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    Così Renzi sta trasformando il processo Open in uno show mediatico

    Di Clemente Pistilli
    Pubblicato il 8 Apr. 2022 alle 14:06
    Il processo Open? «Uno scandalo assoluto». Il 4 aprile scorso, appena iniziata l’udienza preliminare per lui e per altri dieci imputati, Matteo Renzi si è subito presentato in tribunale a Firenze, improvvisando con i cronisti l’ennesima requisitoria contro i pm. Quell’ipotesi che la Fondazione non fosse altro che un’articolazione di partito e che dunque raccogliesse finanziamenti in maniera illecita non gli va giù. Durante le indagini ha scritto su carta intestata del Senato agli inquirenti, intimando loro di non indagare su vicende che potrebbero essere coperte dall’immunità, poi ha chiesto l’intervento della Giunta delle autorizzazioni, ottenendo che il suo caso venisse portato all’attenzione della Corte Costituzionale, e infine ha anche denunciato gli stessi magistrati. Da due anni l’ex rottamatore non fa altro che assicurare di non voler scappare dal processo, ma ecco che puntualmente indossa i panni del pubblico ministero cercando di mettere sul banco degli imputati gli stessi pm. Arrivato il momento del primo faccia a faccia con il giudice Sara Farini, che dovrà decidere sulle richieste di rinvio a giudizio, non poteva andare diversamente.
    Per il procuratore aggiunto Luca Turco e il sostituto Antonino Nastasi, la Fondazione Open avrebbe eluso la norma sul finanziamento ai partiti. Gli stessi inquirenti contestano inoltre una serie di episodi di presunta corruzione, traffico di influenze, fatture false e autoriciclaggio. Il senatore semplice di Rignano non risponde in maniera circostanziata alle accuse. Liquida come fango quell’articolato sistema di rapporti e di potere creato con la sua scalata a Palazzo Chigi ricostruito in 94mila pagine di atti giudiziari. E tira bordate. Minimo il materiale che gli è stato sequestrato quando era già senatore rispetto a quello finito agli atti, ma sufficiente per fargli ripetere che sono stati i pm a violare la legge e non lui. «La Cassazione ha spiegato con chiarezza per cinque volte che l’operato dei magistrati di Firenze ha infranto le regole», ha ripetuto Renzi al termine dell’udienza a Firenze. E di nuovo: «Stiamo rispettando la legge, i pm di Firenze non hanno rispettato né la Costituzione né la legge. Non è che un giudice di Firenze non può utilizzare un mio sms, lo può fare, però ha una procedura da rispettare prevista in Costituzione, che è chiedere l’autorizzazione al Senato, e se lo avesse chiesto avrei votato a favore».
    Un atteggiamento che sembra abbastanza distante da quello di chi dice di credere nella giustizia e di volersi far giudicare. Ma Renzi va avanti e gli altri imputati non sembrano altro che comparse. Il giudice Farini dovrà decidere se rinviare a giudizio anche i deputati Luca Lotti e Maria Elena Boschi, Marco Carrai, l’avvocato Alberto Bianchi, e gli imprenditori Patrizio Donnini, Alfonso Toto, Riccardo Maestrelli, Giovanni Carucci, Carmine Ansalone e Piero Di Lorenzo. Il confronto però è tutto tra il leader di Italia viva e i magistrati. L’udienza preliminare proseguirà il prossimo 10 giugno, il 15 luglio sono previsti gli interrogatori e il 19 settembre l’inizio della discussione. Altri cinque mesi ad alta tensione.
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