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    Il Comune di Roma arriva in ritardo: non sarà parte civile nel maxi processo ai Casamonica

    Virginia raggi, sindaco di Roma
    Di Cristiana Mastronicola
    Pubblicato il 4 Lug. 2019 alle 21:05 Aggiornato il 4 Lug. 2019 alle 21:05

    Processo Casamonica Comune Roma

    Il Comune di Roma non sarà parte civile nel maxi procedimento contro il clan Casamonica. Il giudice per le udienze preliminari di Roma ha respinto, infatti, l’istanza di costituzione perché depositata in ritardo.

    L’istanza potrà essere presentata di nuovo solo dopo l’eventuale rinvio a giudizio in fase dibattimentale. Il giudice ha già ammesso come parti civili la Regione Lazio e le associazioni Caponnetto, Sos Impresa e Ambulatorio anti-usura onlus.

    Il segretario Pd del Lazio Bruno Astorre ha denunciato il fatto in un comunicato: “La Giunta Raggi presenta in ritardo, oltre i tempi previsti, l’istanza di costituzione di parte civile nel processo al clan Casamonica. È un ritardo colposo che offende la città di Roma, l’istituzione e tutti coloro che hanno subito per anni le violenze e i reati commessi dalla famiglia Casamonica e dai suoi affiliati”.

    “Vogliamo sperare sia un errore che diventa però grave di fronte alle numerose sollecitazioni venute da diverse parti in particolare dalle associazioni antimafia che con la Regione Lazio si sono costituite parti civile nei tempi e modi giusti”, ha scritto ancora Astorre.

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    Marco Palumbo, consigliere comunale del Pd, ha attaccato la giunta Raggi e ha criticato il fatto che “si perda tempo anche sulla decisione di schierarsi contro iCasamonica”. Sempre Palumbo ha ricordato che non è la prima volta che accade: “Esattamente un anno fa la stessa polemica aveva travolto la Giunta Raggi, colpevole di non aver presentato nei tempi la richiesta di costituzione del Comune di Roma parte civile nel processo che allora vedeva imputati alcuni Casamonica per i fatti del Roxy Bar”, il locale in cui due esponenti dei Casamonica picchiarono il barista e una cliente disabile.

    63 le persone imputate nel maxi processo. Le accuse mosse nei confronti degli imputati – secondo la procura di Roma tutti legati alla famiglia di origine sinti – sono associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, estorsione, usura e detenzione illegale di armi.

    Gli arresti sono arrivati dopo quattro anni di indagini, che hanno fatto scattare le manette a decine e decine di soggetti, anche membri degli Spada e dei Di Silvio, le altre due famiglie che detengono le redini del malaffare su Roma, tra Ostia e la zona a sud della Capitale.

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