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    Ambrogio Crespi, la lettera dal carcere: “Continuo a combattere la cultura mafiosa”

    Il regista, condannato a 6 anni di carcere nel processo sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia, si è consegnato l'11 marzo 2021 al carcere di Opera

    Di Redazione TPI
    Pubblicato il 4 Mag. 2021 alle 11:57 Aggiornato il 4 Mag. 2021 alle 11:58

    Il Comitato per Ambrogio Crespi di Nessuno tocchi Caino ha incontrato il regista, condannato a scontare sei anni di reclusione per voto di scambio e rapporti con la ‘ndrangheta, nel carcere di Opera dove si è consegnato l’11 marzo del 2021 e dove aveva girato il suo capolavoro, un manifesto della lotta alla mafia: “Spes contra Spem”. TPI pubblica la lettera di Ambrogio Crespi dal carcere:

    Per il “Comitato per Ambrogio Crespi di Nessuno Tocchi Caino”
    22 aprile 2021 – ore 14:00 

    Ciao a tutti. Intanto voglio iniziare questa mia lettera dicendovi che vi voglio bene. Sono trascorsi più di 40 giorni in questo viaggio della speranza. 

    Quando sono entrato in questa sezione ho cominciato a diffondere il verbo del cambiamento, contro la cultura della criminalità. Mi guardavano tutti come se fossi un marziano però qualcuno ha cominciato a parlarmi e ha iniziato a lavorare sulle proprie colpe, avviando un percorso di distacco dalla vecchia vita “nera”. Una vita che li ha portati inevitabilmente qua dentro. 

    È indispensabile che trasmettano ai loro figli un messaggio chiaro: il carcere non è potere, non è forza; qua dentro esiste il dolore e le colpe. Per cui diventa urgente spezzare la catena della continuità e dell’insegnamento malavitoso tra padre e figli, nelle “famiglie”. 

    Un ragazzino deve capire che se porta avanti la vita del padre ad attenderlo non ci sarà una futuro ma una cella. Quattro mura di cemento armato, una finestra con sbarre ed una grande porta di ferro che si apre e chiude ad orari precisi. La galera non è un vanto, è sofferenza. Il carcere ti spoglia completamente. 

    Voglio lavorare sulla loro coscienza, sui loro errori, voglio poter essere un aiuto per questo passaggio così forte. 

    E’ chiaro che non tutti accettano questo cambiamento, io comunque ci provo. 

    Non è un viaggio facile ma userò tutta la mia forza interiore per aiutarli, anche se qualcuno mi consiglia di stare attento. Ormai sono anni che sento dirmi “stai attento è pericoloso”. 

    Quando ho girato il docufilm “Terra Mia” insieme a Benedetto Zoccola nelle terre più profonde della Calabria, non facevo altro che sentirmi dire “Ma chi te lo fa fare” – “ Non rischiare per fare questo docufilm” – “Occhio che è pericoloso”. Mi confrontai anche con un mio amico dei Ros che mi disse “Vai avanti!”.

    Anche Helene era dubbiosa e preoccupata, ma si è fidata. 

    Amici miei, ho sempre governato la paura, chi non ne ha è un incosciente però è un’emozione che va affrontata con coraggio ed è per questo che vi assicuro che anche da qua dentro, in questo percorso infernale, saprò dominarla. 

    Andrò avanti sui miei passi, percorrendo sempre la mia strada: combatterò quello che ho sempre combattuto: la cultura mafiosa. E se ne riesco a cambiare anche solo una di persona sarà comunque una vittoria, come fu per il docufilm “Spes Contra Spem” e al percorso straordinario fatto con Sergio D’Elia ed Elisabetta Zamparutti. 

    Sembrava tutto impossibile in quel lontano 2016… non si poteva immaginare che uomini condannati con un fine pena mai si potessero distaccare in modo netto da un passato così forte e violento. Invece è accaduto. È stato “speranza contro ogni speranza”. Un grande successo arrivato anche grazie al lavoro incredibile del direttore che allora era Giacinto Siciliano e a tutti gli agenti della Polizia Penitenziaria che sono veramente delle grandi persone. 

    Un carcere se vuole può riabilitare le persone e lavorare sulla loro metamorfosi. 

    I protagonisti di “Spes Contra Spem” ne sono la prova, hanno lavorato grazie al supporto ricevuto sulla loro anima, sui loro errori, sulla loro coscienza. Lo hanno fatto pubblicamente. Alcuni di loro hanno “salvato” figli e nipoti “grazie” alla loro detenzione e al loro distacco da quel mondo oscuro. Figli e nipoti che oggi sono professionisti, lavoratori, persone perbene. 

    Adesso che sono un detenuto anche io e vivo in prima persona questa realtà posso dirvi che vedo con i miei occhi quanto per loro sia difficile prendere le distanze da un sistema, da un meccanismo così trainante. Bisogna avere tanta forza interna, determinazione, coraggio per fare questo passo. Solo oggi ho capito appieno il valore di tutto questo e sono ancora più orgoglioso di aver potuto contribuire con “Spes Contra Spem”. 

    Io oggi sono in carcere con una condanna per un reato mai fatto che mi porta a stare con chi i reati di mafia li ha compiuti realmente, allora capisco che la mia missione è ancora più forte. Non bastava stare dietro ad una telecamera, no. Dovevo fare un passo più grande, varcare quei cancelli e portare un cambiamento positivo in prima persona dall’interno. Ed eccomi qua! 

    E vi posso garantire che ci sono altri uomini, oltre ai protagonisti di “Spes contra Spem” che stanno facendo un grande percorso interiore. 

    Ricordatevi sempre che voi tutti siete la mia speranza, la mia forza. 

    Grazie per tutto quello che state facendo, io non mollo, non mi ammalerò e rinascerò.

    Sono un uomo libero. Vi abbraccio forte forte a tutti. 

    Ambrogio.

    Leggi anche: Caso Ambrogio Crespi, l’ex magistrato Gherardo Colombo: “Aboliamo la pubblica vendetta”

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