Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Ambiente
  • Home » Ambiente

    “Gisele Bündchen è una ‘cattiva’ brasiliana”, la ministra dell’Agricoltura di Bolsonaro contro la top model

    Gisele Bündchen. Credit: NELSON ALMEIDA/AFP/Getty Images
    Di Clarissa Valia
    Pubblicato il 15 Gen. 2019 alle 11:22 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 02:49

    Tereza Cristina Dias, ministra dell’Agricoltura del governo brasiliano del presidente Jair Bolsonaro ha attaccato la top model. “Gisele Bündchen è una cattiva brasiliana”, ha dichiarato la ministra in un’intervista radiofonica.

    Da sempre impegnata e attiva contro la deforestazione della foresta amazzonica, la modella Gisele è stata criticata proprio su questo tema: “Lei dovrebbe essere la nostra ambasciatrice, elogiare il suo Paese perché all’avanguardia nella conservazione della natura e non colpire il Brasile senza sapere di che cosa parla”, ha detto Tereza Cristina Dias.

    La ministra, qualche ora dopo l’intervista, ha pubblicato un post su Twitter in cui lancia un invito alla Bündchen, già ambasciatrice Onu di buona volontà, a diventare ambasciatrice del Brasile “per mostrare che noi produciamo alimenti preservando la natura”.

    Secondo la ministra dell’agricoltura del Brasile Gisele Bündchen con il suo attivismo ambientalista avrebbe rovinato l’immagine del paese all’estero.

    Il tweet della ministra dell’Agricoltura del governo Bolsonaro

    La modella Gisele Bündchen non ha ancora risposto a quella che sembra essere una vera e propria provocazione. La top model brasiliana per il suo impegno nella difesa dell’ambiente è stata insignita anche del premio Global Environmental Citizen dalla Harvard School of Medicine.

    Il governo Bolsonaro e le popolazioni indigene della foresta amazzonica

    In Brasile il neo-presidente Jair Bolsonaro ha sottratto alle popolazioni indigene la gestione dei confini dei loro territori e l’ha affidata al ministero dell’Agricoltura, retto da Tereza Cristina, donna assai vicina alle lobby dei proprietari agricoli.

    Il provvedimento era stato più volte annunciato da Bolsonaro in campagna elettorale ed è stato concretizzato tramite un decreto che il presidente ha firmato poche ore dopo il suo insediamento.

    Da trent’anni la gestione dei confini delle riserve indigene era in mano alla Fondazione nazionale per gli Indigeni (Funai, Fundaçao Nacional do Indio): questo ente, che fa capo al ministero della Giustizia, era deputato, tra le altre cose, all’identificazione, delimitazione e creazione di nuove riserve indigene.

    Bolsonaro ha tolto questa prerogativa al Funai e l’ha assegnata al ministero  dell’Agricoltura, guidato da Tereza Cristina, già deputata federale eletta nello stato di Mato Grosso, nonché leader del gruppo parlamentare Bancada Ruralista, che rappresenta gli interessi dei grandi proprietari terrieri brasiliani.

    Il decreto del presidente è stato duramente criticato da Sonia Guajajara, una dei principali leader indigeni del Brasile, già candidata alla vicepresidenza della Repubblica con il Partito Socialista e della Libertà (PSOL).

    “La rottura è iniziata. Il Fuani non è più responsabile per l’identificazione, la delimitazione, la demarcazione e la registrazione delle terre indigene. C’è qualcuno che ancora dubita dell’elusione delle promesse elettorali (di Bolsonaro, ndr)?”, ha scritto Guajajara sul suo profilo Twitter.

    In Brasile ci sono oggi 462 riserve indigene, che occupano un’area pari al 12,2 per cento del territorio nazionale, per lo più in Amazzonia: in questi territori vivono complessivamente circa 900mila indigeni.

    In campagna elettorale il neo-presidente Bolsonaro ha anche promesso di difendere i proprietari terrieri le cui terre sono occupate dai contadini e ha annunciato che presenterà al Congresso una proposta di legge che classifica come terrorismo l’occupazione di una terra.

    “Meglio un figlio morto che gay, viva la tortura e la dittatura”: tutte le frasi shock di Bolsonaro

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version