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    Esclusivo TPI: Calabria, le intercettazioni del sindaco di FdI che imbarazzano Meloni

    Di Alessia Bausone
    Pubblicato il 10 Apr. 2021 alle 08:35 Aggiornato il 6 Mag. 2022 alle 18:41

    Esclusivo TPI: Calabria, le intercettazioni del sindaco di FdI che imbarazzano Meloni

    Non c’è pace per Fratelli D’Italia in Calabria. Sotto la gestione commissariale della deputata catanzarese Wanda Ferro si son susseguiti in due anni e mezzo una sequela di scandali e arresti di esponenti del partito sovranista che hanno mandato su tutte le furie e a più riprese la leader Giorgia Meloni. E con l’anno nuovo la solfa non pare proprio essere cambiata.

    Tra gennaio e febbraio scorso la Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, nell’ambito dell’inchiesta denominata Eleo, ha inferto duri colpi alla ‘ndrangheta di Petilia Policastro, paese di 9mila persone del crotonese, effettuando 18 arresti “eccellenti”, tra cui quelli dei presunti esecutori dell’omicidio dell’allevatore Maurizio Vona, vittima di “lupara bianca” nel 2018.

    Di questa inchiesta ha particolarmente risentito anche la politica locale (e, di riflesso, regionale), dato che sono contenute negli atti alcune intercettazioni con protagonisti il sindaco ed ex membri della giunta comunale ritenute “imbarazzanti” dalla Meloni stessa. Già, perché il primo cittadino di Petilia Policastro, Amedeo Nicolazzi, dopo un passato da esponente Pd sia nel consiglio comunale della sua città che in quello della Provincia di Crotone, alle elezioni regionali calabresi del gennaio 2020 è planato proprio nella lista di Fdi (primo dei non eletti con ben 3.965 preferenze) col benestare del deputato salernitano Edmondo Cirielli, responsabile delle liste.

    Nei confronti di Nicolazzi, che era anche componente dell’esecutivo provinciale di Fdi, è arrivato un provvedimento che non è giudiziario  – il sindaco non è indagato – bensì politico. “Sebbene lei non risulti coinvolto nell’inchiesta (Eleo, ndr.), attesa la gravità dei fatti emergenti dalle intercettazioni e il ruolo istituzionale da Lei ricoperto, considerato che la Sua permanenza nel nostro Partito possa rappresentare un grave danno per lo stesso, sono a comunicare con la presente (…) di adottare nei suoi confronti, con efficacia immediata (…) un provvedimento di sospensione da ogni incarico di partito”, si legge nella missiva firmata Giorgia Meloni.

    Lo scorso 24 marzo è stata convocata in commissione parlamentare Antimafia la prefetta di Crotone, Maria Carolina Ippolito, affinché riferisse di presunti tentativi di ingerenza mafiosa a Petilia Policastro. L’audizione, unitamente alle domande della stessa Wanda Ferro, è stata secretata.

    C’è da chiedersi, allora, cosa abbia fatto sobbalzare la Meloni dalla sedia al punto da provvedere a sospendere immediatamente dal partito uno dei “suoi” pochi sindaci in Calabria.

    Le intercettazioni “shock” sulle elezioni comunali

    In un documento sugli esiti degli sviluppi investigativi sulle elezioni amministrative del giugno 2018 (che hanno visto Nicolazzi rieletto sindaco con quasi mille voti di scarto), redatto dai carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Crotone, si legge che dalle attività tecniche espletate “appariva evidente che l’ingerenza della criminalità sia stata dapprima ambigua, senza far ben comprendere quale delle due parti politiche questa avesse deciso di sostenere, per poi appoggiare la lista Nicolazzi”.

    “In tale contesto, Nicolazzi Amedeo, consapevole dell’appoggio della locale criminalità e di come Curcio Rosario alias ‘Pilirussu’ (ritenuto a capo del clan di Petilia dalla Dda di Catanzaro, ndr) avesse intimorito gli abitanti della loc. Paternise inibendo loro di votare per la lista facente capo a Vincenzo Calaminici, si limitava ad evitare di avere rapporti diretti con i ‘mafiosi’, istruendo in tal senso anche i neo-eletti vicesindaco e assessori”.

    Una conversazione intercettata il 18 giugno 2018 tra Nicolazzi e i consiglieri comunali eletti, secondo i carabinieri “sembrerebbe confermare il sostegno elettorale ‘ricevuto’ dalla locale criminalità organizzata”.

    In questa conversazione Nicolazzi – che, ripetiamo, non è indagato – afferma: “La giunta, l’unico rischio che può avere… è… se… noi… avviciniamo, o ci facciamo avvicinare… da gente equivoca! Siamo sotto il tiro, ci sciolgono il secondo giorno!… Io se mi accorgo che… qualcuno vi avvicina, poco raccomandabile, o per traffici, o per cose, io… revoco le deleghe… a lampo (dial. Subito) ve le revoco! … Io ho informatori dentro tutto il paese. Voi potete fare quello che volete… io vi copro tutte! L‘unica cosa che non posso coprire…è l’avvicinamento di questa gente di cazzo!…vi fanno le fotografie, e c’é il pericolo di scioglimento, di commissariamento per la mafia…”.

    E ancora: “perché, amicizie equivoche… non ne voglio! Se dovete andare a parlare con qualcuno, andate a parlare per cazzi vostri, lontano da Petilia, dove volete voi, o… nelle case vostre… ma… non voglio cose… specifiche…“. “Questa é una raccomandazione… seria!… su altre cose, vi copro io…in qualche maniera copro…”.

    Lo stesso giorno, mezz’ora dopo, Nicolazzi “sbrocca” a colloquio con la “sua” vicesindaca Franca Costanzo, dopo che quest’ultima, parlando con lui dei concorsi per le assunzioni in Comune da bandire, gli chiede se sia possibile inserire una terza persona in un qualche posto. Il sindaco urla: “Ti devi stare zitta! Non devi parlare di queste cose…  tieni la telecamera sulla testa!”, specificando subito dopo “… non è una telecamera… non ce n’é telecamere… l’ho fatto bonificare… pure mettono… ti mettono una spia direzionale… lo vedi che io sto sempre con le finestre chiuse”.

    Gli assessori “chiacchierati”

    A comporre la giunta dell’amministrazione Nicolazzi nel 2018 vi erano tre soggetti che sono stati attenzionati dalle attività investigative dei carabinieri crotonesi. In particolare, Francesco Daniele, nominato assessore all’Agricoltura, è cognato di Antonio Grano, che dai documenti investigativi risulta essersi “speso” per cercargli voti sino al giorno delle votazioni. Grano, si legge negli atti, ha fatto anche da “autista” a “Pilurussu”, ossia Rosario Curcio, il capo clan di Petilia Policastro secondo la Dda di Catanzaro.

    Oggi Francesco Daniele non è più assessore perché, nel rispetto dell’obbligo di “quota rosa”, è stata nominata sua cugina, Francesca Daniele.

    Un altro a “cadere” causa quota rosa è l’ormai ex assessore (esterno) allo Sport Mario Porchia, che in campagna elettorale è stato oggetto di una sfuriata del sindaco. Quest’ultimo, in una conversazione con il tipografo Salvatore Carvelli, fratello della capogruppo di maggioranza in consiglio comunale Paola Carvelli, racconta: “L’ho chiamato poco fa, l’ho fatto venire alla sezione e gli ho detto: ‘La prossima volta che tu sei nel paese… con quel signore… tu sei fuori dalla lista… sei fuori! Chiaro?… guai a te se vedo fotografie, o ti vedo girare insieme a lui, dove ci sono gli ambienti che ci siamo noi… poi quando siete soli la notte, andate dove cazzo volete!'”.

    E ancora: ”Questo qua che io non lo so se è cioto o é davvero malavitoso, non lo so… Però… meno male che oggi non c’era… che questo cammina con il figlio di Topolino…”.

    I carabinieri del comando provinciale di Crotone mettono nero su bianco che con l’espressione “quel signore” Nicolazzi si riferiva proprio al boss Curcio “Pilirussu”, mentre “Topolino” è il presunto boss (secondo gli inquirenti) di Mesoraca, Mario Donato Ferrazzo.

    A creare i maggiori problemi a Nicolazzi, però, è stata Franca Costanzo, vicesindaca fino all’aprile del 2020 (e consigliera provinciale), prima delle elette alle comunali del 2018 con 745 preferenze. Cugina di Carlo Cosco, colui che uccise e sciolse nell’acido la collaboratrice di giustizia Lea Garofalo nel 2009, in una intercettazione datata 4 maggio, lamentandosi con il simpatizzante dello schieramento avverso, Giuseppe Miletta, per alcuni attacchi ricevuti sui social, dice: “Dico che fa Giuseppe Vona, dico che fa Calaminici, dico chi… chi… a chi danno soldi… so tutto di tutti! Vi rovino!… faccio venire la fine del mondo…

    E ancora: “Mi siedo alla Procura… mi denuncio prima sola… mi vado a sedere alla Procura a Catanzaro!… Faccio Lea Garofalo faccio! Ok? Attacco… da sopra e faccio venire la fine del mondo… Do le dimissioni! Se entro domani non la smettete”.

    In una intercettazione in cui conversavano i candidati alle amministrative della lista avversa a quella di Nicolazzi, Teresa Cervelli e Santo Scalise, quest’ultimo afferma: “Noi ci siamo sforzati di fare una lista, che l’abbiamo guardata con i raggi X… per esempio… Nicolazzi… c’ha messo a quella Franchinedda che… è con loro… Pilir..”, riferendosi al capoclan Rosario Curcio, “Pilirussu”.

    Inoltre, nel decreto della Procura di Catanzaro dello scorso 20 gennaio è messo nero su bianco che la Costanzo dopo le elezioni amministrative aveva tentato (senza successo) di far ottenere una specifica autorizzazione per la gestione di un campo sportivo a Diego Garofalo, alias “Yogurtino”, arrestato nell’ambito dell’inchiesta Eleo per associazione mafiosa.

    Dopo la sua revoca a inizio 2020, la Costanzo scrisse poi una pubblica lettera in cui, riferendosi a Nicolazzi, diceva: “Ti chiedo le dimissioni e se hai il coraggio ti ricandidi. Così vediamo se vinci senza di me ed i miei sostenitori”, ma dopo lo tsunami dell’inchiesta Eleo è stata lei a dimettersi da consigliera comunale, insieme al capo dell’opposizione Vincenzo Calaminici.

    Il “bye bye” del sindaco alla Meloni: “Paura di una mia ricandidatura alla Regione”

    Al provvedimento di sospensione da Fratelli d’Italia, Amedeo Nicolazzi ha risposto annunciando le immediate dimissioni dal partito. Contattato da TPI, il primo cittadino ha dichiarato: “Non sono indagato. Nella mia giunta non ci sono indagati, allo stato manco uno, né il sindaco è stato mai sentito dai carabinieri. Sono io che vado da loro a denunciare. Io la mafia l’ho denunciata. Nonostante il prefetto di Crotone non abbia ritenuto di nominare la commissione d’accesso Antimafia, nella commissione parlamentare mi hanno crocefisso, se no andavo eletto sicuro alle prossime elezioni regionali. Con la mia candidatura avrei rotto equilibri economici e di potere”.

    Nicolazzi ci ha fornito copia di un verbale di interrogatorio (che egli stesso lesse in consiglio comunale) in cui il pentito Domenico Iaquinta dice al sostituto procuratore di Catanzaro Paolo Sirleo: “Da quando c’è Nicolazzi òn cumand nuddhu nenta… è onesto Nicolazzi, dottò, ‘u li piace a malavita”.

    Infine, il sindaco ci ha annunciato la pubblicazione, a breve, di una lettera aperta indirizzata a Giorgia Meloni in cui svelerà ulteriori retroscena. Sono, infatti, in molti a ritenere che il provvedimento “preventivo” adottato dalla presidente di Fratelli D’Italia possa essere applicato, con motivazioni similari, alla “sua” pupilla, la deputata e commissaria regionale del partito, Wanda Ferro, il cui nome compare nelle inchieste della Dda di Catanzaro Jonny e Imponimento.

    Leggi anche: 1. Meloni ordina la “fuga” dalla Calabria. Tra ‘ndrangheta e Mark Caltagirone: FdI travolta dagli scandali / 2. Esclusivo TPI – Calabria, l’ex presidente del Consiglio regionale indagato per voto di scambio: “La mafia a Catanzaro non è mai esistita”

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