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    Roma, ispezioni di polizia sui bus solo a persone di colore. I testimoni: “Controllavano uomini e donne neri, ci hanno detto di non fare domande”

    Credit: ANSA/ETTORE FERRARI

    Le segnalazioni da diversi testimoni all'associazione Alterego-Fabbrica dei diritti. TPI li ha contattati per farsi raccontare cosa è successo

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 21 Feb. 2019 alle 10:02 Aggiornato il 5 Giu. 2019 alle 10:57

    “Sono stata fermata in autobus più o meno sette volte, e un’altra volta sono stata fermata all’altezza dell’uscita della metro Malatesta”. Stefania, studentessa 22enne, è una delle persone che hanno assistito agli episodi di ispezioni nei confronti delle persone di colore sui bus della Capitale. Nelle ultime settimane, le segnalazioni si sono moltiplicate. A raccoglierle, a partire dalla fine di gennaio, è stata l’associazione Alterego – Fabbrica dei diritti, che da anni offre assistenza legale ai migranti nella Capitale.

    Quello che accomuna le ispezioni, oltre al fatto che si svolgono sui mezzi pubblici o nelle vicinanze delle fermate degli autobus, e che riguardano solo persone di colore, è che chiunque abbia provato a chiedere spiegazioni dice di essere stato invitato ad allontanarsi o a tenere per sé le sue domande e, in un caso, di aver ricevuto una minaccia di denuncia dagli agenti.

    “Era un sabato e intorno alle 19 mi trovavo sul tram numero 5 diretto a Termini”, racconta lo studente Francesco Armenio a TPI, che lo ha contattato telefonicamente. “Sono sceso a Porta Maggiore e mi sono accorto che c’erano sei o sette agenti di polizia che sono saliti a bordo del tram e hanno iniziato a controllare tutti gli uomini di colore che avevano una borsa. Facevano aprire loro la borsa, senza specificare un motivo, e – che io abbia visto – senza un mandato di alcun tipo. Ne hanno controllati alcuni, cinque o sei, e poi ne hanno fatto scendere uno per identificarlo”.

    “Quando hanno fatto scendere questo ragazzo io mi sono avvicinato per vedere cosa stesse succedendo. Mi si è avvicinato un agente che mi ha detto di allontanarmi, perché era in corso un’operazione di polizia. Io mi sono rifiutato, dicendo che stavo là senza intralciare nulla, semplicemente a controllare in quanto cittadino. Quasi immediatamente mi è stato chiesto il documento, che ho dato all’agente di polizia, e ho chiesto spiegazioni rispetto al fatto che stessero controllando solo le persone di colore che passavano da lì. Inizialmente hanno detto che non erano tenuti a dare informazioni rispetto all’indagine che stavano portando avanti. Quando ho insistito, tutti quanti si sono staccati dal ragazzo, eccetto una persona, e sono venuti abbastanza minacciosamente verso di me. Poi ho iniziato a parlare, a far presente che secondo me quello che stavo vedendo era un atteggiamento razzista e loro hanno detto testualmente che ‘ogni extracomunitario che transitava in qualsiasi momento per Porta Maggiore per loro era passibile di sospetto di attività illecite’. Senza specificare di quali attività illecite si trattasse”.

    “Ho chiesto spiegazioni perché mi ha colpito molto quell’atteggiamento”, racconta Francesco. “L’ho reputato da subito ingiusto e assurdo, ingiustificato. Un controllo così evidentemente senza motivo e solo determinato dal colore della pelle di chi veniva controllato”.

    “Il ragazzo è stato lasciato andare senza alcun addebito. Io sono stato minacciato di denuncia, per aver detto che a mio avviso quel tipo di atteggiamento era figlio di una posizione politica del ministro Salvini razzista rispetto ai cittadini migranti. Questo non ha avuto conseguenze fino ad adesso, ma comunque è abbastanza inquietante che degli agenti minaccino un cittadino che ha semplicemente chiesto informazioni ed espresso opinioni politiche nei confronti di un ministro. Mi sembra che siamo ancora in un regime di libertà d’espressione, quindi sono rimasto abbastanza colpito”.

    “Dopo aver pubblicato il post su Facebook in cui raccontavo questa storia”, prosegue Francesco, “ho iniziato a ricevere dei messaggi di persone che mi dicevano quanto questa pratica sia comune e diffusa. Per me era la prima volta, non l’avevo mai visto. Però sentendo in giro mi pare che vada avanti da un po’ di tempo. Sono anni che capitano perquisizioni a stranieri sui treni o sugli autobus, ma certo con questo dispiegamento di forze personalmente non l’avevo mai visto. Mi sembra che ci sia un cambiamento di atteggiamento da parte delle forze dell’ordine. So che nella tratta che va da Porta Maggiore, Prenestina, Pigneto, Tor Pignattara è una cosa che succede molto spesso”.

    Ispezioni razziste sui bus | Il racconto di Stefania

    Stefania racconta di essere stata controllata sui mezzi più volte.

    “Due giorni dopo l’approvazione alla Camera del decreto sicurezza vedo questi episodi in cui la polizia sale all’inizio di via Portonaccio, sul 409, e perquisisce un ragazzo nero, solo lui. L’autobus viene fermato indipendentemente dalla fermata, durante la corsa, salgono questi due agenti in divisa, perquisiscono lo zaino, non gli trovano niente, scendono e tutto prosegue. Il ragazzo era sorpreso dalla veemenza con cui sono saliti gli agenti, ma non c’è stata colluttazione o nulla di violento”, racconta a TPI, dopo aver denunciato quanto accaduto anche ad Alterego.

    “Circa due settimane dopo la perquisizione avviene a largo Preneste. Salgono cinque agenti in borghese e iniziano a perquisire tutte le persone nere con uno zaino o una borsa molto capiente. La cosa va avanti per tre mesi, anche tuttora capita che all’ora di punta serale, nel tragitto che da via Tiburtina, all’altezza del Casilino, all’altezza di Malatesta e di largo Preneste possa avvenire una perquisizione di questo tipo”.

    “Anche a me personalmente è capitato”, racconta Stefania. “Inizialmente sono stata fermata a piazza di Malatesta, dove mi hanno chiesto i documenti e di vedere la borsa. Dopo che hanno visto che avevo la cittadinanza italiana mi hanno lasciata andare. Invece i controlli dentro l’autobus non avvengono con richiesta di documenti, si limitano a perquisire semplicemente le borse e ti lasciano andare. Prima perquisivano solo uomini, adesso uomini e donne. Nell’ultima settimana per qualche strano motivo solo donne. Però tutti di etnia riconducibile a quella africana”.

    “Dopo un po’ io ho provato a chiedere informazioni. Alcuni agenti mi hanno risposto e altri no. Dopo che alcuni signori in autobus si erano lamentati e io avevo spiegato che era ormai la quinta volta che venivo controllata, un agente si è avvicinato a me e mi ha detto: sono tre mesi che stanno facendo questa operazione, in questi tre mesi abbiamo trovato 3 persone che avevano dell’hashish, quindi l’operazione stava funzionando. L’ultima volta invece non mi hanno dato risposta, mi hanno detto che queste cose non si possono dire. Solo che mi pare molto strano che in un’operazione antidroga controllino solo persone di etnia africana. I nordafricani non vengono fermati, i cinesi non vengono fermati, persone riconducibili all’etnia indiana o del Bangladesh non vengono fermati”.

    Ispezioni razziste sui bus | La testimonianza di Nadia

    “Il primo episodio mi sembra sia stato un mesetto fa”, racconta a TPI Nadia, Nehad, 26 anni, studentessa e mediatrice culturale. “Su via Prenestina c’è un supermercato, si chiama Italcarni, davanti c’è una fermata di un autobus, il 412, dove c’erano due ragazzi di colore seduti alla fermata. Non stavano facendo niente. Si accosta una volante, non mi ricordo se della polizia o dei carabinieri, e gli chiede sia i documenti sia di fargli vedere il contenuto dello zaino. Si mettono i guanti, fanno questa perquisizione, non trovano nulla e questi ragazzi se ne vanno via. Non ricordo se gli sia stato rilasciato un verbale o meno”.

    “L’altro episodio risale a due settimane fa o una settimana fa, a piazzale Prenestino. Sul tram, il numero 5 o il 14, non ricordo, sono saliti alla fermata due carabinieri che cercavano all’interno delle borse delle persone di colore, indipendentemente dall’età o dal sesso. Non c’era un identikit preciso, bastava che fossero di colore, di etnia africana. Quando ho chiesto spiegazioni, mi hanno detto che non era di mia competenza e avrei dovuto farmi gli affari miei, e che se avessi continuato a fare polemica mi avrebbero dovuta portare con loro e controllare i documenti, e visto che dovevo andare a lavoro non ho continuato. Il tram è ripartito e loro sono scesi”.

    Ispezioni razziste sui bus | Cosa si può fare

    L’associazione Alterego – Fabbrica dei diritti ha pubblicato online una “guida” per comprendere cosa prevede la legge in materia di ispezioni, perquisizioni e identificazioni, quando queste ispezioni configurano un abuso e cosa può fare concretamente chi si trova ad assistere a queste situazioni.

    Secondo Valentina Muglia e Federica Borlizzi, autrici della guida, “il comportamento attuato dalle forze dell’ordine sembra configurare un vero e proprio abuso, essendo plausibile che il fondamento di tali controlli sia da ricercare solo nel colore della pelle degli interessati”.

    “Generalmente le ispezioni e le perquisizioni sia personali che locali possono essere disposte solo dall’autorità giudiziaria, ed eseguite dalle forze dell’ordine (eccetto l’ispezione personale che non è delegabile). Il mandato del giudice non è però necessario, e quindi la polizia può procedere anche di propria iniziativa, in caso di controlli finalizzati a prevenire e reprimere il traffico di sostanze stupefacenti, o per la ricerca di armi,munizioni ed esplosivi”, spiegano le autrici.

    “Pertanto in questi casi le forze dell’ordine possono fermarti per controllare e ispezionare i tuoi mezzi di trasporto, bagagli ed effetti personali. Successivamente al controllo dovranno redigere  il relativo verbale, da trasmettere entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica. Gli ufficiali di polizia (e non anche gli agenti) nell’ambito delle operazioni volte a prevenire e reprimere il traffico di sostanze stupefacenti possono inoltre procedere di propria iniziativa alle perquisizioni, sia personali che locali, in caso di necessità ed urgenza tale da non poter chiedere l’autorizzazione preventiva al pubblico ministero. Sono tenute a darne avviso immediatamente  al pubblico ministero e chiedere la convalida della perquisizione entro 48 ore”.

    Le ispezioni e le perquisizioni che violano queste norme possono integrare il reato di “Perquisizione e ispezione personali arbitrarie” punito dall’art.609 del Codice penale, che comporta la reclusione fino ad un anno per il pubblico ufficiale che abusa dei suoi poteri.

    Leggi anche: Quali sono i tuoi diritti davanti alla polizia? Il Vademecum legale contro gli abusi in divisa

    Ispezioni razziste sui bus | Le denunce di Laboratorio 53

    Anche Laboratorio 53, un gruppo che si occupa di accoglienza e tutela dei diritti dei richiedenti asilo e rifugiati, ha denunciato alcuni di questi episodi con un post pubblicato su Facebook il 18 gennaio.

    “Mi chiamo Souleymane. Vivo a Roma da qualche anno e oggi, mentre stavo andando a trovare i miei amici, sono stato fermato dalla polizia vicino la fermata della metro Malatesta”, si legge nel post. “Volevano controllare i miei documenti, lo hanno fatto con molta violenza nei toni, nelle parole, nelle azioni. Per fortuna però non mi hanno fatto troppo male e non sono dovuto andare in ospedale come invece è successo a un mio amico, sempre dopo un controllo dei documenti, nello stesso posto dove è capitato a me oggi. Il mio amico è l’unico a cui l’ho raccontato perché anche lui è africano e sa quello che mi poteva succedere. Ma perché devo essere trattato con questa violenza quando devo mostrare i miei documenti? Qualcuno sa dirmi perché?”

    “Mi chiamo Mariam e vivo al Pigneto”, prosegue il post. “Oggi ho preso il tram che passa sulla Prenestina, alla fermata più vicina a casa mia. Mentre ero sul mezzo, la polizia ha fermato il tram e ha fatto scendere tutti noi che non abbiamo la pelle bianca. Ci ha fatti scendere in mezzo alla Prenestina e ci ha identificato. Cosa stavano cercando non lo so ma lo cercavano solo tra noi non bianchi. O forse stavano cercando proprio i neri come me? Qualcuno sa dirmi perché mi fanno sentire una ricercata?”

    “Ci chiamiamo Claudia, Moussa, Monica, Carmela, Hasan, Daniela, Valentina, Mariam, Alberto, Flavia, Ilaria, Abubacar, Ginevra, Karim, Rossella. Noi viviamo a Roma e ci chiamiamo in tanti nomi ma ci riconosciamo insieme tutti i giorni a Laboratorio 53. Ci raccontiamo le nostre storie, quelle belle, importanti, ma anche quelle brutte, difficili”.

    “Abbiamo deciso oggi di raccontare anche a voi alcune delle storie che abbiamo sentito solo nella giornata di oggi dalle bocche di amici e amiche, compagni di viaggio che ogni giorno incontriamo. Pensiamo che non si debba rimanere in silenzio di fronte a storie di soprusi, di aggressioni, di violenza come ci capita di sentire purtroppo ogni giorno ormai. Ordine, decoro, sicurezza: parole che nascondono la violenza istituzionale della caccia al diverso o al povero o al migrante. Sappiamo che di storie così ce ne sono tante, tantissime, molte delle quali non le racconta nessuno, perché non le sa nessuno. C’è chi fa finta che va tutto bene, c’è chi decide di girarsi dall’altra parte, c’è chi parla per opportunismo politico, c’è chi decide di rimanere in silenzio per paura. Ebbene noi in quanto parte di quella diversità mai domata, di quei poveri ma forti e determinati, di quell’essere insaziabilmente migranti, non staremo zitti né oggi né mai di fronte a questo stato di cose ma continueremo sempre a raccontare, a denunciare, a resistere al silenzio e alla paura un minuto in più di loro. E lo faremo insieme, perché “comunque noi insieme siamo felici””.

    TPI.it ha contattato la questura di Roma per chiedere informazioni sugli episodi segnalati, senza ottenere risposta. Restiamo disponibili per chiarimenti o altre segnalazioni.

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