Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Cronaca
  • Home » Cronaca

    “Ho fatto lo scritto dell’esame di stato da avvocato a dicembre, ma a causa del Covid non so se lo diventerò mai”

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 5 Mag. 2020 alle 16:31 Aggiornato il 5 Mag. 2020 alle 17:48

    Simona ha 29 anni, ha studiato a Firenze e oggi è praticante avvocato in attesa di conoscere il suo futuro. Simona, come migliaia di altri praticanti, a dicembre 2019 ha sostenuto la prima parte dell’esame per essere abilitata alla professione di avvocato. Un esame impegnativo composto da tre prove scritte e da una sessione orale. Superare la prova scritta permette di accedere alla verifica orale, l’ultimo ostacolo prima di essere abilitati alla professione.

    La pandemia di Coronavirus che ha ferocemente colpito l’Italia e il mondo intero ha però paralizzato anche questo iter. “Le correzioni sono sospese”: questo il responso che molti aspiranti avvocati hanno ricevuto dalle varie Corti d’Appello quando hanno chiesto lumi sull’esito delle loro prove. Normalmente i risultati arrivano tra giugno e luglio, ma ora è tutto sospeso e il timore di Simona e di tanti come lei è quello di non avere nessuna indicazione sul futuro. Il pericolo è dover sostenere nuovamente la prova scritta con un esborso economico non indifferente. A questo si aggiunge anche la paura di restare mesi e mesi senza una prospettiva economica per ripiegare su professioni diverse e più facilmente “raggiungibili”, rinunciando così al sogno di una vita.

    Soltanto due giorni fa, il ministro dell’Università, Gaetano Manfredi, ha reso noto che per le abilitazioni professionali nella prima sessione del 2020 si terrà una prova orale unica a distanza. Ma nell’elenco mancano gli aspiranti avvocati.

    Noi di TPI riportiamo le parole di Simona che ha scritto un accorato appello al ministro Bonafede e al premier Conte.

    Il Coronavirus ha costretto il mondo a fermarsi e ha indotto molti Paesi al famoso lockdown, più o meno generalizzato. Da praticante avvocato ho compreso la situazione, e, chiaramente, non ritenevo che i miei interessi rientrassero tra quelli “essenziali”. Per mesi, quindi, a fronte di varie forme di protesta dei miei colleghi, indignati, per lo più, dalla novità della laurea abilitante in medicina, ho sempre contestato l’inadeguatezza del confronto, tenuto conto della necessità attuale di personale medico e delle enormi differenze – anche in termini di difficoltà – tra i due esami di abilitazione. I laureati in medicina, infatti, si trovavano ad affrontare un test a risposta multipla con un alto tasso di promozione; i laureati in giurisprudenza, invero, non intraprendono tutti il percorso che conduce all’abilitazione alla professione forense.

    Trascorsi circa due mesi dall’esplosione della pandemia, ho iniziato anch’io a soffrire il silenzio delle istituzioni. L’abilitazione alla professione forense prevede infatti, dopo il conseguimento della laurea, un percorso di tirocinio presso uno studio legale della durata di 18 mesi, che si traduce, negli studi virtuosi, in un vero e proprio lavoro, molto spesso sottopagato o addirittura svolto a titolo gratuito. Dopo i canonici 18 mesi e una verifica del CoA di appartenenza, il praticante riceve il certificato di compiuta pratica, e può finalmente sostenere l’esame. L’aspirante avvocato affronta molte spese: spesso (non obbligatoriamente) si iscrive ai corsi di preparazione all’esame, acquista i codici annotati con la giurisprudenza, paga la tassa d’iscrizione all’esame, per una spesa che varia, all’incirca, dai 500 ai 2.000 euro.

    L’esame si compone di tre prove scritte che si svolgono a dicembre, i cui risultati vengono resi noti, solitamente, dopo circa sei mesi. È prevista una sola sessione all’anno. Gli esami orali iniziano, di norma, a settembre, salvi i casi di aspiranti avvocati che scelgono di partecipare al preappello. Quanto descritto rende l’idea della lunghezza del percorso: 5 anni di studi universitari, 18 mesi di tirocinio, circa 9-12 mesi per l’abilitazione. Occorre poi aggiungere che i compiti scritti spesso vengono bollati con voti insufficienti senza alcuna spiegazione: i commissari si limitano a riportare la valutazione, di fatto limitando anche la possibilità di eventuali contestazioni.

    Tornando al 2020, l’attuale situazione, vista la sospensione delle attività inerenti all’abilitazione, vede:
    – praticanti avvocati che hanno svolto e superato le prove scritte nel 2018 ancora in attesa di essere convocati per l’esame orale;
    – praticanti avvocati che hanno svolto le prove scritte nel 2019 e non sanno a che punto siano le correzioni, i cui risultati non perverranno certamente prima della fine dell’estate;
    – praticanti avvocati che dovranno svolgere l’esame a dicembre 2020 e non sanno se e con quali modalità affronteranno le prove.

    Stante l’assenza di provvedimenti del Governo a tal proposito, i praticanti avvocati si aspettano solo un accumulo di ritardi, con conseguente iscrizione “cautelativa” all’esame del 2020. La conseguenza sarebbe un aumento (sino quasi al doppio) di candidati per l’esame del 2020, circostanza evidentemente incompatibile con l’eventuale permanenza dell’emergenza sanitaria, senza dimenticare la necessità di affrontare nuovamente le spese già sostenute nel 2019.

    Se è vero che la tutela della salute è l’esigenza primaria, la possibilità di accesso al mondo del lavoro per migliaia di giovani, dopo due mesi, merita attenzione. Auspichiamo quindi un intervento del Ministero della Giustizia, in persona del Ministro Bonafede, ricordando a lui come al Presidente del Consiglio Conte di aver percorso i nostri stessi passi seppur qualche anno prima, convinti dunque della loro capacità di comprendere il nostro disagio.

    Vogliamo dei chiarimenti sul nostro futuro, non possiamo brancolare nel buio. Vogliamo sapere cosa ne sarà dei nostri elaborati scritti, quali saranno gli interventi per evitare ulteriori prolungamenti di un iter già inadeguato. Molti di noi hanno iniziato il tirocinio senza conoscere il mondo dell’avvocatura, e, quando per la prima volta hanno indossato la toga, hanno provato un’emozione fortissima. Per molti di noi diventare avvocati è un sogno: non lasciate che venga riposto nel cassetto, preferendogli alternative pur dignitose ma meno aderenti alle nostre attitudini.

    Leggi anche: 1. Il grido dei neolaureati in Medicina: “In Italia mancano i medici ma ogni anno lo Stato lascia 10mila di noi senza specializzazione” /2. Fase 2 a Napoli, la denuncia di Usb: “Sul treno 100 passeggeri senza mascherine e biglietto”

    TUTTE LE ULTIME NOTIZIE SUL CORONAVIRUS IN ITALIA E NEL MONDO
    CORONAVIRUS ULTIME NOTIZIE: TUTTI I NUMERI
    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version