La Commissione Ue ha aperto un’indagine contro Google per una possibile violazione della legge europea sui mercati digitali: secondo l’Unione Europea, infatti, il colosso informatico potrebbe aver declassato i contenuti dei media nei risultati di ricerca. L’indagine punta a verificare se Alphabet, azienda che controlla Google, abbia garantito condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie nell’accesso al motore di ricerca. L’indagine, fa sapere la Commissione, durerà 12 mesi con Google che rischia una sanzione fino al 10% del suo fatturato mondiale: una quota che può raggiungere il venti per cento in caso di recidiva.
Secondo quanto stabilito dal Digital Markets Act, Google dovrebbe favorire condizioni eque e non discriminatorie nell’accesso ai siti web degli editori: un primo monitoraggio effettuato dall’Unione Europea, però, avrebbe rivelato un declassamento dei siti web e contenuti dei media quando questi includono contenuti di partner commerciali. Questo perché il motore di ricerca ha una policy, relativa alla “politica sull’abuso della reputazione dei siti”, che è finalizzata a identificare contenuti poco affidabili o che vengono creati con finalità di manipolazione del ranking. Proprio questa policy, però, potrebbe aver declassato numerosi siti editoriali che ospitano materiali prodotti da terze parti. Tale pratica, se dimostrata, incide sulle modalità con cui gli editori monetizzano le proprie pagine. La riduzione di visibilità nei risultati di ricerca, infatti, può infatti tradursi in una contrazione significativa del traffico, con effetti sul valore pubblicitario e sui modelli di business collegati.
A spiegare bene cosa significa per un editore il calo del traffico sul proprio sito web è stato di recente Salvatore Aranzulla. Fondatore del sito di informatica più noto d’Italia, Aranzulla, in un’intervista a Fanpage, aveva affermato di aver riscontrato un calo del 25% sul suo sito. “Per anni è esistito un patto implicito tra Google e chi pubblica testi online. Noi offrivamo contenuti gratuiti e Google portava traffico. In cambio si monetizzava con la pubblicità o con i link di affiliazione. Quel meccanismo non regge più” aveva dichiarato. “Se produci meno traffico, vendi meno pubblicità e hai meno risorse per pagare chi scrive. Io ho 45 collaboratori, ma per molte realtà sarà insostenibile. Al momento stiamo in piedi. È una struttura snella. Non abbiamo una sede, i collaboratori sono freelance e lavorano da casa. L’impatto sarà più evidente per gli editori più strutturati. Ma guardo la prospettiva. Non si possono continuare a produrre contenuti per un sistema che non paga” aveve aggiunto Aranzulla.