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Vite in vendita: nel Metaverso bisognerà pagare per esistere

Zuckerberg vuole trasformare Internet da spazio libero a ultima colonia del neoliberismo americano. “Tocca alla politica fermarlo, compreso il premier Draghi. Altrimenti si rischierà una rivoluzione”

Di Luca Serafini
Pubblicato il 17 Mag. 2022 alle 12:41 Aggiornato il 17 Mag. 2022 alle 12:42

Entrare in uno spazio virtuale potenzialmente infinito, gravido di opportunità sociali, culturali ed esistenziali, per poi scoprire che socializzare, lavorare o anche solo divertirsi, in quello spazio, è concesso solo a pochi. Rendersi conto che si tratta di un ambiente in cui i ricchi diventeranno ancora più ricchi, e i poveri sempre più poveri. Accorgersi che la nostra stessa vita, in quel contesto, può diventare una merce. Non si tratta di una distopia alla Black Mirror, ma di quello che miliardi di persone potrebbero trovarsi a sperimentare nel giro di qualche anno se il Metaverso, lultima evoluzione di Internet che punta a rivoluzionare la nostra esperienza della rete, dovesse diventare realtà. Nel Metaverso si passerà dalla navigazione tra siti a unesperienza immersiva in un ambiente virtuale a tre dimensioni. Per partecipare, condividere pensieri, emozioni ed esperienze con gli altri, non si posteranno più semplicemente dei testi, delle foto o dei video, ma si svolgeranno in quello spazio virtuale le attività che oggi siamo in grado di immaginare solo offline, come cucinare, andare a un concerto, allenarsi, viaggiare.

Si tratta di un cambio di paradigma tecnologico, che verrà però plasmato dalla mentalità di chi concretamente lo renderà operativo, ovvero le Big Tech, e in particolare Meta, la compagnia che più di tutte sta investendo in questa nuova frontiera della rete. Il Metaverso non sarà, infatti, qualcosa che ci verrà offerto in dono, ma rappresenterà il perno di uneconomia incentrata sulla possibilità di monetizzare non più solo i nostri dati (come avviene coi social media), ma le nostre stesse vite. In questo contesto, la visita di Mark Zuckerberg a Mario Draghi dello scorso 5 maggio rende chiaro come attorno al Metaverso si stia giocando una partita allo stesso tempo tecnologica, economica e politica. «Per dare vita al Metaverso sarà necessario uno sforzo congiunto tra aziende, mondo politico e società civile», recitava la nota di Meta al termine dellincontro di Palazzo Chigi.

Se per molti anni gli Stati e le istituzioni sovranazionali hanno spesso lasciato campo libero allo strapotere delle Big Tech, ora sarà anche dalle scelte politiche, comprese quelle di personaggi come Draghi, che dipenderà la direzione che prenderà questultima, dirompente trasformazione di Internet.

La nemesi del web

«Negli ultimi anni abbiamo assistito alla progressiva riduzione degli spazi di autonomia degli individui allinterno della rete. Il Metaverso, purtroppo, rappresenta un passo ulteriore in questa direzione». A parlare a TPI è Davide Bennato, docente di Sociologia dei media digitali allUniversità di Catania e tra i primi ad aver acceso i fari, in Italia, sul rischio che la transizione verso il Metaverso, se lasciata nelle mani sbagliate, possa condurre a unulteriore radicalizzazione delle disuguaglianze sociali. «Mi spaventa la visione che, del Metaverso, ha lazienda che ci sta investendo maggiormente, ovvero Meta. Zuckerberg, infatti, lo concepisce come un ecosistema digitale in cui una compagnia privata, la sua, possiede e gestisce tutti i protocolli e le tecnologie fondamentali. Il messaggio è: lambiente è mio; gli ospiti, coloro che in questo ambiente si muoveranno, potranno costruirci ciò che vorranno, ma alle mie condizioni. Lemblema di questa impostazione è rappresentato dalla centralità che, per Zuckerberg, dovranno avere nel Metaverso i cosiddetti non-fungible token: si tratta di oggetti digitali unici, non duplicabili e che, in quanto tali, sovvertono la natura stessa del web, inteso come spazio privo di estensione e in cui, di conseguenza, qualsiasi prodotto dovrebbe essere sempre replicabile». Non si tratta di una sottigliezza tecnologica. Gli Nft, a causa della loro non riproducibilità, sono infatti di proprietà di qualcuno”, e in quanto tali possono modificare le fondamenta su cui è costruita leconomia della rete, indirizzandola verso principi e meccanismi di funzionamento di stampo neoliberista. «Rendere non riproducibile un oggetto digitale – continua Bennato – significa introdurre artificialmente una scarsità delle risorse digitali. Siamo di fronte a una vera e propria nemesi della tradizione del web, che nasce come spazio infinito. In un sistema del genere, le persone si troveranno costrette ad acquistare prodotti immateriali presenti in quantità limitata, quindi non a disposizione di tutti. In questo modo leconomia digitale riproporrà, radicalizzandole, le stesse caratteristiche dei sistemi economici offline, incentrati sulla competizione per accaparrarsi risorse scarse».

Ciò significa, ad esempio, che i vestiti di marca per i nostri profili virtuali sul Metaverso non saranno accessibili a tutti, perché solo i più ricchi potranno permetterseli. Ma lo stesso scenario rischia di applicarsi alle opportunità sociali e culturali: solo i più abbienti potrebbero avere le risorse per accedere a un museo, partecipare a un concerto, viaggiare e conoscere posti nuovi.

Pagare per esistere

Dobbiamo quindi rassegnarci a uno scenario in cui le logiche delle Big Tech, incentrate sulla massimizzazione del profitto economico, finiranno per fagocitare la nostra intera vita, nella sua articolazione tra spazi fisici e virtuali? O esiste, al contrario, un margine di manovra politica per orientare il Metaverso in direzione del bene comune? È anche in questa cornice che vanno interpretati i recenti incontri di Zuckerberg con numerosi esponenti politici e imprenditori, negli Usa come in Europa. Sul fronte della pressione lobbistica, come è noto, i colossi del web dispongono di una potenza di fuoco, che non esitano a mobilitare quando entrano in gioco questioni di importanza strategica per il loro futuro. LUnione europea, negli ultimi mesi, ha dimostrato almeno in parte la volontà di fermare lo strapotere delle grandi piattaforme, varando ad esempio una legge di impatto significativo contro la formazione dei monopoli digitali. Ora però si apre una partita ancora più complessa. «Ritengo che Draghi dovrebbe essere portavoce di una visione europea rispetto allindirizzo che prenderà il Metaverso», commenta sul punto il professor Bennato. «Concretamente, ciò significa che anche nel Metaverso dovrà esserci una forte presenza delle istituzioni comunitarie e che i cittadini europei dovranno sentirsi tutelati. Ancora più a monte, sarebbe necessario gettare le basi per un sistema economico anchesso di impostazione europea. In altri termini, bisognerebbe evitare in tutti i modi che nel Metaverso trovi spazio esclusivamente ununica mentalità, quella capitalistica americana. Se ciò non dovesse accadere, e se le persone si accorgessero che lunico modo per accedere alle opportunità di questo nuovo ecosistema online è quello di pagare, potrebbe aprirsi lo spazio per una rivoluzione». Nel contesto della rete, ciò potrebbe significare che, dopo le grandi dimissioni provocate dalle conseguenze sociali della pandemia, in futuro potremmo assistere a un processo di grande disconnessione”. Se per frequentare uno spazio pubblico e, in ultima analisi, per esistere, la precondizione è quella di essere ricchi, potrebbero essere infatti in tanti a decidere di togliere la propria vita dalla vetrina digitale e spostarsi su piazze ancora a libero accesso. Quelle offline.
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