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Francia-Belgio, la partita di Henry: da simbolo ad avversario dei Bleus

L'ex attaccante della Francia, ora assistente del ct del Belgio, Henry

L'ex stella della Francia con cui vinse Mondiale ed Europeo ora fa parte dello staff del ct del Belgio

Di Anton Filippo Ferrari
Pubblicato il 10 Lug. 2018 alle 18:40 Aggiornato il 10 Lug. 2018 alle 18:55

Stasera, 10 luglio 2018, alle ore 20 la Francia sfiderà il Belgio nella prima semifinale del Mondiale di Russia 2018. Partita sentitissima da entrambi i paesi che sognano l’acceso alla finalissima di Mosca.

Un match particolarmente speciale per Thierry Henry, che con la Francia da giocatore ha vinto tutto (Mondiale 1998 ed Europeo 2000). Ma non solo. L’ex bomber dell’Arsenal infatti, insieme a un certo Zinedine Zidane, è stato uno degli uomini copertina, uno dei leader della Francia anni 90-2000.

Dal 2016, però, Henry è l’assistente di Roberto Martinez, il commissario tecnico dei Diavoli Rossi che stasera affronteranno proprio i transalpini nel penultimo atto di Russia 2018: uno scherzo del destino per Henry, che se vorrà centrare la finale anche da “allenatore” dovrà prima superare il proprio passato.

“Henry? Domani (oggi, ndr) il suo cuore sarà diviso a metà”, le parole del commissario tecnico della Francia Didier Deschamps. “Certo che sarà un po’ strano vederlo con loro, ma ha cominciato una nuova carriera. Io mi reputo fortunato ad essere stato un suo compagno per due anni”.

Henry mentre bacia la coppa del Mondo vinta con la sua Francia. Con lui Viera e Deschamps

Una partita caratterizzata anche dai tanti figli o nipoti di immigrati presenti nelle due rose.

Da una parte la Francia che già da tempo attinge dalle ex colonie a dai “nuovi” cittadini francesi. Nel 1998 ad esempio i francesi trionfarono al Mondiale grazie ai vari Zidane (di origine algerina), Djorkaeff (armeno), Thuram (Guadalupe) e tanti altri.

E ora, a distanza di venti anni, la storia si ripete con 19 giocatori su 23 nati da famiglie di origine non francese o delle colonie: Congo, Marocco, Mali, Camerun o Algeria (le ultime due riunite nella famiglia del nuovo fenomeno Mbappé).

Dall’altra il Belgio che negli ultimi anni ha “subito” una vera e propria rivoluzione. Nel ’98 i Red Devils avevano in rosa 14 fiamminghi e 5 valloni con un equilibrio geopolitico e linguistico precario. Ora la nazionale belga può contare su quasi lo stesso numero di figli o nipoti di immigrati della Francia: 11 contro 12.

Insomma, in campo ci sarà il Mondo. Ma non tutto in questi anni è andato liscio. “Quando segno sono belga, quando non segno sono belga di origine congolese…”, si è lamentato in passato il bomber del Belgio Lukaku ovvero il ragazzino al quale i genitori degli avversari chiesero in malo modo di esibire un documento, per sapere l’età esatta e “da dove” venisse.

“Io non sono metà belga e metà congolese: sono 100% belga e 100% congolese”, ha invece tuonato Kompany, che ha una laurea in economia ed è già un imprenditore che parla cinque lingue.

Nazionali multietniche finite nel mirino di Diego Armando Maradona che durante la trasmissione “La mano del Diez” sull’emittente venezuelana Telesur, ha attaccato: “C’è una mafia che porta via i calciatori africani per naturalizzarli per le nazionali europee”.

“Molte volte – ha proseguito – il bisogno obbliga questi giovani giocatori a fare una scelta del genere. Il 70% della Francia è composto da immigrati. Del resto, è normale. Sono ragazzi che spesso vivono in condizioni di svantaggio e quindi sono attratti dall’avere quattro pasti al giorno e l’opportunità di mettersi alla prova”.

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