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    Migranti, stop agli aerei delle Ong: non possono più sorvolare il Mediterraneo

    Un aereo di avvistamento migranti Credit: Ansa Foto

    Aeroporti italiani interdetti ai due aerei leggeri che vengono usati per segnalare imbarcazioni in difficoltà. La decisione dell'Enac

    Di Maria Teresa Camarda
    Pubblicato il 27 Ago. 2019 alle 11:29 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:21

    Stop agli aerei delle Ong

    Sempre più difficile segnalare barconi e gommoni in difficoltà nel Canale di Sicilia per salvare i migranti che si trovano a bordo. L’ultimo stop arriva “dal cielo”: è stato deciso, infatti, che gli aeroporti italiani restano chiusi per i due aerei leggeri delle Ong, Moonbird e Colibrì, che sorvolano il Mediterraneo per individuare i gommoni e segnalarne tempestivamente la posizione ai soccorritori. Non possono più decollare né da Lampedusa né da altri scali del nostro Paese.

    “Le norme nazionali impongono che quei velivoli possano essere usati solo per attività ricreative e non professionali”, sostiene infatti l’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, parlando con La Repubblica.

    “Chiunque abbia partecipato a missioni di Search and Rescue sulle navi delle ong – scrivono i giornalisti Marco Mensurati (a bordo della mare Jonio) e Fabio Tonacci – sa  quanto sia importante avere due occhi che scrutano dall’alto. È il modo più efficace, talvolta l’unico”.

    Lo stop dell’Enac

    “Colibrì – sostengono i tecnici dell’Enac parlando degli aerei delle Ong – non è un aeromobile certificato secondo standard di sicurezza noti. Inoltre, è in possesso di un permesso di volo speciale che non gode di un riconoscimento per condurre operazioni su alto mare. Quelle di Search and Rescue sono operazioni professionali che richiedono un regime autorizzativo, non compatibile con gli aeromobili di costruzione amatoriale”. Moonbird presenta caratteristiche simili a quelle di Colibrì.

    Ma la Sea Watch respinge i rilievi dell’Enac. Dopo essersi rivolta a uno studio legale per un parere, la Ong contrattacca: “Ci viene da pensare che dietro a queste complicazioni burocratiche – dice Giorgia Linardi, responsabile di Sea-Watch Italia – ci sia la volontà politica di fermare le attività di ricognizione. Evidentemente dà fastidio che gli occhi della società civile siano tanto in mare quanto in aria”.

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