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    Amianto, Solvay dovrà risarcire 558mila euro al figlio di un operaio morto per carcinoma

    La fabbrica a Rosignano Credits: ANSA
    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 22 Giu. 2021 alle 12:15

    Una sentenza storica: il giudice del tribunale di Livorno Sara Maffei, con condanna a carico della Solvay, ha accolto le richieste dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona) e dell’avvocato Ezio Bonanni, al risarcimento dei danni per la morte di un operaio, R. P., stroncato il 18 novembre 2010 da un cancro polmonare giudicato causato dall’esposizione professionale a amianto nello stabilimento di Rosignano.

    La morte dell’operaio giunse dopo un’agonia di 122 giorni, in presenza della moglie e del figlio, già all’epoca coordinatore della sede ONA di Rosignano Solvay e impegnato nella ricerca delle prove sull’uso dell’amianto in Solvay. L’operaio, prima di morire, esortò infatti il figlio all’impegno per la tutela della salute e della vita umana, rispetto al rischio costituito dall’amianto e dagli altri cancerogeni

    E il figlio ne ha raccolto il testimone: fin dal 2008, infatti, l’Ona è operativa con una sede nel territorio di Rosignano Solvay e ha raccolto le prove di centinaia di casi di malattie asbesto-correlate, vincendo numerosi contenziosi, e questo ha costituito il presupposto della tutela in sede giudiziaria che prosegue con decine e decine di altri casi.

    La sentenza

    La storia del processo nasce da un esposto presentato alla procura di Livorno che ottenne il rinvio a giudizio dell’allora direttore Solvay, per il reato di omicidio colposo. Nel 2015 inizia anche il procedimento civile innanzi il tribunale di Livorno.

    È stato imposto alla multinazionale belga di versare all’uomo un totale di 558mila euro di danno non patrimoniale, suddivisi come segue: 88.669 per la malattia e la morte sofferte dal padre, 270mila per la precoce vedovanza della madre, Maria Luisa Filippi (che ha agito in giudizio insieme al figlio, ma è mancata nel 2016 in corso di causa) e altri 200mila a titolo di risarcimento iure proprio, per il decesso del genitore.

    “Il danno subito dalla vittima – motiva il magistrato – è configurabile e trasmissibile agli eredi nella duplice componente di danno biologico “terminale”, da invalidità temporanea assoluta, e di danno morale consistente nella sofferenza patita dal danneggiato che lucidamente e coscientemente assiste allo spegnersi della propria vita“.

    L’avvocato: “Finalmente è stata fatta giustizia”

    “La magistratura del lavoro del tribunale di Livorno ha affermato l’importante principio della tutela risarcitoria sia per la vittima primaria, che per i suoi familiari, con piena applicabilità delle tabelle del tribunale di Milano – dichiara Ezio Bonanni, Presidente Ona e difensore dei ricorrenti – e ha così smentito le tesi della difesa che, assumendo l’assenza di deduzione e prova del danno, oltre che della lesività dell’ambiente di lavoro, contestava il diritto delle vittime ad ottenere il risarcimento. Finalmente giustizia per i familiari dell’operaio – conclude il legale – con l’amarezza che, ad assistere alla lettura della sentenza, c’era solo il figlio perché la mamma è stata stroncata da un cancro”.

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