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    CasaPound vince la causa contro Facebook. Il giudice ordina: “Riattivare subito la pagina cancellata”

    Di Giovanni Macchi
    Pubblicato il 12 Dic. 2019 alle 11:31 Aggiornato il 12 Dic. 2019 alle 11:45

    Il Tribunale Civile di Roma dà ragione a CasaPound e ordina a Facebook l’immediata riattivazione della pagina rimossa lo scorso 9 settembre.

    Questa la decisione dei giudici, chiamati a pronunciarsi sul ricorso presentato da CasaPound contro il social di Mark Zuckerberg.

    Per il tribunale la cancellazione della pagina del movimento è illegittima. La giudice Stefania Garrisi nella sentenza parla di “accoglimento totale” del ricorso.

    Ma non è tutto: il Tribunale di Roma ha anche obbligato Facebook a risarcire le spese legali a CasaPound, liquidate in 15mila euro. Facebook dovrà anche pagare una penale di 800 euro al giorno finché non riattiverà la pagina Facebook del movimento.

    Dal 9 settembre, i profili ufficiali dell’organizzazione di estrema destra non sono raggiungibili su Facebook, così come quelli di numerosi responsabili nazionali, locali e provinciali, compresi quelli degli eletti in alcune città italiane.

    Facebook aveva motivato così la sua decisione: “Le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia. Gli account che abbiamo rimosso oggi violano questa policy e non potranno più essere presenti su Facebook o Instagram”.

    Sentito da TPI, un responsabile di Facebook Italia aveva dichiarato: “Il principio che abbiamo utilizzato non è stato solo quello delle violazioni delle nostre policy, che comunque ci sono state e che sono state puntualmente segnalate ai titolari dei profili e delle pagine, ma in generale il fatto che i principi che loro difendono e le azioni che loro svolgono anche all’esterno della piattaforma sono di odio organizzato e di attacco contro alcune categorie: parliamo di odio contro persone per la loro religione, per la loro razza, per la loro sessualità. Parliamo, insomma, di organizzazioni che hanno un’ideologia che è contraria a termini e condizioni di Facebook. È una scelta che non riguarda solo l’Italia ma anche altri paesi dove si sono presentati casi simili”.

    Il Tribunale civile di Roma, però, ha dato ragione a CasaPound.

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