riaprire la nostra società alle attività che ha sempre fatto – ha concluso – ma dobbiamo sapere che questa riapertura deve essere consapevole e intelligente, non andiamo a cercarci altri guai”.

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