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Dal sesso a tre con Ashley Cole alle gang criminali: la storia del calciatore rovinato dal successo

La copertina della autobiografia di Pennant

Jeremie Pennant, ex giocatore di Arsenal e Liverpool, si è raccontato nella sua autobiografia

Di Anton Filippo Ferrari
Pubblicato il 12 Ago. 2018 alle 14:00 Aggiornato il 12 Ago. 2018 alle 15:51

Un talento enorme sprecato a causa di un’infanzia turbolenta, del troppo successo e del sesso. E’ la storia di Jermaine Pennant, calciatore classe 1983 che nell’ultima stagione ha indossato la maglia del modesto Billericay Town, club dalla lunga tradizione – è sorto addirittura nel 1880 – ma militante nel sesto gradino del calcio inglese.

Esperienza che a 35 anni ci può anche stare per un calciatore normale, ma non per un uomo che da ragazzo era indicato come un talento che sicuramente avrebbe sfondato nel calcio inglese.

Grandi aspettative non rispettate a causa di un’infanzia non facile, un successo arrivato (forse) troppo presto e del sesso, che a suo dire è stato un costante motivo di distrazione.

Di questo e molto altro ha parlato l’ex enfant prodige di Arsenal e Liverpool nella sua autobiografia: “Mental – Bad behaviour, ugly truths & the beautiful game” in uscita oggi, giovedì 9 agosto, e anticipata con alcuni stralci dal Mirror.

Pennant nasce in un quartiere di Nottingham, figlio di uno spacciatore che per anni gli ha fatto credere che la madre fosse morta di cancro.

A 15 anni l’Arsenal sborsa ben 2 milioni di sterline per il suo cartellino. “Prezzo” che lo rende il teenager più costoso al mondo. Un svolta per la sua vita. I Gunners infatti gli permettono di fuggire da una realtà difficile: membro di una gang, è stato più volte coinvolto in risse e sparatorie. L’inizio di una favola? No, non del tutto.

L’improvviso successo lo travolge. L’Arsenal prova a gestirlo ma senza successo: in sei stagioni tanti prestiti e appena 12 presenze con la maglia dei Gunners, partendo appena 5 volte come titolare. La prima volta che accade, nel 2003, segna una tripletta: resterà un exploit.

Nel 2015 è il primo calciatore a giocare con una cavigliera elettronica, conseguenza della condanna rimediata per guida in stato di ebrezza.

Poi il tentativo di risalita: la grande occasione con il Liverpool, con cui arriverà anche alla finale di Champions League persa con il Milan nel 2007 e a sfiorare la maglia dell’Inghilterra.

E’ il punto più alto della carriera di Pennant che da lì a poco inizia la fase discendente: esperienze non indimenticabili in Spagna, allo Stoke e poi nella Indian Super League e a Singapore. Infine il Billericay Town.

Jermaine Pennant

Secondo lui però la sua non è stata una carriera fallimentare. L’ex talento nella sua autobiografia riconosce che avrebbe potuto fare di più, ma a sua scusante racconta un’infanzia trascorsa in mezzo alla violenza e al pericolo e a un successo che ha portato fama, soldi e tanti guai.

“Se dovessi mettere in guardia un giovane calciatore sui rischi che corre gli direi: stai lontano dalle donne – le sue parole nell’autobiografia -. È stato quando sono arrivato a Londra, a 17 anni, che ho cominciato a conoscerle, quindi sono diventato famoso perché giocavo nell’Arsenal e venivo visto tutte le sere nei club”.

“Improvvisamente ero circondato dalle ragazze, era fantastico uscire con i compagni, prendere qualche birra e trovare così tante donne che volevano conoscerci”, ha aggiunto.

“Succede che ne vuoi una, e poi un’altra, e poi un’altra ancora. E il giorno dopo al campo di allenamento parli con i compagni, vi scambiate impressioni, vi raccontate le esperienze. E poi ripeti tutto quando vuoi: siedi a un tavolo con loro, prendi qualche birra e ti accorgi che intorno ci sono tavoli pieni di donne che vi hanno notato – ha proseguito -. Aspettano che tu offra loro da bere, ed è per quello che si avvicinano, perché sanno che con un calciatore berrai gratis tutta la notte, ti divertirai”.

Pennant descrive poi nei dettagli le serate a base di sesso, raccontando di come questo fosse diventato con il tempo una vera e propria fissazione non solo per lui ma anche per i compagni.

Una fissa al punto che i calciatori della squadra avevano inventato un gioco (di dubbio gusto) sullo stile del Monopoli: le ragazze con cui gli atleti andavano a letto venivano classificate come le proprietà di diverso valore presente nel famoso gioco da tavolo, quindi se qualcuno finiva a letto con una doveva pagare una cifra corrispondente al primo che lo aveva fatto.

“Quante volte io e Ashley Cole lo abbiamo fatto a tre! Portavamo una ragazza a casa sua, una di cui non ricordo neanche il nome, e mentre ci facevamo sesso ci davamo il cinque – si legge -. Poi ogni tanto facevamo una pausa per il tè e poi ricominciavamo”.

“Una volta poi ho pagato 16mila sterline a una ragazza che mi aveva detto di essere incinta e che avrebbe tenuto il bambino. Non conoscevo neanche il suo cognome, non sapevo se era vero, ma ho pagato e nel giro di pochi giorni lei ha deciso di abortire. Non l’ho mai detto a nessuno, né al mio agente né ai miei migliori amici”.

Jermaine Pennant

Pennant ha poi parlato anche di un suo amico di infanzia pugnalato 15 volte dai membri di una gang rivale arrivati persino a incidere le iniziali della banda sul suo volto.

Finito in ospedale in coma, tra la vita e la morte, la madre del ragazzo ha contattato Pennant, vecchio amico del figlio, allora promessa dell’Arsenal, per andarlo a trovare.

“Si chiamava Benjamin Smith, e sua madre ha pensato che potesse essere d’aiuto per lui sentire la mia voce. Non osai dire all’Arsenal dove stavo andando e a fare cosa, e fu orribile vederlo ridotto così – ha confessato -. Non sapevo cosa dirgli, così gli raccontai quello che stavo facendo”.

Delle grandi aspettative su di lui poi non confermate anche se “quando la gente dice che ho sprecato il mio talento forse ha ragione, ma visto da dove vengo e quello che ho vissuto credo alla fine di aver fatto abbastanza bene”. Se lo dice lui.

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