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    Balle nucleari: tutte le bugie di chi vuole tornare all’atomo

    Credit: emanuele fucecchi

    L’atomo non è la soluzione per fermare il caro-bollette. Oltre agli elevati rischi ambientali, non conviene economicamente. Ecco Perché

    Di Veronica Di Benedetto Montaccini
    Pubblicato il 18 Feb. 2022 alle 13:00 Aggiornato il 18 Feb. 2022 alle 13:01

    Con l’aumento del costo dell’energia, stanno uscendo come funghi i pro-nuclearisti. Le frasi tipiche? «Il nucleare farebbe risparmiare il Paese e i consumatori finali», «Con l’atomo ci servirebbe meno gas, saremmo meno dipendenti dalla Russia», «L’unico motivo per cui non si investe nel nucleare riguarda le fissazioni degli ambientalisti». Il caro bollette ha risvegliato gli animi dei sostenitori dell’uranio e ha fatto tornare il tema al centro del dibattito. Ma molti sono i miti da sfatare. E all’apice delle motivazioni per le quali il nucleare non ha sfondato non c’è quella ambientale, ma quella economica.

    I numeri economici non detti

    «Il nucleare è un colossale fiasco finanziario – ci spiega il ricercatore del Cnr Nicola Armaroli –  Prendiamo l’ultimo esempio, la centrale di Hinkley Point nel Regno Unito, il più grande cantiere che c’è oggi in Europa. Doveva costare 16 miliardi di sterline, ne costerà invece 24. Doveva entrare in funzione nel 2017, ma l’accenderanno bene che vada nel 2027. Non c’è uno straccio di investitore che vuole buttarsi in operazioni del genere che sono estremamente costose, dai tempi incerti e potenzialmente a rischio». Perché per quanto la tecnologia sia migliorata e sia ogni anno più sicura, gli incidenti sono capitati nella storia: il disastro di Chernobyl del 1986 e quello causato dall’errore irreversibile alla centrale nucleare di Fukushima I, in data 11 marzo 2011, solo per citare i due più recenti di livello 7. Il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani non lo ricorda mai quando propone un ritorno al nucleare, ma l’Italia – secondo i dati della Protezione Civile Nazionale – occupa un territorio il cui 90 per cento della superficie è a rischio idrogeologico medio-alto. Tutte zone sulle quali costruire una centrale sarebbe quantomeno imprudente. Inoltre, il basso numero di investitori presenti non è un dettaglio trascurabile perché un piano nucleare da 10 Gigawatt richiederebbe tra i 100 e i 300 miliardi di euro tra soldi pubblici e privati. «I fondi pubblici – continua Armaroli – sono agli sgoccioli ancora prima di essere iniettati nel mercato dal Next generation Eu. E i privati? Non pervenuti». I numeri parlano da soli: solo 30 nuovi impianti sono in costruzione nel mondo e non riusciranno a rimpiazzare le centrali che hanno raggiunto l’età della pensione.

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