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Perché si protesta per i Mondiali Qatar 2022: i motivi

Credit: Ansa
Di Antonio Scali
Pubblicato il 21 Nov. 2022 alle 09:46 Aggiornato il 21 Nov. 2022 alle 11:37

Perché si protesta per i Mondiali Qatar 2022: i motivi

Un Mondiale che sin dalla sua assegnazione ha suscitato forti polemiche. Il primo Mondiale in pieno autunno, il primo Mondiale in un Paese arabo. Tante prime volte che rendono questa Coppa del Mondo a suo modo un fatto storico, ma con tanti dubbi e perplessità su questa scelta e su come si è arrivati a disputare in Qatar un evento così seguito. Dai sospetti di corruzione all’arretratezza del Paese sui diritti civili, in primis quelli delle donne e della comunità Lgbt. Passando poi alle condizioni di sfruttamento dei lavoratori per costruire i modernissimi stadi di questo torneo, per i quali sarebbero morti circa 6500 operai. Questi alcuni dei principali motivi per cui si protesta per i Mondiali in Qatar, iniziati ieri, 20 novembre 2022.

Una scelta che ha fatto storcere il naso già 12 anni fa, al momento della sua assegnazione da parte dell’allora presidente della Fifa Sepp Blatter, ai danni degli Stati Uniti. Forti i sospetti di corruzione, con lo stesso Blatter che oggi ammette che si sia trattato di un errore. Inoltre la giustizia francese sta indagando sulle pressioni che l’ex presidente Sarkozy — attraverso Michel Platini — avrebbe esercitato in favore dell’Emiro del Qatar, nel frattempo entrato prepotentemente nel calcio europeo attraverso l’acquisizione del Psg.

Un Mondiale, il secondo consecutivo al quale l’Italia non è riuscita a qualificarsi, che fa dunque parecchio discutere. Si tratta della prima volta che si gioca in pieno autunno, e non come da tradizione in estate. Un forte cambiamento che ha condizionato l’intera stagione, con i campionati costretti a partire già prima di ferragosto e la stagione che si chiuderà a giugno inoltrato, dopo una pausa invernale di circa due mesi.

E poi la totale assenza dei diritti e della sicurezza dei lavoratori, sfruttati, senza alcuna tutela, per la costruzione di stadi e infrastrutture: vere e proprie cattedrali nel deserto che poi a fine Mondiale verranno in gran parte smantellate o trasformate, dato che il Paese non ha una grossa tradizione calcistica. Operai – per lo più immigrati provenienti da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka – che hanno lavorato in condizioni disumane, senza che la Fifa riuscisse a far inserire nei loro contratti alcuna tutela. Secondo Amnesty e altre organizzazioni internazionali, ci sono stati 6.500 operai morti tra il 2010 e il 2021. Un dato che fa rabbrividire. Morti sulle quali le autorità del Qatar non hanno indagato, né le leggi del Paese prevedono risarcimenti per le famiglie.

Sono tante le cose che i tifosi di tutto il mondo non potranno fare durante questo mese in Qatar, compreso bere birra o alcolici liberamente negli stadi. Per non parlare poi del mancato rispetto dei diritti umani e civili, a cominciare da quelli delle donne e delle persone Lgbt. “I gay sono malati mentali”, ha detto l’ambasciatore del torneo, tanto per far capire qual è il clima. E guai a chi proverà a baciarsi sugli spalti. L’omosessualità in Qatar è vietata e punita con sette anni di reclusione. Per questo non sono mancate le proteste e in molti hanno deciso di boicottare questo Mondiale, a cominciare da star internazionali come Dua Lipa, la quale ha rinunciato a un lauto compenso che le era stato offerto per cantare durante la cerimonia d’apertura. Insomma, un Mondiale per tanti aspetti unico e irripetibile, o per meglio dire da non ripetere.

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