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    Treni, ferrovie e rivoluzione della mobilità: il futuro viaggia su rotaia?

    Ecco perché, rispetto ad altri mezzi, è l’opzione più sostenibile e anche la preferita dai viaggiatori in Europa e in Italia

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 10 Lug. 2025 alle 17:10

    Nessun altro mezzo di trasporto via terra presenta le capacità di carico della ferrovia e il suo impatto sull’ambiente è il più limitato rispetto ad altri sistemi di spostamento di massa. Le sue emissioni medie di anidride carbonica per passeggero-chilometro sono infatti circa cinque volte inferiori rispetto ai mezzi su gomma e quindici volte in meno in confronto all’aereo, mentre il trasporto delle merci su rotaia è sette volte più efficiente dal punto di vista energetico rispetto a quello su strada e produce fino a nove volte meno CO. Eppure, soltanto l’8% dei viaggi terrestri nell’Unione europea avviene su ferrovia, il che però offre un ampio margine di crescita al settore. Per ragioni sia economiche che ambientali, infatti, il futuro corre su rotaia e non è solo una questione di numeri, ma di strategia, sia in Italia che in Europa.

    Successo in cifre
    Il treno rappresenta già uno dei mezzi di spostamento più apprezzati dagli utenti del Vecchio continente. Dopo la battuta d’arresto causata dalla pandemia di Covid-19, nel 2023 (ultimo anno con dati completi forniti da Eurostat) il trasporto ferroviario di persone nell’Unione europea ha raggiunto il livello più alto degli ultimi anni, arrivando a 429 miliardi di passeggeri-chilometro. In quell’anno, 8 miliardi di viaggiatori hanno utilizzato le ferrovie per spostarsi all’interno dei singoli Stati membri, con aumenti annui a doppia cifra registrati in diversi Paesi: +29% in Croazia, +28,7% in Irlanda, +25,1% in Lussemburgo, +20,2% in Spagna e crescite importanti anche in Italia (+19,6%), Austria (+16,9%) e Portogallo (+16,8%). I quattro Paesi più popolosi dell’Ue, inoltre, hanno registrato i maggiori incrementi di passeggeri trasportati su rotaia nel 2023 segnando, rispettivamente, 2,7 miliardi di viaggiatori in Germania, 1,2 miliardi in Francia, 800 milioni in Italia e 700 milioni in Spagna.
    Dati in controtendenza, invece, per le merci: dopo il picco di 410 miliardi di tonnellate-chilometro raggiunte nel 2018, le prestazioni del trasporto merci su rotaia nell’Ue sono infatti calate ogni anno, complici anche le restrizioni imposte per la crisi sanitaria mondiale, arrivando nel 2023 a 378 miliardi. Ad eccezione di Germania, Lussemburgo, Polonia e Portogallo, secondo gli ultimi dati censiti da Eurostat, tutti i Paesi dell’Ue hanno registrato un calo del trasporto merci su rotaia tra il 2022 e il 2023, in particolare in Grecia (-54%), Estonia (-40,1%), Lettonia (-30%), Francia (-16,7%) e Lituania (-14,5%), anche a causa della guerra scatenata dalla Russia in Ucraina. Numeri che nascondono un grande potenziale di crescita, anche a fronte degli oltre 18 miliardi di euro investiti ogni anno in progetti infrastrutturali ferroviari dai Paesi dell’Unione europea che, come parte degli obiettivi per la tutela del clima, punta a trasportare il 75% delle merci su rotaia entro il 2050.

    Obiettivi ambiziosi
    Nonostante contribuisca solo per un modesto 1,3% alle emissioni di anidride carbonica legate ai trasporti in Europa, il potenziale del settore ferroviario di ridurre le esalazioni inquinanti è infatti molto rilevante. D’altronde i dati dell’Agenzia Ue per l’ambiente parlano chiaro: le emissioni medie del treno sono di appena 0,041 chili di anidride carbonica per passeggero-chilometro contro gli 0,205 dell’automobile. Una differenza ancora più marcata nel trasporto merci su rotaia, dove il treno è sette volte più efficiente e produce fino a nove volte meno CO rispetto ai camion.
    Secondo uno studio della Pro-Rail Alliance, infatti, un cargo ferroviario a pieno carico produce sette volte meno emissioni di anidride carbonica rispetto a un trasporto su gomma, mentre un singolo convoglio merci su rotaia può sostituire fino a 52 mezzi pesanti su strada. Per questo motivo l’Ue sta investendo massicciamente nel settore, con opere strategiche come il tunnel del Moncenisio sulla Torino–Lione, la linea ad alta velocità Milano–Lubiana, e il mega-progetto Rail Baltica, che collegherà Tallinn a Varsavia.
    Se gli obiettivi sono ambiziosi, anche gli investimenti devono esserlo, non solo per l’ambiente. L’attuale ripartizione modale nei trasporti merci, secondo i dati della Commissione europea, vede il 75% degli spostamenti su strada, il 18% via treno e il 7% su canali navigabili interni. Se tale scenario dovesse persistere, secondo quanto afferma il libro bianco della coalizione di aziende europee attive nel trasporto cargo su rotaia Rail Freight Forward, le emissioni annue di CO in Europa aumenterebbero di almeno 80 milioni di tonnellate entro il 2030, mettendo a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi degli Accordi di Parigi e peggiorando la congestione stradale, con una perdita economica stimata pari all’1% del Pil all’anno. Senza contare i costi sociali dovuti all’incremento dei decessi prematuri causati dall’inquinamento atmosferico.
    Il passaggio al trasporto via treno però, secondo un nuovo studio condotto da E&Y e commissionato dalla Commissione europea e da un comitato di stakeholder comunitari del settore ferroviario e logistico, potrebbe invece comportare sostanziali riduzioni delle emissioni di CO e dei consumi energetici in Europa, creando anche nuove opportunità lavorative. A fronte di un investimento infrastrutturale compreso tra 33 e 51 miliardi di euro, che aumenti il ricorso al trasporto merci su rotaia a una percentuale dal 24 al 34%, l’Ue potrebbe risparmiare dalle 75,1 alle 121,3 milioni di tonnellate metriche di anidride carbonica e fino a 74 miliardi di euro in termini di costi energetici tra il 2025 e il 2060, creando dai 92mila ai 153mila nuovi posti di lavoro.
    Ma non serviranno solo investimenti: anche la concorrenza dovrà fare la sua parte. Secondo un rapporto pubblicato nel 2023 dalla piattaforma SilverRail, una maggiore concorrenza su più tratte potrebbe spostare fino al 50% del traffico passeggeri dalle rotte aeree a quelle ferroviarie, generando 1 miliardo di euro di ricavi aggiuntivi e risparmiando all’ambiente 2,4 milioni di tonnellate di CO. Una strategia che sta già funzionando, ad esempio, in Italia. I passeggeri della linea ferroviaria Torino-Salerno infatti, una delle poche in Europa dove più operatori offrono i propri servizi, sono quadruplicati, passando da quasi 15 a circa 60 milioni all’anno, mentre sulla tratta Roma-Milano, la più importante nel nostro Paese, le quote di mercato del treno e dell’aereo hanno invertito le rispettive percentuali, attestandosi nel 2023 al 70 e al 30%.

    Il “caso” italiano
    Proprio il “caso” italiano e del Gruppo FS si rivela particolarmente interessante sia in termini di presenza internazionale che di capillarità del servizio e sostenibilità dell’intera filiera. Con oltre 270 collegamenti con le Frecce e 38 corse con i bus FrecciaLink, FS consente infatti ai passeggeri di raggiungere più di 150 destinazioni in tutta Italia. Intercity poi, scelto l’anno scorso da più di 17 milioni di viaggiatori, offre ogni giorno altri 126 collegamenti, compresi 24 notturni con Intercity Notte, connettendo oltre 200 stazioni in tutto il Paese. Senza contare le più di 6mila corse al giorno e gli oltre 400 milioni di utenti all’anno del nuovo brand Regionale che permette di raggiungere anche le località più remote, grazie ai suoi 180 Link, con soluzioni intermodali tra treni, autobus, navi e altri mezzi.
    Per garantire il servizio, il Gruppo ha puntato sulle nuove tecnologie, che assicurano anche l’accesso al mercato internazionale e un maggior rispetto dell’ambiente. A cominciare dalla messa in circolazione di 46 nuovi treni alta velocità Frecciarossa 1000, 145 treni del Regionale e più di 1.260 bus a basso impatto di anidride carbonica nei prossimi dieci anni. Proprio il nuovo Frecciarossa 1000 ad esempio, presentato il 25 settembre 2024 alla fiera internazionale Innotrans a Berlino, capace di raggiungere una velocità massima di 300 chilometri orari e atteso entro la fine del 2025 sui binari italiani, è infatti il primo treno alta velocità al mondo ad avere ottenuto la certificazione di impatto ambientale (Epd) basata su un’analisi del ciclo di vita (Lca). Parte di un ordine di Trenitalia commissionato a Hitachi per la fornitura di 36 treni ETR1000, con opzione per ulteriori 10 convogli e un valore complessivo di oltre 1,3 miliardi di euro, è stato progettato per ridurre al minimo il consumo di energia e presenta un tasso di riciclabilità pari al 97,1%. Inoltre, grazie alla sua conformità alle specifiche tecniche europee di interoperabilità, è stato realizzato per viaggiare, oltre che in Italia, su altre sette reti ferroviarie: in Francia, Germania, Spagna, Austria, Svizzera, Paesi Bassi e Belgio.
    Sul mercato nazionale, poi, l’anno scorso ha debuttato anche il primo di sette nuovi treni ibridi firmati Hitachi per collegare Calabria, Basilicata e Puglia. Composti da quattro carrozze per un totale di 200 posti con sedili rivestiti in tessuto interamente ricavato da plastiche riciclate, spazi dedicati ai passeggeri con disabilità o mobilità ridotta e otto posti bici, grazie ai minori consumi e alla tripla alimentazione (elettrica, diesel e a batteria), questi convogli permettono di ridurre dell’83% le emissioni di CO rispetto ai treni alimentati soltanto a diesel.
    Inoltre, grazie ai Contratti di Servizio con le Regioni per un valore di circa 51 miliardi di euro fino al 2032, dal 2018 sono già operativi sulle tratte regionali 500 nuovi treni tecnologicamente avanzati, più confortevoli, ecosostenibili e con un minor impatto ambientale rispetto alla generazione precedente. Un numero destinato a superare le 700 unità entro il 2027 con nuovi convogli elettrici a doppio piano, monopiano e ibridi, grazie a un investimento di oltre sette miliardi di euro per l’acquisto di nuovi treni e di ulteriori tre miliardi per l’implementazione di tecnologie di manutenzione avanzate. Ma in Italia il Gruppo FS ha puntato anche sull’efficientamento energetico e sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.

    FS: strategie e investimenti
    Con un fabbisogno annuo pari a circa il 2% della domanda, Ferrovie è il primo consumatore di energia del nostro Paese. Pertanto, ha accettato l’importante sfida di un piano di produzione energetica che passi anche attraverso l’installazione di nuovi impianti solari. La strategia di FS si articola lungo precise linee di azione: promozione del trasporto passeggeri e merci via treno o con soluzioni intermodali; progressiva elettrificazione delle reti e utilizzo di carburanti alternativi; efficientamento energetico e produzione da fonti rinnovabili, in particolare con l’installazione entro il 2029 di oltre un Gigawatt di fotovoltaico, anche attraverso iniziative di partnership con operatori del settore. Entro la fine del 2025 entreranno in esercizio gli impianti fotovoltaici di Padova, Foggia e Arezzo. Il Gruppo prevede inoltre l’installazione di 200 MW di impianti fotovoltaici in prossimità dell’infrastruttura ferroviaria, sui tetti delle officine, dei magazzini e delle stazioni, coinvolgendo tutte le società operative di FS. A sostegno di questo percorso, e in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione del piano industriale 2025-2029, il Gruppo ha già lanciato una prima gara per l’approvvigionamento di energia elettrica rinnovabile di lungo termine, fino ad un massimo di 275 GWh l’anno con l’obiettivo di ricevere le prime forniture entro il 2025.
    Il Gruppo però non intende fermarsi qui e prevede ulteriori investimenti. A oggi sono 17mila i chilometri di linee ferroviarie gestite da FS tramite la controllata RFI e circa 9mila i treni in circolazione ogni giorno. Non solo: tra gli obiettivi del Piano Strategico 2025-2029 c’è anche l’ampliamento dell’offerta commerciale, così da rendere possibile un’evoluzione del perimetro dei passeggeri trasportati, anche a livello internazionale. Ogni anno le persone che usufruiscono dei collegamenti del Gruppo FS in Italia sono circa 570 milioni, ma nei prossimi cinque anni le persone che sceglieranno di spostarsi a bordo dei treni di Trenitalia cresceranno di oltre 100 milioni, mentre aumenteranno di oltre 95 milioni i viaggiatori di Busitalia.
    Guardando oltre confine invece, le persone che in un anno viaggiano a bordo dei treni del Gruppo FS sono già 230 milioni. Per questo il Piano strategico rivolge un’attenzione sempre più ampia al trasporto dei passeggeri all’estero, con l’annuncio di nuovi collegamenti transfrontalieri ad alta velocità tra Roma, Milano e Monaco di Baviera, che saranno gradualmente estesi verso Berlino e Napoli dal dicembre del 2028. Tratte che andranno ad aggiungersi a quelle già operative tra Roma e Vienna, tra Milano e Parigi e tra la capitale transalpina e Marsiglia. L’obiettivo è accelerare lo sviluppo internazionale del Gruppo, visto che gli utenti dell’alta velocità in Europa dovrebbero superare presto i 14 milioni, quelli dell’Urban Mobility i 140 milioni mentre quelli del business regolato europeo i 150 milioni.

    Un enorme potenziale
    Insomma, un enorme potenziale che però non è ancora del tutto sfruttato. Delle 990 tratte tra le 45 principali città europee, secondo uno studio pubblicato da Greenpeace, solo il 12% è attualmente percorribile con treni diretti, mentre il 69% è servito da collegamenti aerei diretti. Almeno 419 di queste tratte potrebbero invece essere facilmente servite da un treno diretto, ricorrendo all’infrastruttura ferroviaria esistente, il cui maggiore utilizzo potrebbe più che triplicare i collegamenti ferroviari diretti in Europa. Non a caso, secondo un sondaggio condotto da Polling Europe e commissionato dalla Comunità delle società ferroviarie e infrastrutturali europee (Cer), l’83% di oltre 5mila cittadini intervistati in tutto il Vecchio continente ritiene che vi siano margini di miglioramento nel trasporto tra i Paesi membri dell’Ue.
    In particolare, per raggiungere destinazioni a breve e media distanza, tre intervistati su quattro sarebbero disposti a optare per il treno invece dell’aereo, «se esistessero collegamenti ferroviari rapidi e affidabili tra le capitali e le principali aree urbane europee», mentre il 79% degli interpellati concorda sul fatto che l’Europa dovrebbe investire di più nelle ferrovie ad alta velocità per facilitare gli spostamenti tra gli Stati membri. Insomma, il treno è la risposta. Non solo per i passeggeri, ma anche per l’ambiente e l’economia.

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