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    Camilla è “morta per reazioni al vaccino AstraZeneca”, le conclusioni del medico legale

    Di Sofia Gadici
    Pubblicato il 22 Ott. 2021 alle 14:23

    Camilla è morta per “reazioni al vaccino AstraZeneca”. Era sana, non aveva patologie e non prendeva medicinali. Questo è il responso del medico legale incaricato di verificare le cause della morte di Camilla Canepa, la giovane studentessa di Sestri Levante morta lo scorso 10 giugno a causa di una trombosi al seno cavernoso.

    Il corpo è stato analizzato dal medico legale Luca Tajana e dall’ematologo Franco Piovella, le loro conclusioni sono state consegnate ai pm incaricati dell’indagini su caso. Camilla era stata vaccinata il 25 maggio on il siero AstraZeneca in un open day rivolto a tutti gli over 18. La ragazza si era sentita male il 3 giugno: era stata portata all’ospedale di Lavagna dove le avevano riscontrato una piastrinopenia e una fotosensibilità. Era stata però dimessa, dopo una tac senza contrasto, ed era ritornata allo stesso ospedale il 5 in condizioni disperate per una trombosi al seno cavernoso. È stata operata alla testa al policlinico San Martino di Genova, è morta il 10 giugno.

    Per i medici, in quella fase storica non si conoscevano ancora bene le reazioni al vaccino e non era facile capire la gravità della situazione o la correlazione con l’iniezione fatta nei giorni recedente.

    L’avvocato Angelo Paone che assiste la famiglia della ragazza ricorda che “in realtà le controindicazioni per quella fascia di età erano state già evidenziane nel verbale numero 17 del comitato tecnico scientifico che sconsigliava quel farmaco per le persone sotto i 60 anni”. Per quanto riguarda l’operato dei medici dell’ospedale di lavagna, Paone sottolinea che dopo il primo ricovero Camilla “fu dimessa con le piastrine che continuavano a scendere, forse si poteva agire diversamente”.

    Nei prossimi giorni il pool Sanità e Lavoro della procura genovese si riunirà per capire come proseguire le indagini e se, dopo i primi decessi della primavera, il consenso informato avrebbe dovuto essere modificato inserendo i rischi trombosi per le donne sotto i 60 anni.

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